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Parliamo di uno dei nostri maggiori motivi di orgoglio militare

Ultimo Aggiornamento: 21/09/2016 12:10
16/09/2016 15:30
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Sugli italiani in guerra..
L’anglofilo scriveva tempo addietro: “Rese di massa delle forze italiane:Sidi el Barrani,Bardia,Tobruk,Beda Fomm,Chisimaiu,Mogadishu,Harar,seconda battaglia di El Alamein,battaglia di Tunisi,crollo del fronte del Don,Pantelleria,l'intera campagna di sicilia esclusa Gela”

Ci sono qui varie menzogne. Seconda battaglia di El Alamein, nessuna “resa di massa”. Gli italiani, e non solo quelli della Folgore, combatterono in quella battaglia fin oltre i limiti delle loro possibilità, contro un nemico soverchiante in uomini e mezzi. Resisterono finché giunse loro l’ordine di ritirata, e qui finirono a fare da retroguardia, ripiegando a piedi nel deserto, per parare il culo ai tedeschi che intanto si ritiravano con i veicoli. Si “arresero” quando si ritrovarono circondati, nel deserto, senza più munizioni, cibo e acqua, con molti già sull’orlo della morte per sete. Eccotela qui la “resa di massa”. Nella seconda battaglia di El Alamein morirono 5920 italiani, più dei tedeschi (circa 3000 o 4000) nonostante i due eserciti fossero di pari numero.

Chisimaiu, Mogadishu, Hara. A Mogadiscio e Chisimaio non ci fu nessuna resa di massa, le due città furono semplicemente abbandonate perché indifendibili. Ad Harar i britannici catturarono 572 prigionieri. Se 572 prigionieri sono una “resa di massa”, allora le rese di massa sono state in quella guerra qualche migliaio, ed in tutti gli eserciti.

Battaglia di Tunisi. Altra menzogna. Nella battaglia di Tunisi, e nella campagna di Tunisia in generale, gli italiani combatterono più accanitamente dei tedeschi: parole dello stesso generale Alexander, comandante britannico. Nel maggio 1943, dei primi 25.000 prigionieri catturati dagli Alleati, solo 400 erano italiani. Le forze tedesche in Tunisia, al comando del generale Von Arnim, si arresero l’11 maggio 1943. Quelle italiane, al comando del maresciallo Messe, continuarono a combattere benché ormai fossero accerchiate nella penisola di Capo Bon e soverchiate da mezzi corazzati ed aerei in quantità immane. Si arresero, il 13 maggio, perché fu Mussolini stesso ad ordinarlo a Messe, dato che in quelle condizioni ogni ulteriore resistenza avrebbe rimandato il tracollo solo di pochi giorni. In quel momento i prodi tedeschi erano già nei campi di prigionia da due giorni.

Crollo del fronte del Don. Altra menzogna. Sul Don gli italiani si ritrovarono attaccati da forze sovietiche immensamente superiori, in certe zone (Corpo d’Armata Alpino) con disparità di forze da 9 a 1, supportate da carri sovietici per contrastare i quali non avevano armi adeguate. E anche così, resistettero per quasi due settimane. Dopo di che non si arresero, ma iniziarono a ripiegare nella famosa marcia nella steppa, morendo a migliaia per il freddo, lo sfinimento e gli attacchi sovietici. Quelli che furono catturati, lo furono perché non riuscirono ad uscire dalla sacca con gli altri ad Arbuzovka e Nikolajewka. Non avevano più munizioni e stavano letteralmente morendo di freddo. Qualora il filoinglese non lo sapesse, a Stalingrado si arresero 90.000 tedeschi, non è che combatterono fino alla morte.

In tutta la guerra, rese di massa delle forze italiane si sono verificate in due sole occasioni: la prima offensiva britannica in Nordafrica nel dicembre 1940-gennaio 1941, che fu effettivamente un vergognoso disastro, e la campagna di Sicilia, dove ormai il morale della nazione intera era sotto i tacchi (ma episodi sparsi di resistenza ci furono ancora, e non solo a Gela). Le truppe italiane in Grecia combatterono accanitamente (i morti ed i feriti furono in numero molto maggiore ai prigioinieri), la campagna fu un disastro perché male organizzata e condotta, non per mancanza di volontà di combattere. Le truppe italiane in Africa Orientale combatterono con determinazione nella maggior parte dei casi, e così pure in Nordafrica dall’aprile 1941 in poi. Stesso discorso per la Russia, o per la breve campagna di Jugoslavia.

Seguendo i criteri usati dall’anglofilo, ecco qua una bella lista di “rese di massa” degli altri belligeranti:

Inglesi: Dunkerque, Creta, Singapore (80.000 inglesi presi prigionieri da 36.000 giapponesi), Malesia (150.000 inglesi contro 70.000 giapponesi, risultato: 130.000 inglesi prigionieri), Hong Kong, Grecia 1941, Tobruk 1942 (dove gran parte dei nemici vincitori erano italiani: i gloriosi giorni dell’assedio del ’41 erano lontani)…

Americani: Bataan (75.000 prigionieri, ed avevano superiorità di 120.000 contro 75.000 giapponesi), Corregidor, Guam 1941, Wake, Kasserine (col sostanziale contributo degli italiani, bersaglieri e Divisione “Centauro”), prima fase dell’offensiva tedesca delle Ardenne…

Tedeschi: oh, qui ci si può sbizzarrire. Se El Alamein e Tunisi sono state “rese di massa” per gli italiani (secondo i criteri dell’anglofilo), lo sono state altrettanto per i tedeschi; e poi Stalingrado, Colmar, Aachen, Konigsberg, la Schelda, Kolberg, Breslavia, Vienna, Crimea 1944...

Criteri discutibili per definire una resa di massa? Ma ho usato gli stessi dell’anglofilo…

La storia dei soldati italiani “svogliati” e poco desiderosi di combattere perché combattevano una guerra che “non sentivano” è, in tutta franchezza, una frescaccia inventata e diffusa a posteriori per giustificare e dimenticare l’atteggiamento condiscente verso il fascismo che considerevole parte del popolo italiano tenne fino a buona parte del conflitto.
In caso contrario, mi si dica: dov’era questa mancanza di voglia di combattere per l’imperialismo mussoliniano, quando si trattava di schiacciare gli etiopi od invadere gli albanesi?
Sul fatto che nella prima guerra mondiale i soldati italiani fossero più motivati a combattere che nella seconda, non mi si faccia ridere. A favore della guerra erano solo quattro nazionalisti esaltati, ai poveri fanti contadini della Grande Guerra non poteva fregare di meno di Trento e Trieste, i più, probabilmente, non avrebbero nemmeno saputo indicarle su una cartina. Combatterono perché dovevano.
Su quale potesse essere il livello di motivazione dei combattenti italiani nelle due guerre mondiali, mi limito a citare qualche dato tratto da un interessante articolo di Filippo Cappellano pubblicato su “Storia Militare” n. 212 del maggio 2011: nella prima guerra mondiale ci furono oltre 100.000 casi di diserzione, nella seconda, almeno fino alla campagna di Sicilia (luglio 1943, quando la situazione morale era precipitata), meno di 10.000; il tasso di “reati militari” quali diserzione, abbandono del posto, insubordinazione etc. nella seconda guerra mondiale fu la metà rispetto alla prima; rarissimi i casi di autolesionismo nella seconda guerra mondiale, rispetto alla grande diffusione del fenomeno della prima; maggiore numero di volontari nella seconda guerra mondiale, rispetto alla prima. Esecuzioni per reati militari, nella prima guerra mondiale: oltre 1000; nella seconda: 90, in gran parte concentrate nell’estate del 1943.

La seconda guerra mondiale l’Italia la perse perché l’Asse non poteva far altro che perdere, dati i rapporti di forza; perché il sistema industriale italiano, con la pochezza di risorse naturali (petrolio e ferro sopra ogni cosa) disponibili nell’Italia o nei territori da essa controllati, non era in capace dei ritmi di produzione e dei livelli qualitativi necessari ad armare e rifornire un esercito moderno; perché i vertici militari italiani, negli anni Trenta, entrarono in un vero e proprio letargo tecnologico e dottrinale, che in guerra ebbe ripercussioni catastrofiche.

Certamente gli italiani subirono più sconfitte (ma le “rese di massa” sono altra cosa) che vittorie in quella guerra, ma mi permetto di segnalare qua e là qualche vittoria italiana, tanto per completezza.

Seconda battaglia di El Mechili, 8 aprile 1941: 3000 britannici, compresi il generale Michael Gambier-Parry, catturati dalla Divisione “Pavia”.

Prima battaglia di Bir el Gobi, 19 novembre 1941: 130 carri armati italiani respingono un attacco di 150 carri britannici, distruggendone 52 al prezzo di 34 dei loro.

Battaglia di Quota 175, 29 novembre 1941: 25 carri armati italiani della Divisione “Ariete” e reparti di bersaglieri sconfiggono il 21° Battaglione Neozelandese e catturano 200 prigionieri.

Seconda battaglia di Bir el Gobi, 4-7 dicembre 1941: i difensori italiani di Bir el Gobi respingono sette attacchi da parte di superiori forze britanniche e resistono, nonostante la scarsità di cibo ed acqua, fino all’arrivo di truppe corazzate italo-tedesche che respingono gli attaccanti una volta per tutte.

Operazione Venezia, 27 maggio 1941: la Divisione “Ariete” sconfigge la 3° Brigata Motorizzata Indiana, uccidendo 440 nemici e catturandone 1000 al prezzo di 30 morti, 53 feriti e 23 carri distrutti o danneggiati (alcuni subito riparati).

10 giugno 1942, ancora una volta l’“Ariete”: respinge un altro attacco britannico, distruggendo 20 carri nemici e danneggiandone altri 10, per la perdita di due carri distrutti e 22 danneggiati.

4 settembre 1942: durante la fase finale della battaglia di Alam Halfa, il X Corpo d’Armata italiano respinge ripetuti attacchi neozelandesi, infliggendo loro dure perdite e catturando 200 prigionieri, tra cui il generale Clifton.

Operazione Agreement, 13-14 settembre 1943: 700 tra soldati e marines britannici, appoggiati da un incrociatore, 6 cacciatorpediniere e 16 motosiluranti, attaccano il porto di Tobruk, difeso da 300 italiani e 30 tedeschi. Risultato: la forza attaccante viene annientata, un cacciatorpediniere e diverse motosiluranti sono affondate dagli italiani (aerei tedeschi affondano anche l’incrociatore ed un altro caccia), i britannici perdono 800 uomini uccisi e 576 catturati (tutta la forza attaccante di 700 uomini, più gli equipaggi delle navi affondate). Perdite italiane, 16 morti e 50 feriti.

Operazione Braganza, 29 settembre 1942: il tentativo britannico di conquistare Deir el Munassib viene respinto dalla “Folgore”, che infligge loro la perdita di 328 uomini.

Carica di Isbuscenskij, 24 agosto 1942: 700 italiani del “Savoia Cavalleria” lanciano una carica contro 2500 sovietici. Risultato: vittoria italiana, 150 russi uccisi, 300 feriti e 600 catturati, per perdite italiane di 32 morti e 52 feriti.

Battaglia di Petrikowka, 27-30 settembre 1941: le Divisioni italiane “Torino” e “Pasubio” catturano 10.000 russi, subendo la perdita di 87 morti, 190 feriti e 14 dispersi.

Ottobre-Novembre 1941: le truppe italiane in Russia (CSIR) conquistano le città di Stalino, Rikovo, Gorlovka e Nikitovka.

Battaglia di Mezzo Giugno, 13-14 giugno 1942: una divisione di incrociatori italiani, in cooperazione con reparti aerei, infligge gravi perdite ad un convoglio britannico diretto a Malta (Operazione “Harpoon”); un secondo convoglio, piuttosto che affrontare la flotta italiana uscita in mare per intercettarlo, se ne torna in porto e ci rimane (Operazione “Vigorous”).

Invasione della Jugoslavia, aprile 1941: mentre i tedeschi invadevano la Croazia e la Serbia, gli italiani attaccarono la Slovenia, conquistarono Lubiana in un giorno, occuparono in pochi giorni tutta la Dalmazia e catturarono l’intera flotta jugoslava e 30.000 prigionieri, subendo la perdita complessiva di 3000 uomini tra morti, feriti e dispersi.

Battaglia di Pljevlja, 1° dicembre 1941: 2000 alpini della Divisione “Pusteria”, dislocata in Montenegro, respingono ripetuti attacchi da parte di 4000 partigiani jugoslavi, mettendoli in rotta.

Africa Orientale, luglio-agosto 1940: le truppe italiane conquistano la Somalia britannica, ed avanzano in Sudan, prendendo le città di Cassala e Kurmuk ed il forte di Gallabat. Ulteriore avanzata è impossibile perché manca il carburante.

Operazione Abstention, febbraio 1941: un tentativo britannico di conquistare l’isola egea di Castelrosso viene respinto dal contrattacco italiano diretto dall’ammiraglio Biancheri.

Per tre anni la Marina italiana continuò indefessa a scortare i convogli sulle rotte per l’Africa Settentrionale, nonostante i pericoli e le perdite. Il 93 % dei rifornimenti ed il 91 % delle truppe mandate in Libia giunsero a destinazione, si perse perché i rifornimenti erano già troppo pochi quando partivano, visto che l’industria bellica italiana non produceva abbastanza, come detto, ed i frutti di quella tedesca finivano tutti sul fronte orientale. Metà di tutti i sommergibili britannici affondati durante la seconda guerra mondiale furono affondati dagli italiani.

Potrei ancora aggiungere la storia del "Leonardo Da Vinci" che con 120.000 tsl affondate fu il miglior sommergibile non tedesco della II GM, del "Tazzoli", di Salvatore Todaro, dei sommergibili che in Mediterraneo, quando la guerra era già persa, forzavano la rada di Bougie (Algeria) e riuscivano ancora ad affondarvi delle navi, degli affondamenti degli incrociatori britannici Calypso, Cairo e Bonaventure da parte dei sommergibili italiani Bagnolini, Axum ed Ambra. Del MAS 413, vecchio rottame della prima guerra mondiale, che galleggiava a stento eppure in Mar Rosso riuscì a silurare l’incrociatore Capetown.

Per non parlare delle vittoriose incursioni della X Flottiglia MAS contro Algeri, Alessandria, Gibilterra (più volte) e Suda.

E nella sconfitta, sono molti di più i casi in cui gli italiani combatterono accanitamente, rispetto a quelli delle “rese di massa” (per chi fosse troppo ignorante, quando ogni speranza di resistere è persa, i soldati di qualsiasi nazione occidentale si arrendevano, che fossero italiani, tedeschi, britannici, americani, francesi: i giapponesi erano gli unici che preferivano combattere fino alla morte). Qualche esempio? Cheren, El Alamein (già citato), Nikolajewka, Arbuzovka, Gondar, El Guettar, Culqualber, Wadi Akrit, Amba Alagi, Gela, Nibeiwa, El Agheila, Enfidaville, il Mareth, ed altri ancora. In Africa Orientale, quando ogni resistenza organizzata venne eliminata con la caduta di Gondar a fine 1941, alcuni gruppetti di soldati italiani si diedero alla macchia e condussero azioni di guerriglia che in alcuni casi durarono fino al settembre 1943.
Mai sentito niente di tutto questo? Per forza! Siete cresciuti a pane e mandolino del capitano Corelli!

La ragione per cui all’estero gli italiani sono visti come vigliacchi e inadatti alla guerra, è molto semplice: gli anglosassoni sono sempre stati apertamente razzisti verso i popoli mediterranei, e la stessa opinione sugli italiani ce l’hanno non solo riguardo la seconda guerra mondiale, ma anche la prima. Per un sacco di inglesi e americani, ciò che l’Italia ha fatto nella prima guerra mondiale è stato: continui attacchi fallimentari sull’Isonzo (come se gli inglesi stessero facendo qualcosa di diversi, o con risultati migliori, sul fronte occidentale), Caporetto e poi più nulla. Il Grappa, il Piave, Vittorio Veneto, non sanno cosa sia o nel migliore dei casi attribuiscono quelle vittorie ai loro (infimi) contingenti inviati dopo Caporetto in appoggio degli italiani. La propaganda anglosassone nella seconda guerra mondiale, appoggiandosi al già esistente razzismo, ha diffuso in ogni dove l’immagine del soldato italiano vile e inadatto alla guerra. Ed a questa tendenza si è allineata, dopo la guerra, l’industria cinematografica americana.
I tedeschi, da parte loro, per giustificare i loro madornali errori strategici e la loro sconfitta hanno ben pensato di scaricare sempre la colpa sugli incapaci alleati italiani (o, a seconda dei casi, sugli ungheresi o i romeni: chiunque, purché non si dica che i perfetti soldati ariani abbiano sbagliato qualcosa e non perso la guerra per colpe altrui!), così la reputazione internazionale dei soldati italiani è rimasta cristallizzata dalle menzogne incrociate di anglosassoni e tedeschi.
A questo, ovviamente, contribuiscono gli italiani, che sono un popolo fuori del comune: sono ignoranti della loro stessa storia; a differenza di tutti gli altri popoli, sembrano divertirsi nell’esaltare le proprie sconfitte, minimizzare o dimenticare le proprie vittorie, diffondere ed accettare i pregiudizi razzisti inventati nei loro confronti dagli altri popoli. L’anglofilo di questo topic è un discreto esempio dell’italiota antiitaliano.
Tutti conoscono, e ridono, della campagna italiana di Grecia, spesso esagerando ben oltre il vero la superiorità numerica degli italiani e la gravità della loro situazione prima dell’intervento tedesco; quanti ridono della campagna britannica di Gallipoli, nel 1915, quando quasi 600.000 inglesi si fecero sconfiggere e ributtare a mare da poco più di 300.000 turchi male armati? Una disfatta di magnitudine paragonabile a quella italiana in Grecia quindici anni dopo, anzi peggiore, ma qui hanno perso gli inglesi: e agli inglesi non piace ridere ed esaltare le loro sconfitte.
Tutti ad esaltare l’Operazione Compass del 1940 in cui 150.000 (non 200.000) italiani si fecero sconfiggere da 38.000 (non 20.000 inglesi); quasi dimenticata la campagna di Malesia del 1942 quando 140.000 inglesi si fecero sconfiggere da 70.000 giapponesi.
Ridono degli italiani che ad Adua, nel 1896, si fecero sconfiggere dagli etiopi, dimenticando che questi non erano indigeni con lance e frecce, ma avevano in abbondanza fucili ed artiglieria: e dimenticano degli inglesi battuti dagli Zulu ad Isandlwana nel 1879, di come persero Karthoum contro quegli straccioni dei dervisci e ci misero quasi vent’anni a riconquistarla, di come in Sudafrica stessero perdendo contro quattro contadini boeri male armati, prima di iniziare a deportarne le famigli in campi di concentramento.
Le sconfitte e le vergogne italiane le conoscono tutti; quelle degli inglesi, ben pochi. Sarà che gli inglesi non hanno un decimo dell’autolesionismo degli italiani, nel parlare della propria storia?

Al coglionazzo inglese che va a raccontare la battuta su quanto è breve il libro degli eroi italiani, converrebbe prima rifilare due ceffoni, e poi raccontargli per filo e per segno chi erano uomini come Amedeo Guillet, Francesco De Martini, Carlo Fecia di Cossato, Gianfranco Gazzana Priaroggia, Mario Arillo, Adriano Visconti, Franco Lucchini, Teresio Martinoli, Luigi Gorrini, Leonardo Ferrulli, Franco Bordoni, e migliaia di altri. Si guardino un’occhiata qui, su quanto è corto l’elenco degli eroi italiani: www.quirinale.it/elementi/Onorificenze.aspx?pag=17&qIdOnorificenza=20&cognome=&nome=&daAnno=1800&aAnno=2016&luogoNascita=&testo=&ordin...
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