Capitolo XIII le battaglie di Iraklion e Costantinopoli
L'arrivo delle truppe del principe Giovanni paralizzò i Pontifici; il Comneno pensò così di inviare un emissario che riuscì a stipulare una tregua col nemico (che però non si rimbarcò, restando presso Ragusa). Di conseguenza l'armata del principe rimase in zona per ogni evenienza.
Il 6 Giugno il presidio di Iraklion tentò una sortita: mentre le truppe uscivano dalla porta est, gli arceri si posizionarono sulle mura di sud-est. L'armata mora era in buona parte composta da arceri e balestrieri che iniziarono a causare vittime ai nostri, quando però si giunse allo scontro diretto la nostra fanteria iniziò ad eliminare i nemici che si ritirarono verso sud-est finendo sotto i colpi delle torri e dei nostri arceri, intanto il doux e la cavalleria mercenaria diedero una carica travolgendo tutto e tutti; lo stesso generale moro fu travolto e ucciso, i suoi uomini si volsero in fuga inseguiti e massacrati dai nostri: la vittoria era totale.
In quei giorni una grande armata turca sbarcò all'improvviso davanti alla Capitale e l'assalì. Il nemico era numeroso (2340 uomini) giudato dal sultano e da suo figlio. Il basileus si era recato a Smirne e il comando era affidato al mega duca Maurizio. Questi schierò tutto il presidio nel foro di Costantino e attese l'attacco. Le mura, senza uomini sugli spalti, furono superate velocemente, i Turchi dilagarono fino al foro,qui trovarono le nostre truppe che li affrontarono, mentre arceri, balestrieri e catapulte tiravano senza sosta. I morti furono numerosi ma i nemici non si arresero, il sultano e suo figlio caricarono i nostri fanti che iniziarono a vacillare. Maurizio si gettò nella mischia e, poco a poco, la situazione si stabilizzò, il figlio del sultano fu fatto a pezzi col suo cavallo da un lancere imperiale, suo padre, gonfio d'ira, si gettò nel fitto dei nostri uomini finché non cadde da cavallo e fu fatto prigioniero. I suoi continuarono a lottare ferocemente finchè la stanchezza e lo scoramento non li colpirono mettendoli in fuga. La Vergine aveva dato all'Impero una splendida vittoria. Il basileus pensò di riscattare il sultano poi, però, il ricordo di Manzikert gli affiorò alla mente e diede il fatale ordine: la testa del sultano fu issata sulle mura marittime in direzione dell'Asia come monito a tutti gli infedeli. L'ora della riscossa era arrivata; tre giorni dopo il basileus si sposò con Maria di Smirne che fu incoronata basilissa.
Nel Settembre del 1146 Angres si ribellò e cacciò il presidio tedesco che la teneva da quando l'Impero l'aveva donata ai Germani, neanche sei mesi dopo un'armata magiara l'assalì e la restituì al regno d'Ungheria.
Come era prevedibile la città divenne ricettacolo delle truppe nemiche che, nel Marzo del 1148 asalirono Tarnovo. Il castello però era più che pronto all'evenienza e seppe respingere facilmente il nemico;lo stesso avvenne poco dopo a Serdica. L'Impero, sebbene assalito su ogni fronte resisteva, anzi, nel Luglio di quell'anno le truppe di Adana salparono dalla Piccola Armenia e sbarcarono, dopo breve viaggio, nel porto di Seleucia di Pieria, da lì a poco tempo avrebbero marciato contro i Veneziani per riprendere la terza città dell'Impero che da troppo era separata dalla patria, Antiochia di Siria.
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"Odiare i mascalzoni è cosa nobile" (Quintiliano)
"Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti" (Aristofane)