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"Occidente ed Oriente"

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    andry18
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    00 22/03/2013 00:31
    sinceramente non mi risulta assolutamente che i cinesi basassero il loro esercito sulla cavalleria come i parti, né che combattessero in alcun modo come loro, quindi non capisco il senso del messaggio o.O


    "Per una scodella d'acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua. Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore: chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male" - Mahatma Gandhi

    "Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." - Mahatma Gandhi

    "You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one" - Imagine, John Lennon

    "ma é bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev'essere la scure per il mare gelato dentro di noi." - Franz Kafka

    "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
    L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
    Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
    Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti." - Antonio Gramsci

    http://www.youtube.com/watch?v=_M3dpL4nj3Q
    https://www.youtube.com/watch?v=QcvjoWOwnn4
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    00 22/03/2013 00:35
    All'epoca in cui i romani introdussero pila pesanti e carrobaliste, i Parti erano già stati sostituiti dai Sasanidi, l'unico regno persiano in grado di competere con i romani nell'arte ossidionale; anch'essi possedevano tecnologie come quelle delle baliste, che usarono tra l'altro in diversi assedi tra cui Sinagra e Dura Europos.
    L'esercito Sasanide era molto simile a quello partico, ma nessuno dei due era composto da idioti che si facevano massacrare dai pila romani.
    La lorica segmentata non era diffusa, anzi, era piuttosto rara ed usata, guarda un po', molto più spesso in Britannia che non al fronte mesopotamico.
    I cinesi non combattevano come i parti, visto che la loro spina dorsale era costituita da fanteria, e comunque le balestre cinesi potevano aver ragione dei romani e dei loro scuta ben prima che questi si portassero a distanza di pilum.



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    Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
    Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
    Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    00 22/03/2013 00:36
    Re:
    andry18, 22/03/2013 00:31:

    sinceramente non mi risulta assolutamente che i cinesi basassero il loro esercito sulla cavalleria come i parti, né che combattessero in alcun modo come loro, quindi non capisco il senso del messaggio o.O



    Non conosco lo stile di combattimento cinese; infatti ho detto "se i cinesi combattevano come i Parti"; la mia era un'ipotesi.
    Intanto ho dato indizi di come Roma combatteva in oriente, poi è probabile che avrebbe operato diversamente coi Cinesi, o forse no!.


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    IULIANUS IL VOLSCO

    Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

    Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

    Su Amazon.it
    https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

    «Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

    -SOLDATO IGNOTO-

    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

    -Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

    -Platone, "libro delle leggi"-

    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

    Gianni Granzotto,"Annibale"

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    00 22/03/2013 00:38
    beh, non credo avrebbero trovato molte somiglianze con nemici già affrontati in passato sinceramente


    "Per una scodella d'acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua. Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore: chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male" - Mahatma Gandhi

    "Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." - Mahatma Gandhi

    "You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one" - Imagine, John Lennon

    "ma é bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev'essere la scure per il mare gelato dentro di noi." - Franz Kafka

    "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
    L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
    Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
    Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti." - Antonio Gramsci

    http://www.youtube.com/watch?v=_M3dpL4nj3Q
    https://www.youtube.com/watch?v=QcvjoWOwnn4
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    Iulianus Apostata
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    00 22/03/2013 00:44
    Re:
    Xostantinou, 22/03/2013 00:35:

    All'epoca in cui i romani introdussero pila pesanti e carrobaliste, i Parti erano già stati sostituiti dai Sasanidi, l'unico regno persiano in grado di competere con i romani nell'arte ossidionale; anch'essi possedevano tecnologie come quelle delle baliste, che usarono tra l'altro in diversi assedi tra cui Sinagra e Dura Europos.
    L'esercito Sasanide era molto simile a quello partico, ma nessuno dei due era composto da idioti che si facevano massacrare dai pila romani.
    La lorica segmentata non era diffusa, anzi, era piuttosto rara ed usata, guarda un po', molto più spesso in Britannia che non al fronte mesopotamico.
    I cinesi non combattevano come i parti, visto che la loro spina dorsale era costituita da fanteria, e comunque le balestre cinesi potevano aver ragione dei romani e dei loro scuta ben prima che questi si portassero a distanza di pilum.





    Il pilum pesante con la sfera di piombo venne adottato dai Romani in età giulio-claudia,ed a quell'epoca l'Impero Partico esisteva ed era assai potente; ciò sostiene Giovanni Brizzi in "Il guerriero, l'oplita, il legionario".
    Le carrobaliste proteggevano le legioni di Traiano, a partire dal II secolo d.c.; il Regno Partico in quel periodo era vivo e vegeto, affrontava i Romani.
    Il pilum pesante di epoca imperiale fu introdotto quasi parallelamente alla lorica segmentata, che equipaggiava i legionari del I-II secolo d.c.; quindi parliamo essenzialmente dell'Alto Impero.
    Al tempo dei Sassanidi i legionari romani erano ormai appartenenti ad un esercito tardo-antico, e non indossavano più neanche la lorica segmentata; parlo dei Comitatensi, Limitanei etc..I Sassanidi comparvero nell'epoca tardo-antica, quindi molto dopo il II secolo d.c.
    Giovanni Brizzi sostiene che la lorica segmentata era diffusa in molti angoli dell'Impero, e ciò è testimoniato dai ritrovamenti in Israele e Marocco (guarda un pò).
    Fu proprio in Oriente che la nuova armatura si rivelò assolutamente efficacie ed affiancò la lorica hamata (pertanto la segmentata era diffusa e dovette esser stata preferita da molti soldati - Brizzi-).
    Le lamine in metallo della segmentata offrivano maggior protezione contro la penetrazione della freccia partica; al contrario, la lorica hamata risultava molto vulnerabile; anche per questo i legionari di Crasso soffrirono gravissime perdite nel 53 a.c. (certo non fu la causa essenziale).
    La combinazione di pilum pesane e lorica segmentata rendeva il legionario molto bene equipaggiato, molto meglio rispetto almilite dell'epoca di Crasso.
    I cavalieri catafratti, sempre secondo quanto sostiene Brizzi, inizialmente erano inconsapevoli degli innovativi pila romani; durante le cariche subirono forti perdite e perciò, progressivamente, furono ritirati nel corso degli anni (si tratta di un'ipotesi di Brizzi).


    [Modificato da Iulianus Apostata 22/03/2013 01:06]
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    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

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    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

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    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

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    00 22/03/2013 10:34
    Il regno Partico nel II secolo era in pieno declino (a differenza dell'Impero Romano, che non sarà in declino fino all'invasione gotica culminata ad Adrianopoli), visto che nel 225 è completamente sostituito dai Sassanidi.
    La combinazione pilum pesante-carrobalista è quella che permette a Traiano la conquista della Mesopotamia, ed infatti da quando inizia la campagna sassanide contro i romani(229) per questi ultimi son solo che legnate, al punto che la provincia traianea di mesopotamia viene rapidamente perduta in pochi anni, e rischiando di perdere pure la Siria.

    Ci sono diversi ritrovamenti di segmentate in giro per i confini imperiali, ma la quantità maggiore la si trova sui limes britannico e renano.
    E tutto questo argomento l'ho discusso personalmente con Brizzi, che è stato mio docente.
    [Modificato da Xostantinou 22/03/2013 10:39]



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    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
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    Re:
    Xostantinou, 22/03/2013 10:34:

    Il regno Partico nel II secolo era in pieno declino (a differenza dell'Impero Romano, che non sarà in declino fino all'invasione gotica culminata ad Adrianopoli), visto che nel 225 è completamente sostituito dai Sassanidi.
    La combinazione pilum pesante-carrobalista è quella che permette a Traiano la conquista della Mesopotamia, ed infatti da quando inizia la campagna sassanide contro i romani(229) per questi ultimi son solo che legnate, al punto che la provincia traianea di mesopotamia viene rapidamente perduta in pochi anni, e rischiando di perdere pure la Siria.

    Ci sono diversi ritrovamenti di segmentate in giro per i confini imperiali, ma la quantità maggiore la si trova sui limes britannico e renano.
    E tutto questo argomento l'ho discusso personalmente con Brizzi, che è stato mio docente.



    Io sostengo la teoria di Brizzi.

    Le carrobaliste furono largamente utilizzate dall'Imperatore Traiano e furono introdotte all'inizio del II secolo d.c., contro Parti e Daci; sono raffigurate sulla colonna Traiana.
    In quel periodo Traiano (112 d.c. circa) intraprendeva la conquista della Mesopotamia a scapito dei Parti (che ancora esistevano, anche se per poco).
    L'avanzata romana fu quasi inarrestabile, città vennero facilmente prese senza quasi colpo ferire; questo perché i Parti lasciarono avanzare le legioni, fino a quando non reagirono e allora cominciarono le difficoltà per Roma.
    Per tale motivo, ma anche per la morte di Traiano, si rinunciò alla Mesopotamia.
    Infatti Roma ebbe sempre difficoltà contro i Parti, che sembra l'abbiano spuntata spesso; ma è doveroso affermare che un cavaliere catafratto, una volta arrestatasi la sua carica in mezzo ai fanti legionari, sarebbe stato costretto a scendere da cavallo e, per via dell'armatura (che lo rendeva lento nei movimenti) e di altri fattori, nel corpo a corpo sarebbe stato massacrato all'istante.
    I Parti, una volta ritirati, nel II secolo d.c., i catafratti, dovettero giovarsi quasi unicamente degli arcieri a cavallo, i quali, non avendo più la "compagnia" dei cavalieri pesanti, furono costretti ad agire nel "mordi e fuggi" senza esser protetti (da parte della cavalleria catafratta), da eventuali attacchi ravvicinati (da parte di cavalieri romani alla carica), e, per bersagliare le legioni, dovettero sfidare i dardi delle artiglierie romane che, una volta intercettatili, gli sparavano contro. Per non parlare dei nuovi ausiliari romani (arcieri a cavallo e giavellottieri leggeri); cavallerie leggere differenti dalla pesante cavalleria gallica (che, essendo pesante, non poteva correre dietro ai parti a cavallo senza stancarsi e venir massacrata dalle frecce, sparate all'indietro dagli inseguiti); i cavalieri Mauri e gli arcieri a cavallo ausiliari sapevano tener testa ai Parti, i cui arcieri a cavallo si guardarono bene dall'affrontare le legioni anche per via dei frombolieri romani, che con le frombole potevano perforare le armature dei catafratti.
    Le frombole avevano una gittata maggiore delle freccie partiche.

    [Modificato da Iulianus Apostata 22/03/2013 11:19]
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    Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

    Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

    Su Amazon.it
    https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

    «Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

    -SOLDATO IGNOTO-

    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

    -Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

    -Platone, "libro delle leggi"-

    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

    Gianni Granzotto,"Annibale"

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    και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων
    00 22/03/2013 12:10
    Diverse inesattezze.
    I catafratti non caricavano MAI, a meno che non si trattasse di una formazione in rotta. Essi servivano viceversa da mero "sprone" per tenere le fanterie nemiche raggruppate e coese, ovvero facile bersaglio per i proiettili degli arcieri.
    I rovesci dovuti ai pila pesanti ed alle segmentate capitarono proprio nel primo periodo di adozione dei suddetti, in quanto vedendo i romani resistere meglio del solito alle grandinate di frecce, alcuni comandanti parti tentarono di sfondare con una carica, finendo viceversa impalati dai pila. Ma d'altronde era anche ben difficile caricare a fondo senza staffe.
    Le frombole romane avevano una gittata superiore ai pila, ma non agli archi partici (più o meno equivalenti), e non è affatto vero che penetravano le armature; i proiettili di frombola non sono fatti per penetrare un bel nulla, bensì per spezzare ossa e creare traumi da impatto, rendendo nulla anche un'armatura resistente come la segmentata, perché lavorano sullo stesso principio delle mazze ferrate.



    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
    Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
    Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
    Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    00 22/03/2013 12:23
    Re:
    Xostantinou, 22/03/2013 12:10:

    Diverse inesattezze.
    I catafratti non caricavano MAI, a meno che non si trattasse di una formazione in rotta. Essi servivano viceversa da mero "sprone" per tenere le fanterie nemiche raggruppate e coese, ovvero facile bersaglio per i proiettili degli arcieri.
    I rovesci dovuti ai pila pesanti ed alle segmentate capitarono proprio nel primo periodo di adozione dei suddetti, in quanto vedendo i romani resistere meglio del solito alle grandinate di frecce, alcuni comandanti parti tentarono di sfondare con una carica, finendo viceversa impalati dai pila. Ma d'altronde era anche ben difficile caricare a fondo senza staffe.
    Le frombole romane avevano una gittata superiore ai pila, ma non agli archi partici (più o meno equivalenti), e non è affatto vero che penetravano le armature; i proiettili di frombola non sono fatti per penetrare un bel nulla, bensì per spezzare ossa e creare traumi da impatto, rendendo nulla anche un'armatura resistente come la segmentata, perché lavorano sullo stesso principio delle mazze ferrate.





    Diversi errori; perché Brizzi scrive che i catafratti caricarono contro le coorti romane a Carre, una volta che queste si erano schierate secondo la tradizionale formazione coortale (in quel momento i legionari non erano in rotta proprio per niente, ma erano bensì ancora efficienti nel combattere, anche se moralmente logorati), una volta abbandonata quella a quadrato; dal momento che Crasso si era trovato costretto a farlo.
    Erano gli arcieri a cavallo, non i catafratti, a costringere le fanterie a raggrupparsi in un intenso blocco, per istinto di sopravvivenza, girandogli attorno.
    Solo quando il "blocco" era stato decimato dalle frecce, allora i catafratti caricavano.
    Brizzi scrive che i catafratti dovettero aver caricato anche al tempo di Traiano, incontrando i pila.
    Brizzi ti contraddice anche sulle frombole, che penetravano anche le armature ed avevano gittata superiore alle frecce.
    Proprio perché sono fatte per sfondare, le frombole sono ben più micidiali delle "punture" provocate dalle frecce; tanto che i legionari in Oriente sprezzavano le frecciate partiche, considerandole meno dannose dei colpi inferti di romfaia dai barbari Daci.


    [Modificato da Iulianus Apostata 22/03/2013 12:26]
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    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

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    Xostantinou
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    Ελέω Θεού Βασιλευς
    και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων
    00 22/03/2013 12:32
    Sbagliato.
    Una formazione chiusa è vulnerabile alle frecce, una aperta no (perché ti obbliga a mirare, che non è semplice quanto sparare nel mucchio), viceversa una formazione chiusa è una minaccia per le cariche di cavalleria, in quanto non è facile da sfondare, a differenza di una aperta.
    La formazione coortale era più larga che profonda, quindi un tentativo di sfondamento era possibile, per quanto difficile, contro un agmen quadratus caricare è improponibile.
    Brizzi si basa sulle gittate degli archi romani, non su quelle degli archi compositi asiatici che, in diversi esperimenti, hanno dimostrato distanze utili nettamente migliori.
    La penetrazione nelle frombole, ripeto, non esiste. Il loro danno sta nell'impatto, e basta.

    Comunque siamo ampiamente OT.
    [Modificato da Xostantinou 22/03/2013 12:33]



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    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

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    Iulianus Apostata
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    00 22/03/2013 12:43
    Re:
    Xostantinou, 22/03/2013 12:32:

    Sbagliato.
    Una formazione chiusa è vulnerabile alle frecce, una aperta no (perché ti obbliga a mirare, che non è semplice quanto sparare nel mucchio), viceversa una formazione chiusa è una minaccia per le cariche di cavalleria, in quanto non è facile da sfondare, a differenza di una aperta.
    La formazione coortale era più larga che profonda, quindi un tentativo di sfondamento era possibile, per quanto difficile, contro un agmen quadratus caricare è improponibile.
    Brizzi si basa sulle gittate degli archi romani, non su quelle degli archi compositi asiatici che, in diversi esperimenti, hanno dimostrato distanze utili nettamente migliori.
    La penetrazione nelle frombole, ripeto, non esiste. Il loro danno sta nell'impatto, e basta.

    Comunque siamo ampiamente OT.



    1) Infatti ho detto che gli arcieri parti tiravano le frecce contro formazioni estremamente chiuse, i "blocchi" compatti, non contro formazioni aperte.

    2) Infatti ho detto che i catafratti caricarono a Carre contro la formazione coortale, più aperta di quella a quadrato.

    Se le frombole non potevano penetrare, potevano sfondare le armature dei catafratti partici.

    E comunque Brizzi, in "Il guerriero, l'oplita, il legionario", ha anche descritto la composizione dell'arco composito partico (a doppia curvatura), basandosi su ritrovamenti archeologici.
    Saprà bene che l'arco composito ha una gittata migliore dell'arco romano; quindi nella sua analisi delle gittate degli archi, confrontandole con quelle delle frombole, avrà preso in considerazione il carattere composito dell'arma da tiro partica.
    Brizzi, mi pare, considera pure che gli archi degli arcieri appiedati (romani) avevano gittate maggiori (o comunque erano migliori) degli archi dei cavalieri partici; infatti questi ultimi avevano armi da tiro più piccole.
    Quindi, avrà confrontato la grossa gittata dell'arco romano (quello dei fanti) con quello della frombola.








    [Modificato da Iulianus Apostata 22/03/2013 14:06]
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    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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    00 22/03/2013 14:16
    Veramente non è così, l'arco corto a doppia curvatura ha performances migliori rispetto all'arco da fanteria.


    Comunque, ripeto, siamo ampiamente OT
    [Modificato da Xostantinou 22/03/2013 14:46]



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    00 26/03/2013 00:37
    Re:
    andry18, 22/03/2013 00:31:

    sinceramente non mi risulta assolutamente che i cinesi basassero il loro esercito sulla cavalleria come i parti, né che combattessero in alcun modo come loro, quindi non capisco il senso del messaggio o.O



    Pensavo, pur errando, che i Cinesi combattessero come i Mongoli, quindi il mio messaggio era sensato e facilmente interpretabile.


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    Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

    Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

    Su Amazon.it
    https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

    «Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

    -SOLDATO IGNOTO-

    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

    -Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

    -Platone, "libro delle leggi"-

    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

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    00 26/03/2013 11:23
    Sbaglio o qui si prende Brizzi per un "ipse dixit"?
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    00 26/03/2013 12:08
    un po' troppo...ciò non toglie che sia il maggior esperto italiano vivente sull'argomento (imho)...comunque leggere altre fonti come Yann Le Bohec non sarebbe una brutta cosa...



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    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
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    Iulianus Apostata
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    00 26/03/2013 19:58
    anche leggere altre fonti come Chris McNab o Raffaele D'amato non sarebbe una cosa brutta.

    Io sostengo, come ho detto, le tesi di Brizzi perché le ritengo fondate, ma ciò non toglie che in futuro potrei farmi un'idea diversa. Di certo Brizzi non è il solo esperto ad affermare che il pilum imperiale è stato introdotto in epoca giulio-claudia (e non al tempo dei Sassanidi), quando i Parti erano ancora "operativi" e ben presenti.
    Brizzi non è il solo ad affermare che i catafratti caricavano.
    [Modificato da Iulianus Apostata 26/03/2013 20:04]
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    00 26/03/2013 21:09
    Non per questo ha ragione...anche perché molto spesso gli storici sono ciò che sono, ovvero storici, e non hanno mai vissuto in prima persona come soldati, e non sanno quindi nemmeno ragionare come tali.
    C'è un motivo se spesso i migliori storici militari sono quelli che escono da accademie come Sandhurst e West Point, e non quelli che escono dalle università civili con specializzazioni in ambiti civili.
    [Modificato da Xostantinou 26/03/2013 21:09]



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    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
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    Iulianus Apostata
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    00 26/03/2013 21:21
    Re:
    Xostantinou, 26/03/2013 21:09:

    Non per questo ha ragione...anche perché molto spesso gli storici sono ciò che sono, ovvero storici, e non hanno mai vissuto in prima persona come soldati, e non sanno quindi nemmeno ragionare come tali.
    C'è un motivo se spesso i migliori storici militari sono quelli che escono da accademie come Sandhurst e West Point, e non quelli che escono dalle università civili con specializzazioni in ambiti civili.



    Fai un bel complimento a mio fratello, che è uscito dall'accademia di Modena. Da lui imparo molto in ambito storico-militare.
    (In ogni caso, almeno in Italia (poi all'estero non so), non è corretto parlare di "università civili", in quanto non esistono "università militari"; nelle accademie militari i cadetti frequentano corsi universitari identici a quelli frequentati da civili, sotto l'egida di atenei identici a quelli dei civili (Università di Bologna per i cadetti di Modena, la Tuscia per quelli di Viterbo etc..)
    Beh..stando a quello che dici, allora nessuno storico dell'arte militare antica ha ragione o dice cose vere, perché nessun legionario o comandante antico, con tanto di volo sulla macchina del tempo (e un biglietto di viaggio trans-temporale pagatogli dagli interessati; bisogna vedere quanto costano i biglietti, consultando i voli su internet) è venuto a dirci come combatte nella sua epoca. Io ritengo che le tesi di Brizzi siano in buona parte fondate, perché in maggioranza gli storici ne condividono le idee; questo non vuol dire che lui sia Dio sceso in terra.

    -------

    Tornando in topic:

    Ma insomma questi Cinesi come combattevano? Mi risulta che fossero estremamente civilizzati.
    So che le civiltà orientali come la cinese, l'indiana e quella persiana fossero molto più antiche di quelle occidentali come la greca.
    E poi...se il topic parla di "Oriente e Occidente", la discussione riferentesi allo scontro tra Romani e Parti (da me esposto) perché mai dovrebbe essere OT?
    Sempre di "dialettica" fra oriente e occidente si parla.
    O forse si deve parlar solo di Cinesi (e non di Parti), quali rappresentanti dell'Oriente?


    [Modificato da Iulianus Apostata 27/03/2013 09:28]
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    andry18
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    00 26/03/2013 21:45
    il discorso era nato proprio in qualità di what if nel caso di uno scontro tra roma e cina, ecco perché infatti non mi ritrovavo nel tuo messaggio inerente i parti, ma effettivamente il titolo non è molto chiaro e preciso


    "Per una scodella d'acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua. Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore: chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male" - Mahatma Gandhi

    "Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." - Mahatma Gandhi

    "You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one" - Imagine, John Lennon

    "ma é bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev'essere la scure per il mare gelato dentro di noi." - Franz Kafka

    "Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
    L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
    Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
    Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti." - Antonio Gramsci

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    Ecco, quindi diciamo che il topic è un confronto tra occidente (romano) ed estremo oriente (cinese), gli altri possono entrare nel discorso in maniera marginale e relativa, ma non monopolizzare la cosa, visto che di discussioni su romani vs parti ce ne sono già state a bizzeffe.



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    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    Iulianus Apostata
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    00 27/03/2013 11:17
    Allora sarebbe il caso di modificare il titolo del topic, correggendo "Oriente" con "Estremo oriente", se si vuole evitare di confondere degli utenti che giustamente troverebbero sensato parlare anche dei parti, trovando molto strano che si monopolizzi il discorso coi cinesi.
    Con occidente tra l'altro si potrebbe parlare anche di greci; allora sarebbe il caso di scrivere nel titolo "Occidente romano".
    [Modificato da Iulianus Apostata 27/03/2013 11:18]
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    IULIANUS IL VOLSCO

    Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

    Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

    Su Amazon.it
    https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

    «Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

    -SOLDATO IGNOTO-

    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

    -Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

    -Platone, "libro delle leggi"-

    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

    Gianni Granzotto,"Annibale"

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    Xostantinou
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    Tribunus Angusticlavius
    Ελέω Θεού Βασιλευς
    και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων
    00 28/03/2013 11:52
    Non è che adesso dobbiamo iniziare anche un'altra lunga digressione OT solo per discutere di quanto sbagliato e fuorviante sia il titolo della discussione, vero?



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    Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
    Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
    Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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