00 22/03/2013 00:22
Re: Re: Re:
Ajeje. .Brazorf, 21/03/2013 19:46:

Xostantinou, 21/03/2013 15:38:




Calcola che in mezzo c'erano i Parti, che avevano interesse affinché i due non si incontrassero direttamente.



Fossero stati solo i Parti... anche l'India va annoverata come polo di civiltà e ovunque non ci fosse una società stanziale pullulavano orde di popolazioni nomadi, le stesse che costrinsero i Cinesi a costruire la grande muraglia e che diedero il colpo decisivo all'impero romano. Potremmo annoverare questi popoli tra le "forze invisibili" difficili da censire e osservare direttamente ma che condizionano pesantemente e in modo determinante la storia. I Parti stessi erano cavalieri nomadi prima di entrare nelle città dell'impero seleucida, cavalieri nomadi erano anche gli Ottomani che si stanziarono in Turchia e conquistarono quel che restava di Roma a Costaninopoli. Purtroppo la storia non è una scienza esatta, e si possono inserire nelle equazioni determinati fenomeni solo dopo che si sono già verificati per il semplice fatto che sono impossibili da prevedere. In un ipotetico scontro tra Romani e Cinesi ad esempio le variabili che non stiamo calcolando sono tantissime, ci si concentra solo sul numero e sull'addestramento ma:

- quali caratteristiche morfologiche avrebbe avuto il terreno di un ipotetico campo di battaglia?
- se la guerra si fosse prolungata e la battaglia non fosse stata risolutiva, che sturmenti avevano le due parti per mandare avanti il conflitto e cercare di ottenere la vittoria?
- quali altre forze sarebbero scese in campo in favore di una o dell'altra parte o costituendo un nuovo polo a sé stante?
- nel caso di una guerra prolungata e lontana dalle proprie rispettive patrie che fluttuazioni avrebbero subito il morale dei rispettivi eserciti?


Prendiamo l'esempio di Roma e Cartagine: la superiorità dell'esercito terrestre di Roma è fuor di dubbio, ma allora come ha potuto Annibale infliggere così tante sconfitte ai Romani? Calcolando il numero di uomini schierabili e l'addestramento nessuno saprebbe rispondere, e così anche i discorsi che si tanno qui facendo su Romani e Cinesi sono un po' viziati e non arrivano al nocciolo della questione.



I Parti discendevano dagli antichi Parni, ed avevano un esercito costituito essenzialmente da cavalieri; arcieri a cavallo e cavalieri pesanti, che operavano in combinazione tattica. Proprio per il fatto che la cavalleria fosse predominante, le armate partiche non erano poliorcetiche; avevano grosse difficoltà ad assediare città, soprattutto se ben fortificate.
Tanto è vero che il Regno arsacide non conquistò mai le città seleucidiche più occidentali, non si espanse oltre l'Eufrate (che tra l'altro neppure presidiava con una flotta adeguata).

L'esercito romano era essenzialmente costituito da fanteria pesante; nei primi secoli ebbe gravi difficoltà ad affrontare le mobilissime cavallerie partiche di arcieri e catafratti. Ma nel II secolo a.c. le cose iniziarono a cambiare; Roma già schierava sul fronte orientale cospicue unità di cavalleria ausiliaria leggera (specialmente Mauritani), in grado di tener testa alla velocità degli arcieri parti; inoltre le legioni erano ormai protette da fuoco di sbarramento delle artiglierie, e tra esse primeggiavano le carrobaliste, assolutamente letali per qualsiasi cavaliere che tentasse di avvicinarsi ai legionari per bersagliarli con frecce.
L'esercito partico era formidabile per la coordinazione che sapeva operare con arcieri a cavallo e catafratti; ma i Romani ad un certo punto adottarono il pilum pesante, che aveva una sfera di piombo che lo rendeva molto potente all'impatto. I cavalieri pesanti catafratti dovettero subire gravi perdite contro dei legionari gli scagliavano addosso quei giavellotti micidiali; pertanto, nel II secolo a.c., la nobile cavalleria pesante arsacide venne progressivamente ritirata dai campi di battaglia.
Per non parlare della lorica segmentata dei legionari, la quale, grazie alle sue lamine in metallo, proteggeva dalle frecce partiche molto meglio della tradizionale lorica hamata dei legionari di Crasso molti secoli prima.

Se i Cinesi combattevano come i Parti, o similmente, credo che quanto da me esposto possa servire da indizio, o possa quantomeno dare una idea su come Roma avrebbe affrontato militarmente la Cina.


Annibale sconfisse Roma perché adottò delle tattiche innovative sconosciute ai Romani, e tra esse quella dell'avvolgimento. Il Barcide era un genio militare, pertanto un'eccezione e, per questo, non so fino a che punto il paragone da te offerto possa reggere.
Annibale seppe sfruttare un insieme di uomini diversamente equipaggiati, che combattevano secondo i propri vari costumi, e li adattò alla propria tattica. Annibale era un GENERALE di fanteria e, anche per questo, rappresentava un'eccezione rispetto a Cartagine, che aveva tutt'altra tradizione rispetto alla militare terrestre.


[Modificato da Iulianus Apostata 22/03/2013 00:33]
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IULIANUS IL VOLSCO

Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

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(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

-SOLDATO IGNOTO-

«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

-Platone, "libro delle leggi"-

«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

Gianni Granzotto, "Annibale"

«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

Gianni Granzotto,"Annibale"