la seconda parte
CERCANDO LA RADIO DI DIO
Secondo Charroux, dunque, l’arca altro non era che un’arma elettrica costruita sulla scorta di antiche conoscenze perdute e custodite solo dagli Iniziati egizi. Sempre grazie a queste conoscenze, che per il divulgatore svizzero Erich Von Daeniken erano invece di origine extraterrestre, Mosè avrebbe costruito un propiziatorio che funzionava come una radio a transistor. Solo in questo modo si spiegherebbe, per lo scrittore, il fatto che Mosè potesse parlare come ad un amico con il Signore Iddio.
Queste incredibili prestazioni potrebbero allora spiegare il manifesto interesse delle altre popolazioni verso l’arca santa.
Il tempio di Gerusalemme, ove veniva custodita la sacra reliquia, venne saccheggiato ripetutamente: nel 925 a.C. dagli egiziani del faraone Soshenq Iº, nel 797 da Gioas re d'Israele, nel 621 dalle armate caldee e babilonesi.
Quando l’oggetto scomparve non è sicuro. Certamente quando nel 516 a.C. il prefetto Zorobabel ricostruì il Tempio di Gerusalemme, l’arca non c’era più.
O almeno, non in maniera evidente, secondo il rabbino israeliano Shlomo Goren, convinto che l'arca si trovi attualmente ancora nel sancta sanctorum, sfuggito alle razzie degli invasori.
"Basterebbe scavare in corrispondenza della sua antica collocazione. - dichiara Goren -Purtroppo però adesso in quella zona sorge la spianata delle moschee islamiche di Gerusalemme e le autorità religiose preferiscono evitare qualsiasi scavo archeologico per evitare attriti con i musulmani..."
TRA I FALASCIA’ DI RE SALOMONE
Secondo un’altra versione, raccontata nella cronaca etiope trecentesca Kebra Nagast o Gloria dei re, l’arca dell’alleanza si troverebbe ad Axum, in Etiopia. A portarcela sarebbe stato un certo Menelik, che la tradizione vuole nato dal matrimonio di re Salomone con Makeda, la regina di Saba. Il figlio della giovane ed avvenente etiope, d’accordo con un pugno di ebrei ribelli, avrebbe rubato l’arca trasportandola segretamente ad Axum. E grazie ai poteri della stessa, i falascià di Menelik, cioè gli ebrei etiopi, avrebbero sollevato senza sforzo le centinaia di tonnellate dei giganteschi obelischi eretti ad Axum.
Questa vicenda ha affascinato le decine di ricercatori che si sono messi sulle tracce dell’arca, dall’archeologo ebreo Vendil Indiana Jones, ispiratore dell’omonimo personaggio televisivo,
allo studioso inglese Graham Hancock, un esperto di storia templare convinto che il sacro cofano sia custodito in una cappella nel lago Tana in Etiopia.
Sfortunatamente, ognuna delle circa ventimila chiese copte dell’Etiopia custodisce una copia dell’arca. Trovare quella autentica è dunque come cercare un ago in un pagliaio.
TRE ITALIANI
Ma forse tre italiani sono riusciti in questa impresa disperata.
Si tratta dei professori Vincenzo Francaviglia, direttore del CNR per le tecnologie applicate ai Beni culturali, Giuseppe Infranca dell’Università di Reggio Calabria e dell'architetto Paolo Alberto Rossi del Politecnico di Milano.
"Nel 1990 ci trovavamo ad Axum per un invito ufficiale del governo etiopico - ha raccontato il professor Francaviglia alla stampa - e, dopo una serie di cerimonie, venne organizzato un incontro con l'abuna, la massima autorità religiosa. Questi ci ricevette con i paramenti solenni e ci condusse a visitare la vecchia chiesa cristiana S.Maria di Sion ad Axum, una chiesa costruita nel Seicento dall'imperatore Fasiladas...Dietro l'altare maggiore, protetta da un baldacchino di velluto rosso con ricami, c’era l'arca. L'abuna non voleva affatto mostrarcela. Ma un giovane chierico aprì la tenda e noi potemmo vedere una cassa di legno scuro, lunga un metro e alta sessanta centimetri, con il tetto a doppio spiovente. Non c’erano più le lamine d'oro e la superficie stessa appariva deteriorata. Appena l'abuna si accorse che stavano osservando l’arca, rimproverò aspramente il chierico, ordinandogli di abbassare immediatamente la tenda..."
Secondo la religione copta, difatti, non è concesso a nessuno di vedere l’arca. Si dice che persino al negus Hailè Selassiè, che ne aveva espresso il desiderio, venne opposto un secco rifiuto. E si dice che l’accesso alla stanza dell’arca sia consentito ad un solo abuna per generazione...