Principe Alessandro, 31/03/2008 22.31:
allora non vorrei che ci impantanassimo in una discussione arco v. moschetto che sarebbe secondo me alquanto sterile, come ho già detto le formazioni settecentesche non sono più abituate alle cariche della cavalleria ultrapesante dato le linee molto sottili, a quadrato magari ma lì sarebbero carne da macello per gli archi e poi non devi considera gli arcieri e basta nel caso vengano aggirati ma l'intero esercito nel complesso, sempre con la cava pesante con un contrattacco sarebbe stato rapidamente contrastato il tentativo di aggiramento dato che ora i moschetti in marcia sarebbero stati molto più deboli.
Ma questo implica che il comandante conosca nozioni tattiche allora sconosciute e che l'esercito abbia un grado di addestramento e di disciplina che gli consenta di reagire prontamente. Infatti la cavalleria non veniva solitamente posta a coprire i fianchi nel medioevo, era riservata per la carica decisiva e unica in quanto una volta lanciata non poteva più essere controllata ( un po' come i mastini di rome). I cicli controllati di cariche erano concetti allora sconosciuti ed era una "bestemmia" usare i cavalieri in funzione difensiva per coprire i fianchi della fanteria (considerata un'arma inferiore). Il concetto del mio ragionamento stava appunto nel fatto che l'esercito medioevale era incapace anche delle più semplici azioni tattiche e si sarebbe sfaldato di fronte all'organizzata macchina da guerra dei secoli successivi
Inoltre come può essere il moschetto inferiore se è tuttora l'arma principale di ogni esercito? Nello scontro tra 1 arcere e 1 moschettiere avrebbe certo vinto il primo, ma a livello di esercito il secondo è favorito in quanto più semplice da usare e logisticamente sostenibile. E' la stessa differenza che c'è tra la picca e la lancia: un picchiere da solo con 5 metri di ingombro non fa niente, se lo inserisci in una falange la storia cambia
[Modificato da WOLFgang 88 31/03/2008 23:00]
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-HUMANITAS- Sapere aude
Quando gli dei non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’uomo, solo
Homines sumus, lux ac tenebra mundi, dramatis personae in aequore universi
Maledetti, trafitti dalla passione, l'amore ci sopravvive, l'arte ci rende immortali
La tristezza è il nostro destino; ma è per questo che le nostre vite saranno cantate per sempre, da tutti gli uomini che verranno
-Dove c’è molta luce l’ombra è più nera-
"Sopravvivranno le catastrofi e le rovine; trionferà il caos, ma di tanto in tanto verrà anche l'ordine. La pace s'instaurerà di nuovo tra le guerre; le parole umanità, giustizia, libertà ritroveranno qua e là il senso che noi abbiamo tentato d'infondervi. Non tutti i nostri libri periranno; si restaureranno le nostre statue infrante; altre cupole, altri frontoni sorgeranno; vi saranno uomini che penseranno e vivranno come noi: oso contare su questi continuatori che seguiranno ad intervalli regolari lungo i secoli, su questa immortalità intermittente. Cabria si preoccupa di vedere un giorno il pastoforo di Mitra o il vescovo di Cristo prendere dimora a Roma e rimpiazzarvi il pontefice massimo. Se questo giorno venisse, il mio successore lungo i crinali vaticani avrà cessato di essere in capo di una banda di settari per divenire una delle espressioni dell'autorità universale. Erediterà i nostri palazzi, i nostri archivi; differirà da noi meno di quello che si potrebbe credere. Accetto con calma le vicissitudini di Roma eterna" (Memorie di Adriano, M. Yourcenar)
"Questo è il motivo per cui sostengo che Kurtz era un uomo notevole. Aveva qualcosa da dire. La disse. Visto che anch’io ho dato un’occhiata oltre il limite, comprendo meglio il senso di quello sguardo fisso che non distingueva la fiamma di una candela, ma che era grande abbastanza da abbracciare l’universo intero, acuto abbastanza da penetrare tutti i cuori che battono in quelle tenebre. Aveva tirato le somme, aveva espresso il suo giudizio. “Che orrore, che orrore”. Era un uomo notevole. […] Il suo grido era un’affermazione, una vittoria morale pagata a costo di innumerevoli sconfitte, di abominevoli terrori, di abominevoli soddisfazioni. Ma è stata una vittoria. Forse tutta la saggezza, tutta la verità e tutta la sincerità sono concentrate in quell’inapprezzabile attimo in cui superiamo la soglia dell’invisibile, forse" (Cuore di tenebra, J.Conrad)