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Il Vero Erede

Ultimo Aggiornamento: 28/10/2018 10:25
04/09/2018 23:51
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Lasciate ogni speranza, voi che leggete :rofl
A parte gli scherzi, mi è venuta voglia di provare a scrivere un racconto incentrato su una campagna. Tuttavia non sono un grande scrittore, quindi è meglio che vi aspettatiate una cosa pessima, così potreste rimanere sorpresi positivamente, se andasse bene :rofl
Fatemi sapere che ne pensate, e buona lettura.

Il Vero Erede

Capitolo I

Un titolo usurpato


Marco Antonio guardò verso il Pireo, un tempo centro del commercio, punto d’incontro fra mondi, popoli, e culture. Osservò le navi caricare e scaricare le numerose anfore di vino, casse contenenti armi e sacchi pieni di spezie, e paragonò la sua vita, il suo percorso, a uno di quei contenitori. Era salito sulla nave del successo, e ora ne stava scendendo. D’improvviso Cesare lo aveva tradito, affidando la sua eredità a un giovane ignoto, sbucato dal nulla, e lui era rimasto senza niente. Solo la debole posizione di Ottaviano gli aveva permesso di realizzare il secondo triumvirato, insieme a Lepido.

Tuttavia Roma era divisa, e non in due, non in tre, bensì in quattro: Sesto Pompeo Magno controllava la Sicilia, la Corsica e la Sardinia, e si comportava come gli antichi pirati illiri, saccheggiando i mercantili e soffocando i commerci. Nonostante nominalmente fossero alleati, i triumviri erano in pratica entità a sé: Lepido possedeva un territorio che ricalcava il grande impero Cartaginese, Ottaviano possedeva l’Italia e la Gallia, e lui, il più grande generale di Cesare, si era preso la più grande parte di impero: l’Oriente. I suoi domini spaziavano dall’Illyricum alla Syria, dalla Bithynia alla Libya. Era riuscito ad assicurarsi anche moltissimi stati cliente, dei cuscinetti pronti a rallentare le invasioni dei popoli barbari e dei Parti. Fra questi stati cuscinetto, gemma solitaria in un mare di pietra, l’Egitto: l’antica terra dei Faraoni era guidata dalla nobile discendente di Tolomeo, madre dell’unico figlio di Cesare, Cleopatra VII.

Marco Antonio distolse lo sguardo dal porto e lo posò su una colonna di legionari in marcia, le loricae scintillanti, i gladi affilati, non vi era discrepanza nel loro incedere, quasi arrivassero ad annunciare la volontà di un dio. Ve ne erano molti in tutto l’impero, ma i suoi dovevano resistere agli assalti più imponenti, ai popoli più numerosi. A Nord Breuci e Scordisci minacciavano l’Illyricum, e poco più lontano l’ombra minacciosa dei Daci e delle tribù nomadi si stagliava sul Danubio. A Sud varie tribù africane si preparavano a lanciare le loro razzie contro l’Egitto. Ma la minaccia più grande si trovava ad Est: l’impero dei Parti, i vincitori di Carrae, era già in guerra con i possedimenti del triumviro e si preparava a distruggere ancora una volta il regno d’Armenia, fedele suddito del generale di Cesare.

Doveva preparare i suoi possedimenti per la guerra, e solo allora avrebbe potuto sconfiggere i suoi nemici, e reclamare per sé quello che era l’impero del vero erede di Cesare.


"Povero me,sto per diventare un Dio." Tito Flavio Vespasiano, imperatore romano, sul letto di morte, 79 d.C.

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno" Niccolò Sagundino, sulla morte(29 maggio 1453) di Costantino XI Paleologo.
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