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Resoconti campagne & Battaglie importanti

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2021 18:58
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Capitolo VI - la beffa di Attalia
Dopo aver pensato queste cose, Michele dispose le sue truppe su una ripida parete, ricalcando la tattica usata pochi giorni prima. Questa volta però la fanteria e la cavalleria erano inesistenti così, quando i Turchi giunsero al corpo a corpo le truppe imperiali furono subito a mal partito. Michele pensò allora di dividere tutti i balestrieri e gli arcieri e disperderli per la pianura; pensò infatti che i Turchi, tutti a piedi, sarebbero dovuti correre dietro ai tiratori che intanto li avrebbero falcidiati con i loro dardi, e così fu. Molti Turchi furono annientati in questo modo ma ogni volta che le due armate si toccavano gli imperiali avevano la peggio e morivano, oppure fuggivano.

Michele decise allora di gettarsi nella mischia e farla finita, diede l'ordine di carica e puntò sui Turchi, l'impatto fu tremendo e molti nemici volarono via, quando l'effetto della carica si fu spento, Michele iniziò a perdere i suoi compagni uno alla volta, tutti ragazzi come lui che con lui erano cresciuti ed erano stati allenati; il generale attendeva la sua ora uccidendo nemici senza sosta quando, nella baia vide la flotta imperiale che inviava delle barche a raccogliere lui e i suoi uomini, subito si sganciò dal combattimeto e ordinò la ritirata, tutti i superstiti, circa 60 uomini, si gettarono in mare e raggiunsero le barche e la salvezza.

Non restava che fare ignominosamente rotta verso Rodi o Smirne, quando a Michele balenò in mente che Attalia era a poche ore di navigazione e sempre senza presidio, con audacia ordinò all'ammiraglio Maurizio di fare rotta verso la città, i Turchi a terra capirono l'intenzione ma, essendo a piedi e a cinque giorni di marcia, non poterono fare nulla.

Il sole di quella folle mattina non era ancora tramontato che Michele e i superstiti del suo esercito misero piede nel porto di Attalia, si diressero verso la città e la occuparono senza colpo ferire; la popolazione romea li accolse con gioia e per prima cosa incendiò la moschea e massacrò i pochi Turchi residenti razziandone i beni; per quella notte si sospese ogni attività, l'indomani Michele uscì dalla città e andò ad arruolare tutti i mercenari possibili per aumentare il presidio mentre i suoi ufficiali iniziarono ad addestrare uomini per la milizia cittadina. L'ammiraglio Maurizio partì per recare la buona notizia al basileus mentre un emissario avvisava il comando di Laodicea della vittoria, i Turchi avevano vinto lo scontro ma avevano perso la città.

Pochi giorni dopo i Turchi giunsero ad Attalia e on rabbia videro le insegne imperiali sventolare dagli spalti, quindi decisero di ritirarsi verso Iconio.

Nel Gennaio del 1115 giunse una lettera del basileus che nominava Michele stratego del Thema dei Ciberrioti e si complimentava con il giovane; con la beffa di Attalia si era precluso ai Turchi ogni sbocco diretto sul Mediterraneo, il loro unico porto restava Sinope,nel Ponto Eusino.

Il contrattacco turco non si fece attendere, in Marzo delle grosse armate attaccarono Laodicea, Nicea e Adana, evidentemente cercavano di riprendere un porto sul Mediterraneo; gli scontri furono duri ma le truppe imperiali, anche se con grandi perdite, riuscirono a ricacciare i nemici.

La stessa situazione avvenne anche a Ragusa, a Iraklion, e nelle province danubiane. Così trascorsero i due anni seguenti, il 18 Giugno del 1118 giunse la terribile notizia: a 67 anni di età si era spento a Ragusa Eustazio Macrembolita, doux dei Themata di Durazzo e Ragusa, massacratore dei Veneziani, e generale invitto dell'Impero; la triste comunicazione colpì profondamente il basileus che ordinò che la tomba del generale fosse eratta al centro del foro di Ragusa dove è ancora oggi meta di pellegrinaggio.

Con la scomparsa del migliore generale dell'Impero nuove sfide si preparavano per i Romei che comunque potevano contare ancora su Costantino di Chio e su suo figlio Michele il "beffatore dei Turchi".
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"Odiare i mascalzoni è cosa nobile" (Quintiliano)

"Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti" (Aristofane)
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