Archita, 16/02/2013 18:32:
gli opliti erano costituite dalla aristocrazia cittadina che veniva addestrata con attività sportive che hanno dato origine ai giochi olimpici sopratutto nella corsa dimostrata a Maratona e le reclute venivano da un apposito funzionario detto gymnasiarchos e poi inviate a migliorare le doti fuori dalle poleis in fortificazioni o in operazioni di pattuglia.L'addestramento era orientato sopratutto sulla capacità di muoversi ad unisono e per il carattere falangitico ponevano in prima e ultima linea gli uomini meglio addestrati e al centro quelli meno preparati in modo da compensare con la disciplina di gruppo i difetti individuali. Le lance degli opliti erano mediamente circa 2 metri e di frassino ritenuto materiale di eccellente qualità per una lancia mentre le spade erano di vario tipo e raramente standard e non era raro che usassero le spade persiane. la Falange oplitica poteva vincere lo scontro se riusciva con la corsa a raggiungere la linea avversaria e a Maratona gli ateniesi lo hanno dimostrato anche se è pur vero che Maratona fu una vittoria per una serie di circostanze favorevoli che il genio tattico di Milziade ha sfruttato al massimo annullando il maggior punto di forza dei persiani quale era l'arco appunto con la corsa in pianura e ricercando lo scontro frontale dove l'oplita era decisamente superiore.
Sicuramente se si permetteva ai persiani il terreno piatto e "liscio" per la cavalleria e arcieri sarebbe stato fatale ma i greci lo sapevano benissimo e hanno vinto le battaglie decisive proprio sfruttando al meglio le circostanze e i terreni. Inoltre i persiani erano stati battuti anche nei terreni più favorevoli al loro modo di fare la guerra contro i macedoni ed era tenuto in conto il fatto che l'esercito persiano restava coesa se la catena di comando rimaneva intatta e si sfaldava o si indeboliva se si costringeva Dario a lasciare il campo come era uno dei concetti della strategia alessandrina.
Gli Spartani erano gli unici opliti greci professionisti, dediti alle esercitazioni militari fin dalla più tenera età.
Un professionismo che Sparta sosteneva sfruttando il lavoro servile di una larga popolazione di iloti, con i conseguenti pericoli di ribellioni, mentre per le altre città stato greche l'oplita era un dilettante poco addestrato, che combatteva solo nelle pause della propria attività e non costava nulla.
Uno dei più consolidati luoghi comuni della storia militare è che l'oplita greco fosse più addestrato e disciplinato del suo avversario persiano; in realtà l'oplita nasce tra la fine del secolo VIII e l'inizio del VII proprio per l'esigenza opposta: l'impossibilità materiale, o l'indisponibilità, del piccolo proprietario terriero greco di addestrarsi al servizio militare con continuità. Un rifiuto profondo, sottolineato da una reiterata e insistita convinzione dell'inutilità e della nocività dell'addestramento. Pericle, ad esempio, rimprovera gli spartani (che lo praticavano con costanza) di dedicarvi troppo tempo.
L'oplita è il miglior soldato che il cittadino greco potesse essere, un eccezionale esempio di economia di sforzi, non un brillante modello di organizzazione militare: per fare un oplita servono soprattutto molto denaro per l'equipaggiamento e forza bruta per sostenerne il peso (dai 15 ai 20 kg), mentre si possono minimizzare la necessità dell'addestramento, dell'organizzazione e del coraggio personale. Era assolutamente indispensabile, però, una dote in più, che al cittadino greco non mancava: il legame e la fiducia tra commilitoni.
E' l'unità organica della falange, che tiene assieme vecchi e giovani, più e meno ricchi, una unità di parenti, di sodali, di amici, quando non di amanti, con la sua intrinseca qualità egualitaria, a dare ai liberi greci la motivazione necessaria ad affrontare la terribile esperienza della guerra. Consapevoli che tutto il loro mondo è lì in quel momento e condivide lo stesso destino. Una solidità che era contemporaneamente la forza e l'intrinseca debolezza della falange, quando gli avversari erano in grado di trasformarla in rigidità.
Mosso dalla necessità di difendersi, il cittadino greco dedica ad essa soprattutto risorse materiali, dotandosi in primo luogo di una panoplia difensiva completa e costosissima, che aveva come elemento principale l'Hoplon che, a causa della sua forma circolare, non è però uno scudo particolarmente razionale. Uno scudo di forma allungata, infatti, ovale o rettangolare, rispetto ad uno scudo circolare segue meglio la forma del corpo umano e sfrutta con maggiore efficacia il peso del materiale, al costo, però, soprattutto di un maggiore addestramento, perché deve essere obbligatoriamente usato in verticale. Uno scudo circolare è invece più facile da usare, perché ha un orientamento obbligato, e l'Hoplon, con il suo metro circa di diametro, da un lato copriva più della metà del corpo umano, e dall'altro delimitava lo spazio che l'oplita doveva occupare sul campo di battaglia: teneva, insomma, automaticamente le distanze a destra e a sinistra, dando un preciso punto di riferimento per l'allineamento delle righe. Tenendo gli scudi sovrapposti l'uno all'altro, l'oplita poteva anche garantirsi una discreta protezione del proprio fianco destro, mantenendosi al riparo dello scudo impugnato dal commilitone immediatamente su quel fianco.
Come descrive accuratamente Tucidide narrando la battaglia di Mantineia del 418, questa attitudine generava una spontanea traslazione della falange verso destra durante le marce: cercando di coprirsi il più possibile sulla destra ci si avvicinava al compagno su quel lato, serrando a destra ma contemporaneamente spingendolo ancora po' più a destra ed allargando lo spazio sulla sinistra: ne seguiva una reazione a catena che faceva procedere tutta la formazione in diagonale. Questo movimento provocava il reciproco sopravanzarsi delle ali destre su quelle sinistre, che rischiavano di trovarsi circondate dall'avversario: non un piano preordinato, ma un avvenimento casuale che poteva essere adeguatamente sfruttato solo perché il comandante in capo si posizionava proprio all'estremità destra dello schieramento.
Grazie alla sua autorità ed esperienza, gli opliti che non trovavano avversari di fronte a loro, manovravano chiudendo verso il nemico, come avvenne a Maratona, con la sufficiente coerenza e solidità.
In effetti, l'unica necessità sul campo di battaglia della falange oplitica era la coesione: l'uomo che abbandonava i suoi ranghi per fuggire era dannoso quanto quello che, spinto da individualismo, cercava gloria personale; il muro di scudi doveva rimanere compatto, a costo di marciare più lentamente, come ad esempio preferivano fare gli spartani.
Era la compattezza dello sforzo a garantire la sinergia che poteva valere la vittoria e ogni perdita di coesione rischiava di sgretolare la falange sia fisicamente che moralmente; bastava anche una lieve sconnessione del terreno, o una pianura troppo ampia che lasciava i fianchi scoperti, per rendere irrimediabilmente vulnerabile la falange.
Un problema di equilibrio che incontrava il suo culmine durante l'attacco. L'esigenza psicologica di andare incontro al nemico per "farla finita e tornarsene a casa" si scontrava con la necessità di mantenere la freddezza e l'ordine.
Il successo di un attacco dipendeva da fattori in potenziale conflitto: con l'impeto giusto si poteva sferrare un colpo di lancia potentissimo, ma troppo impeto poteva far rimanere infilzati nelle lance degli avversari; con la velocità si acquisiva potenza, ma ci si distanziava contemporaneamente dai ranghi di supporto, col rischio di rimbalzare letteralmente contro una più lenta ma anche più compatta massa avversaria.
L'indisciplina delle falangi oplitiche, la loro ansia di concludere nel più breve tempo possibile l'esperienza della battaglia, rendeva difficile il raggiungimento di questo già precario equilibrio e fu all'origine di più di una sconfitta.
La lancia costituiva l'armamento principale dell'oplita. E' un'arma che non richiede addestramento particolare per essere usata, non ha una scherma ricca, né sarebbe possibile per l'oplita esercitarla, incapacitato nei movimenti dalla compattezza della falange.
Un potente colpo sottomano poteva essere vibrato al momento dell'impatto, diretto al ventre dell'avversario, eventualmente lasciato esposto dalla protezione degli scudi in una falange disordinata.
Quando le due falangi arrivavano a contatto di scudo, prevaleva l'azione di spinta tesa a far indietreggiare e alla fine rovesciare gli avversari: qui la coesione della falange era di vitale importanza, vuoi per esercitare la spinta più costante e potente, vuoi per tenere duro in caso di cedimento.
In queste mischie, chi aveva abbastanza mobilità e sostegno dai ranghi posteriori, usava la lancia sopramano, ferendo l'avversario nella parte superiore del corpo con colpi dall'alto verso il basso: azione di spinta e delle lance si sommavano, anche questa volta in un equilibrio precario e fragile.
Nel combattimento tra masse, i colpi venivano menati letteralmente alla cieca e per questo la cecità non veniva considerata un'infermità tale da giustificare il sottrarsi al proprio dovere di cittadini: Erodoto elogia il cieco Eurito, che alle Termopili si fece accompagnare in battaglia da un servitore, mentre gli spartani giudicarono codardo Aristodemo, cieco a sua volta, che a motivo della sua infermità si sottrasse alla battaglia.
Spesso la lancia si spezzava al primo, terribile urto, ed allora il combattimento poteva trasformarsi in una spasmodica lotta con il pezzo avanzato (che aveva un'apposita punta all'estremità), con la spada (specialità spartana, questa) o persino a mani nude.
L'oplita era un dilettante in armi, né pretendeva di essere qualcosa di più, anzi, con la solita eccezione degli spartani, diffidava profondamente delle mentalità e delle attitudini guerriere. Guerrieri sui generis, incapaci di tattiche sofisticate, il frutto peculiare della comunità di cittadini-agricoltori della Grecia antica: non si capirono con i romani, che disprezzavano il loro amore per gli esercizi ginnici, ritenuti inutili perché fini a se stessi e non indirizzati all'uso delle armi in guerra, figuriamoci se potevano capirsi coi persiani.
Non continuiamo a mischiare e confondere la guerra greca di V-IV secolo con quella ellenistica, che sono due cose ben diverse, un oplita non è un falangita.
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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.
"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."
"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."
"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."
"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."
"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”