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Resoconti campagne & Battaglie importanti

Ultimo Aggiornamento: 01/02/2021 18:58
11/03/2007 20:16
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Praefectus Fabrum
Capitolo V
Ci vollero sei mesi affinché le armi d'assedio fossero completate poi, in Luglio, Eustazio, saputo che un'armata veneta marciva su di lui, decise di attaccare.

All'alba del 15 Luglio, il doux Eustazio radunò i suoi uomini e disse: "Romei, sapete bene qual'è il mio coraggio, ve l'ho mostrato più volte, anch'io conosco il vostro valore, solo i Veneziani, che occupano la nostra amata Ragusa, non ci conoscono. Ma ancora per poco; quando la battaglia sarà finita ricordate di non toccare le case dei Ragusani, sono sudditi dell'Impero, le case, i beni, le mogli e le figlie dei Veneziani saranno sufficenti a ripagarvi degli sforzi. Ora con l'aiuto di Dio, avanti, mostriamo al nemico il nostro coraggio, la nostra forza e il nostro valore".

Detto questo fu dato il segnale d'attacco, le torri e le scale furono appoggiate alle mura indifese (i nemici ci attendevano in piazza), dopo poco le porte furono aperte e gli imperiali irruppero in città. Mentre la fanteria puntava sulla piazza dalla via principale (che è detta via di Durazzo), Eustazio e i suoi cavalieri presero le altre due strade (a destra e a sinistra della via di Durazzo) per aggirare il nemico.

Lo scontro delle fanterie fu durissimo, i Veneziani (nonostante le centinaia di dardi) resistettero a lungo incitati dal generale Marco Verdan. Improvvisamente una freccia colpì il comandante veneto che cadde morto a terra mentre i cavalieri di Eustazio entravano in piazza prendendo alle spalle il nemico; i Veneziani si sbandarono un momento e proprio allora gli imperiali si gettarono con maggior impeto sulla fanteria veneta e la travolsero. I Veneziani ruppero i ranghi e quella finì di essere una battaglia e divenne un massacro; non uno dei 568 Veneziani sopravvisse, la fine delle loro mogli e figlie tutti lo possono immaginare, Ragusa era tornata imperiale, le teste di Marco Verdan, di sua moglie e delle sue due figlie furono spedite al doge Morosini, i corpi non furono mai ritrovati.

Eustazio inviò un messo a Bisanzio, il basileus Giovanni si rallegrò moltissimo della notizia e nominò il doux d'Epiro anche doux di Dalmazia. Eustazio iniziò subito a rinforzare le difese, entro un anno l'armata veneta di soccorso sarebbe giunta a Ragusa per bramare vendetta.

Incurante di ciò il basileus ordinò l'attacco contro Attalia, un piccolo corpo di mercenari (230 uomini) guidati dal generale Michele di Chio, figlio di Costantino, fu imbarcato a Smirne per aggirare via mare i monti che separano Laodicea da Attalia, il piano prevedeva di sorpendere i 60 uomini del presidio turco con uno sbarco navale.

Nel Dicembre del 1114, lo sbarco avvenne come previsto e Attalia fu messa sotto assedio.

Ci sarebbero voluti sei mesi perché le scale e l'ariete fossero pronti per sferrare l'attacco, ma in Marzo un piccolo contingente turco di 150 uomini apparve sui monti attorno alla città; Michele ordinò ai suoi di schierarsi sulle montagne da dove si dominava la pianura di Attalia e attendere lì l'attacco delle truppe turche.

L'esercito imperiale riuscì agilmente a disporsi su una montagna scoscesa, Michele schierò i pochi fanti al centro, la cavalleria ai lati e alle loro spalle i balestrieri che, da quella posizione elevata, iniziarono a bersagliare il primo contingente turco che arrivò (i 60 uomini di Attalia).

Come previsto i Turchi furono eliminati senza che si venisse al corpo a corpo, quindi si attesero le altre truppe che arrivarono poco dopo. Queste erano più numerose e, nonostante i dardi, molti arrivarono vicini ai fanti che iniziarono a morire (erano truppe poco adatte). Tutto sembrò perduto quando Michele, con la disperazione, ordinò la carica di tutti i cavalli disponibili, essendo su una montagna molto ripida la carica fu devastante, i Turchi furono travolti e distrutti, la battaglia era vinta.

Michele pensò che ora avrebbe potuto occupare Attalia ormai priva di presidio ma con orrore vide che un secondo esercito turco, composto di 650 uomini, li aveva raggiunti. La prima battaglia aveva falcidiato sia i fanti che i suoi cavalieri, i suoi uomini ammontavano a solo 168 soldati; sperando che i Turchi fossero troppo stanchi per inseguirli, Michele, a malincuore, ordinò la ritirata lungo le montagne.

Iddio però indurì il cuore dei Turchi e li spinse a inseguire le nostre truppe che ripiegavano pregando la Theotokos affinché li salvasse. Dopo un giorno di fuga, i Turchi raggiunsero Michele e i suoi uomini che di nuovo si disposero sulle pareti del monte per cercare di sfruttare l'altezza, anche se con soli 18 fanti e 34 cavalieri sarebbe stato impossibile coprire adeguatamente i balestrieri; andando allo scontro Michele si preparò mentalmente per quella che sarebbe stata certamente la sua ultima battaglia, con orrore pensava a cosa i Turchi gli avrebbero fatto (fin da piccolo aveva sentito narrare la sorte toccata a chi finiva in mano turca vivo, soprattutto se, come lui, aveva solo 18 anni ed era particolarmente bello). Così impugnando la spada decise che, se la sorte si fosse volta contro di loro, mai i Turchi lo avrebbero preso vivo. Quindi, confidando in Dio e nella Madonna, si apprestò allo scontro.
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"Odiare i mascalzoni è cosa nobile" (Quintiliano)

"Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti" (Aristofane)
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