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[Segnalazione] Azazel

Ultimo Aggiornamento: 26/02/2010 17:49
26/02/2010 17:49
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Il Nome della rosa egiziano
Segnalo questo romanzo, scritto da un professore egiziano, appena tradotto in italiano ed ambiantato nel Medioriente del V sec. d.C.

Youssef Ziedan, AZAZEL, editore Neri Pozza 2010, € 18,00

"E’ difficile essere a metà, «a metà tra la città e la Chiesa, né qui né là», dice Ipa, monaco e medico, uomo incline all’ascetismo così come alla passione. È difficile essere a metà, a Occidente così come a Oriente. Nella contemporaneità così come più di 1500 anni fa, ai tempi del monaco Ipa, egiziano, cristiano orientale, ma anche un uomo che non si abbandona al dogma. Ipa è morso dalle passioni così come è morso dalla fede: è alla ricerca della propria, singola libertà. Il protagonista di Azazel, il romanzo di Youssef Ziedan appena uscito da Neri Pozza, potrebbe vivere dovunque nel mondo, là dove un qualsiasi tipo di fanatismo lotta per assumere il potere e sbaragliare i suoi avversari. Ziedan, classe 1958, di nascita musulmano, filosofo, professore universitario, esperto di pensiero islamico e soprattutto di sufismo, non ha però lasciato il suo monaco in un tempo indistinto. Ha deciso, e pour cause, di seguirne le orme e la vita tormentata in quel periodo duro e violento che fu l’affermazione del Cristianesimo a Oriente. La vittoria della Chiesa di Cristo sul paganesimo raffinato della coda dell’ellenismo. L’Islam non c’era ancora, la lotta era solo tra la croce e i templi.

Il richiamo al Nome della rosa di Umberto Eco è immediato, perché gli ingredienti per il confronto ci sono tutti. Il protagonista è un monaco che si dibatte tra la potenza della fede e la fede nella razionalità. Se a questo s’aggiunge il «mestiere» dell’autore, professore universitario, filosofo ed esperto di manoscritti, e poi la storia che affonda lontano, nei primi secoli della cristianità, il quadro è completo. Tanto che viene da chiedersi se Il nome della rosa non sia stato tra i livre de chevet di Ziedan, a capo del Centro dei Manoscritti nella Biblioteca di Alessandria, nel cui consiglio Consultivo siede proprio Eco.

È il quinto secolo, i pagani stanno diventando minoranza, il Cristianesimo è divenuto la religione dell’impero, e dentro la Chiesa si comincia a combattere non solo per la dottrina ma per il potere, attraverso concili e scismi. Tra i protagonisti è Cirillo, per la Chiesa copta egiziana non solo santo, ma anche la figura di rilievo. Per Ziedan-Ipa, Cirillo è invece il fanatico, il violento, il mandante – volontario o meno – dell’uccisione della neoplatonica Ipazia, straziata, scannata e bruciata dalla folla per le strade di Alessandria. Ed è sempre Cirillo il persecutore di uomini come Nestorio, il vescovo che – viceversa - incarna l’intellettuale vivace, razionale, promotore di una osmosi culturale che non rifiuta il passato non cristiano, ma anzi se ne abbevera.

Una rappresentazione di questo genere non poteva non scatenare polemiche durissime in Egitto, quando il romanzo di Ziedan è uscito, meno di due anni fa. Il vescovo Bishoy, segretario del Sacro sinodo della Chiesa copta, aveva accolto l’opera di Ziedan con i toni duri dello scontro culturale, come un lavoro che intendeva «distruggere l’autentica dottrina cristiana», chiedendone la messa al bando. D’altro canto, la frizione tra la maggioranza musulmana della popolazione egiziana e i circa dieci milioni di cristiani copti assume – a intervalli regolari – la dimensione della violenza. L’ultimo, tragico esempio è la strage del Natale copto a Nag Hammadi, uno dei luoghi storici del Cristianesimo nazionale, citato anche nel romanzo di Ziedan.

Eppure, Azazel è tutto salvo un libro contro la fede cristiana. Nonostante il titolo sia dedicato al nome del demonio, e il demonio, nel libro, sia non solo il Male, ma anche ragione e libertà. Il romanzo di Ziedan è piuttosto un periplo culturale dall’Alto Egitto alla Siria, passando per Alessandria e Gerusalemme, e poi su ad Antiochia, dentro la complessità del Cristianesimo orientale delle origini. Quando le chiese si costruivano distruggendo i templi precedenti, e si rafforzavano nel contempo le radici del monachesimo. È il ritratto della complessità, della confusione e della stratificazione mediorientale, ineludibile per comprendere il presente.

La censura, comunque, non c’è stata, anzi. Il romanzo è divenuto a suo modo un bestseller. E al successo di pubblico ha fatto seguito l’alloro del premio Ipaf 2009, ovvero la seconda edizione di quel riconoscimento panarabo che è ormai conosciuto come l’Arab Booker, perché è legato al prestigioso premio letterario britannico. Forte anche dell’imprimatur dell’Arab Booker, Youssef Ziedan entra dunque di peso nel dibattito culturale arabo, e va dritto al cuore del problema: il ruolo della religione tra potere e politica, tra assolutismo e tolleranza, tra fede e ragione. Che si tratti del Cristianesimo orientale del quinto secolo, o dell’Islam. Non a caso, proprio mentre in Italia esce la traduzione di Azazel, in Egitto Ziedan ha appena pubblicato un altro libro che farà discutere, La teologia araba e le origini della violenza religiosa. Non più un romanzo, bensì un saggio, ma frutto delle medesime preoccupazioni. Il nodo non è il tipo di fede, ma il suo uso" (Paola Caridi, La Stampa, 24/02/2010).

www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/Libri/grubrica.asp?ID_blog=54&ID_articolo=2435&ID_sezione=80&...

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"Odiare i mascalzoni è cosa nobile" (Quintiliano)

"Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti" (Aristofane)
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