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Ma Alessandro Magno come li "magnava" i persiani?

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    Costantinus
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    00 15/02/2013 22:43
    Effetivamente Persiani e Greci avevano entrambi pregi e difetti. Per i Greci essi erano sì democratici come nel caso degli Ateniesi, ma la democrazia era un privilegio riservato ai soli cittadini Ateniesi; quasi nessuno da Pericle in poi poteva entrare nel corpo civico. I Romani, che collocherei a metà strada tra loro e i Persiani, davano facilmente la cittadinanza ma non tutti i nuovi cittadini potevano votare e la forma di governo restava un'oligarchia timocratica. I Persiani concedevano libertà religiosa e di pensiero (non molto diversamente dai Romani, a dire il vero) ed erano più "raffinati" dei Greci. Ma nessun Persiano era libero, ognuno era suddito del Re dei Re e soggetto al suo volere.

    D'altro canto, diversamente da quello che si può pensare, i Persiani avevano un'ottima organizzazione statale che ai Greci mancava in gran parte; neanche per quanto riguarda l'arte e la letteratura si potrebbe dire che uno dei due sia nettamente superiore all'altro (sempre che il termine "superiore" sia ammissibile): da un lato l'ingegno greco, dall'altro la millenaria tradizione vicino-Orientale.

    Un'argomento su chiunque ne sappia poco a riguardo finirà per dire: ma i Persiani schiavizzavano la loro popolazione o comunque era soggetta ad un potere assoluto ed arbitrario mentre per i Greci non era così.
    Formalmente è corretto, ma realmente è errato. Gli Spartani hanno schiavizzato gli Iloti e costretto i Perieci ad una forma permanente di schiavitù i primi e di semi-libertà i secondi, ed essi nel complesso costituivano la stragrande maggioranza della popolazione spartana. La Macedonia ha assoggettato le città greche, che hanno perso qualsiasi forma di libertà. La stessa Atene, ha formato la lega delio-Attica, di cui è diventata dominatrice, ed è arrivata a dirottare le finanze della lega, in teoria destinate alla guerra contro la Persia, nelle proprie casse pubbliche, e così riuscire a mantenere gli altissimi costi della democrazia.
    Insomma, la "schiavizzazione" persiana sembra più evidente perchè dietro c'era uno Stato ben organizzato e amministrato, mentre in Grecia quello che saltano all'occhio sono le guerre intestine e non che i vincitori di queste finivano per comportarsi in modo simile ai Persiani (pensate a Sparta che impose i trenta Tiranni su Atene alla fine della guerra del Peloponneso).

    In definitiva, bisogna comprendere che qualsiasi presunta "superiorità" della Grecia, sia essa la democrazia, l'arte, la letteratura, l'ingegneria, la filosofia, l'oratoria e la retorica, era un mezzo per perseguire la superiorità della propria polis e che NESSUN cittadino di queste poleis era disposto a condividere questi privilegi con altri Greci se non in casi eccezionali.

    Concludo citando un caso eclatante: Aristotele, originario di Stagira nella Calcidica, per vivere ad Atene doveva subire l'onta di pagare il metoikion, la tassa di 12 dracme annue su tutti i cittadini liberi non Ateniesi (sia Greci che stranieri che liberti) residenti nell' Attica, e non riuscì mai a diventare cittadino Ateniese (operazione difficile, lunga e costosa).
    [Modificato da Costantinus 15/02/2013 22:50]

    ___________________________________________

    "Vi abbiamo insegnato a distinguere se (i legionari che incontrerete) sono delle reclute o se sono veterani. Se sono reclute potete provare ad affrontarli; se sono veterani tiragli addosso tutto quello che avete e scappate il più in fretta possibile." (discorso di Flavio Giuseppe ai suoi soldati)

    "A nessuno capita qualcosa che non sia in grado di sopportare" (Marco Aurelio)

    "Se avessi avuto simili soldati avrei conquistato il mondo" (Pirro, riguardo i legionari romani)

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    AlessandroHD
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    Immunes
    00 16/02/2013 10:14
    Peró alla fine la storia è andata così come sappiamo.
    I Persiani avevano si una buona organizzazione ma col tempo essa venne lacerata da invidia e corruzione. Ci sono anche esempi di guerre civili, basta leggere Senofonte. Ai tempi moderni gli stessi stati uniti o la russia non sopravviverebbero se non fossero una federazione.
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    Xostantinou
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    00 16/02/2013 11:22
    Re:
    Archita, 15/02/2013 22:00:


    Augusto.Carducci, 15/02/2013 21:34:

    diciamo che l'esercito persiano sui monti dei balcani, e dell'italia stessa faceva abbastanza ridere, milioni di frecce nelle foreste? cavallerie pesanti e leggere in montagne e foreste?. La fanteria non a caso si è sviluppata ed evoluta in europa. nelle foreste solo quella puoi usare, e del resto Roma ci conquistò tutta l'europa, finchè non ebbe bisogno dei cavalli e degli archi (mercenari ed ausiliari) proprio quando arrivò in territori dell'ex persia.

    la grecia stessa difatti si è mostrata impraticabile per le loro armate; un'eccezione in grecia per la fantastoria ok, ma tutta la penisola mmmm ho i miei serissimi dubbi.



    era pur vero che i persiani avevano accampamenti giganteschi e sistemi e servizi di grandi dimensioni ma a differenza dei romani ( e anche dei macedoni ) mancava il trasporto individuale e di conseguenza si venivano a creare enormi colonne logistiche e credo che renderebbe l'esercito persiano vulnerabile in profondità del territorio balcanico a meno che non si ripetesse la consueta strategia adottata contro i greci di percorrere la costa illirica facendosi seguire dalla flotta e magari alla fine farsi alleati i volubili galli contro i romani evitando quindi i cartaginesi sul mare e l'alto rischio di tempeste. Un vantaggio notevole che i persiani hanno sul campo contro i romani è che i romani hanno quel sistema inefficiente dei due consoli e dei temporanei mandati di comando che è stata a lungo il punto più debole della loro organizzazione e forse si replicherebbe una sorta di guerra annibalica di vittorie persiane prima che il comando romano passi ad un comandante capace come è avvenuto con Scipione.



    I Persiani non erano stupidi, non avrebbero di certo usato arcieri a cavallo nei boschi, infatti disponevano di un'ottima fanteria leggera e media per gli scenari in cui la fanteria pesante (soprattutto quella rigida delle falangi) e le cavallerie erano inutilizzabili.
    La fanteria persiana sarebbe stata paragonabile a quella italica, illirica, tracia ed iberica, contro le quali Roma pagò tributi di sangue altissimi prima di rimodellare la legione in modo da ottenere una flessibilità adeguata rimanendo comunque una fanteria pesante.

    Sempre restando in tema della "non stupidità" persiana, la strategia che avrei usato io sarebbe stata proprio quella della marcia lungo la costa con il supporto logistico della flotta, nemmeno Filippo ed Alessandro trovarono interessante spingersi troppo all'interno nei Balcani, infatti si fermarono più o meno sulla Maritsa, non arrivarono nemmeno al Danubio.



    ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
    Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
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    Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    Archita
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    00 16/02/2013 12:48
    comunque la Storia ha dimostrato che i persiani sono coesi finchè resta al comando il Re dei Re sul campo e la strategia di Iskander era perfetta su quel punto debole poi la superiorità del numero e delle frecce e della cavalleria non ha prevalso sulla fanteria pesante mediterranea pesantemente protetta. Sarebbe curioso immaginare un confronto con l'innovativo sistema manipolare romano che tutto sommato ha avuto anche esso la fortuna di scontrarsi non con le micidiali falangi delle guerre persiane ma l'ombra di esse e in rare circostanze di scontro frontale "regolare".
    non abbiate pietà dei nemici! vittoria,vittoria e sempre vittoria!!!!

    http://www.storiainpoltrona.com/
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    00 16/02/2013 13:10
    Potete spiegarmi come funzionava il reclutamento durante la dinastia achemenide?


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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    Archita
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    Praefectus Fabrum
    00 16/02/2013 14:07
    in pratica i persiani erano obbligati ad esercitazioni militari in età molto precoce e il servizio militare vero e proprio iniziava a 20 anni e durava per quattro o dieci anni ( a seconda delle fonti ) e reclutati in numero di 50 bandaka ( sudditi ) per ogni nobile ( azata ) e l'unità base era il reggimento di 1000 uomini ( hazarabam )e i reggimenti erano uniti da un unità strategica superiore "divisione" detta baivarabam e la massa di fanteria era costituita da fanteria leggera detta "sparabara" per i loro scudi "spara" mentre vi era la riserva territoriale costituita dagli arstibaracostituita da truppe locali e mercenari.
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    Xostantinou
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    00 16/02/2013 14:23
    Re:
    Archita, 16/02/2013 12:48:

    comunque la Storia ha dimostrato che i persiani sono coesi finchè resta al comando il Re dei Re sul campo e la strategia di Iskander era perfetta su quel punto debole poi la superiorità del numero e delle frecce e della cavalleria non ha prevalso sulla fanteria pesante mediterranea pesantemente protetta. Sarebbe curioso immaginare un confronto con l'innovativo sistema manipolare romano che tutto sommato ha avuto anche esso la fortuna di scontrarsi non con le micidiali falangi delle guerre persiane ma l'ombra di esse e in rare circostanze di scontro frontale "regolare".



    le falangi di opliti delle guerre persiane erano tutt'altro che micidiali, a confronto con quelle macedoni, molto più piccole di numero, senza addestramento o quasi, molto più rigide e lente, con armi più corte...un esercito leggero come quello persiano poteva distruggerle facilmente a meno di non concedere loro appunto di combattere in una posizione favorevole come le Termopili.

    La fanteria pesante è un mito postumo, le legioni diventano pesantemente corazzate solo durante le guerre civili, mentre le falangi sono vestite molto alla leggera a differenza degli opliti del V secolo.
    Come protezione si equivalevano con i persiani, a parte forse gli scudi, che in occidente erano di legno rinforzato con ferro, visto che il combattimento era quasi esclusivamente corpo a corpo, mentre gli scudi orientali erano principalmente in vimini intrecciati in quanto si combatteva a distanza ed in velocità.

    Il discorso del sistema manipolare apre una questione che fino a questo momento non abbiamo chiarito...in che periodo collochiamo questa ipotetica espansione persiana?

    Curiosità...perché continui a chiamare Alessandro con il nome turco?



    Legio XIII gemina, 16/02/2013 13:10:

    Potete spiegarmi come funzionava il reclutamento durante la dinastia achemenide?



    www.kavehfarrokh.com/achaemenids/professor-shapour-shahbazi-the-achaemen...

    L'esercito persiano non era affatto una moltitudine feroce, primitiva e indisciplinata, ma uno strumento militare molto più avanzato di quello greco soprattutto sotto il profilo della manovra e delle armi combinate.
    Cavalleria, fanteria pesante e fanterie leggere, infatti, agivano in stretto coordinamento tra loro e, come narra Erodoto, vennero addestrate per anni prima delle campagne di Dario e Serse: nulla a che vedere con il precario addestramento degli opliti greci.
    L'arco, arma in uso praticamente in tutte le truppe persiane, richiede un addestramento intenso e costante, sia individuale che collettivo, e così anche la cavalleria e le truppe leggere.
    Mantenere una formazione di cavalleria o indietreggiare per poi avanzare nuovamente per riportarsi a tiro, non sono cose che si improvvisano, e comunque i greci non erano in grado di farle.
    I bassorilievi di Persepoli e di Susa, poi, ci illustrano le fanterie achemenidi marciare ordinate e composte: si ipotizza si tratti degli immortali, ma non ce n'è prova concreta. In ogni caso quelle rappresentazioni non sono il manifesto di un'orda primitiva.
    D'altra parte la nobiltà persiana veniva addestrata all'uso delle armi fin dall'infanzia in modo sistematico: imparavano a combattere sia a piedi che a cavallo, con lancia, giavellotto e arco, e dovevano padroneggiare tutte queste tecniche di combattimento con uguale abilità.



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    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
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    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

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    00 16/02/2013 15:06
    Grazie Archita e Xostantinou


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    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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    Archita
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    Praefectus Fabrum
    00 16/02/2013 18:32
    gli opliti erano costituite dalla aristocrazia cittadina che veniva addestrata con attività sportive che hanno dato origine ai giochi olimpici sopratutto nella corsa dimostrata a Maratona e le reclute venivano da un apposito funzionario detto gymnasiarchos e poi inviate a migliorare le doti fuori dalle poleis in fortificazioni o in operazioni di pattuglia.L'addestramento era orientato sopratutto sulla capacità di muoversi ad unisono e per il carattere falangitico ponevano in prima e ultima linea gli uomini meglio addestrati e al centro quelli meno preparati in modo da compensare con la disciplina di gruppo i difetti individuali. Le lance degli opliti erano mediamente circa 2 metri e di frassino ritenuto materiale di eccellente qualità per una lancia mentre le spade erano di vario tipo e raramente standard e non era raro che usassero le spade persiane. la Falange oplitica poteva vincere lo scontro se riusciva con la corsa a raggiungere la linea avversaria e a Maratona gli ateniesi lo hanno dimostrato anche se è pur vero che Maratona fu una vittoria per una serie di circostanze favorevoli che il genio tattico di Milziade ha sfruttato al massimo annullando il maggior punto di forza dei persiani quale era l'arco appunto con la corsa in pianura e ricercando lo scontro frontale dove l'oplita era decisamente superiore.

    Sicuramente se si permetteva ai persiani il terreno piatto e "liscio" per la cavalleria e arcieri sarebbe stato fatale ma i greci lo sapevano benissimo e hanno vinto le battaglie decisive proprio sfruttando al meglio le circostanze e i terreni. Inoltre i persiani erano stati battuti anche nei terreni più favorevoli al loro modo di fare la guerra contro i macedoni ed era tenuto in conto il fatto che l'esercito persiano restava coesa se la catena di comando rimaneva intatta e si sfaldava o si indeboliva se si costringeva Dario a lasciare il campo come era uno dei concetti della strategia alessandrina.
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    Augusto.Carducci
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    Fabbro del forum
    00 17/02/2013 09:32
    attenzione però, se diamo come date di espansione in europa la campagna Perisiana in grecia, quindi nel 450 aC circa, Roma, con tutto il bene, non avrebbe potuto fare un accidenti di niente.
    all'epoca difatti l'esercito romano era ben altro che quello manipolare che conosciamo tutti, e combatteva molto similmente agli eserciti oplitici greci.
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    Xostantinou
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    00 17/02/2013 10:53
    Re:
    Archita, 16/02/2013 18:32:

    gli opliti erano costituite dalla aristocrazia cittadina che veniva addestrata con attività sportive che hanno dato origine ai giochi olimpici sopratutto nella corsa dimostrata a Maratona e le reclute venivano da un apposito funzionario detto gymnasiarchos e poi inviate a migliorare le doti fuori dalle poleis in fortificazioni o in operazioni di pattuglia.L'addestramento era orientato sopratutto sulla capacità di muoversi ad unisono e per il carattere falangitico ponevano in prima e ultima linea gli uomini meglio addestrati e al centro quelli meno preparati in modo da compensare con la disciplina di gruppo i difetti individuali. Le lance degli opliti erano mediamente circa 2 metri e di frassino ritenuto materiale di eccellente qualità per una lancia mentre le spade erano di vario tipo e raramente standard e non era raro che usassero le spade persiane. la Falange oplitica poteva vincere lo scontro se riusciva con la corsa a raggiungere la linea avversaria e a Maratona gli ateniesi lo hanno dimostrato anche se è pur vero che Maratona fu una vittoria per una serie di circostanze favorevoli che il genio tattico di Milziade ha sfruttato al massimo annullando il maggior punto di forza dei persiani quale era l'arco appunto con la corsa in pianura e ricercando lo scontro frontale dove l'oplita era decisamente superiore.

    Sicuramente se si permetteva ai persiani il terreno piatto e "liscio" per la cavalleria e arcieri sarebbe stato fatale ma i greci lo sapevano benissimo e hanno vinto le battaglie decisive proprio sfruttando al meglio le circostanze e i terreni. Inoltre i persiani erano stati battuti anche nei terreni più favorevoli al loro modo di fare la guerra contro i macedoni ed era tenuto in conto il fatto che l'esercito persiano restava coesa se la catena di comando rimaneva intatta e si sfaldava o si indeboliva se si costringeva Dario a lasciare il campo come era uno dei concetti della strategia alessandrina.



    Gli Spartani erano gli unici opliti greci professionisti, dediti alle esercitazioni militari fin dalla più tenera età.
    Un professionismo che Sparta sosteneva sfruttando il lavoro servile di una larga popolazione di iloti, con i conseguenti pericoli di ribellioni, mentre per le altre città stato greche l'oplita era un dilettante poco addestrato, che combatteva solo nelle pause della propria attività e non costava nulla.
    Uno dei più consolidati luoghi comuni della storia militare è che l'oplita greco fosse più addestrato e disciplinato del suo avversario persiano; in realtà l'oplita nasce tra la fine del secolo VIII e l'inizio del VII proprio per l'esigenza opposta: l'impossibilità materiale, o l'indisponibilità, del piccolo proprietario terriero greco di addestrarsi al servizio militare con continuità. Un rifiuto profondo, sottolineato da una reiterata e insistita convinzione dell'inutilità e della nocività dell'addestramento. Pericle, ad esempio, rimprovera gli spartani (che lo praticavano con costanza) di dedicarvi troppo tempo.
    L'oplita è il miglior soldato che il cittadino greco potesse essere, un eccezionale esempio di economia di sforzi, non un brillante modello di organizzazione militare: per fare un oplita servono soprattutto molto denaro per l'equipaggiamento e forza bruta per sostenerne il peso (dai 15 ai 20 kg), mentre si possono minimizzare la necessità dell'addestramento, dell'organizzazione e del coraggio personale. Era assolutamente indispensabile, però, una dote in più, che al cittadino greco non mancava: il legame e la fiducia tra commilitoni.
    E' l'unità organica della falange, che tiene assieme vecchi e giovani, più e meno ricchi, una unità di parenti, di sodali, di amici, quando non di amanti, con la sua intrinseca qualità egualitaria, a dare ai liberi greci la motivazione necessaria ad affrontare la terribile esperienza della guerra. Consapevoli che tutto il loro mondo è lì in quel momento e condivide lo stesso destino. Una solidità che era contemporaneamente la forza e l'intrinseca debolezza della falange, quando gli avversari erano in grado di trasformarla in rigidità.
    Mosso dalla necessità di difendersi, il cittadino greco dedica ad essa soprattutto risorse materiali, dotandosi in primo luogo di una panoplia difensiva completa e costosissima, che aveva come elemento principale l'Hoplon che, a causa della sua forma circolare, non è però uno scudo particolarmente razionale. Uno scudo di forma allungata, infatti, ovale o rettangolare, rispetto ad uno scudo circolare segue meglio la forma del corpo umano e sfrutta con maggiore efficacia il peso del materiale, al costo, però, soprattutto di un maggiore addestramento, perché deve essere obbligatoriamente usato in verticale. Uno scudo circolare è invece più facile da usare, perché ha un orientamento obbligato, e l'Hoplon, con il suo metro circa di diametro, da un lato copriva più della metà del corpo umano, e dall'altro delimitava lo spazio che l'oplita doveva occupare sul campo di battaglia: teneva, insomma, automaticamente le distanze a destra e a sinistra, dando un preciso punto di riferimento per l'allineamento delle righe. Tenendo gli scudi sovrapposti l'uno all'altro, l'oplita poteva anche garantirsi una discreta protezione del proprio fianco destro, mantenendosi al riparo dello scudo impugnato dal commilitone immediatamente su quel fianco.
    Come descrive accuratamente Tucidide narrando la battaglia di Mantineia del 418, questa attitudine generava una spontanea traslazione della falange verso destra durante le marce: cercando di coprirsi il più possibile sulla destra ci si avvicinava al compagno su quel lato, serrando a destra ma contemporaneamente spingendolo ancora po' più a destra ed allargando lo spazio sulla sinistra: ne seguiva una reazione a catena che faceva procedere tutta la formazione in diagonale. Questo movimento provocava il reciproco sopravanzarsi delle ali destre su quelle sinistre, che rischiavano di trovarsi circondate dall'avversario: non un piano preordinato, ma un avvenimento casuale che poteva essere adeguatamente sfruttato solo perché il comandante in capo si posizionava proprio all'estremità destra dello schieramento.
    Grazie alla sua autorità ed esperienza, gli opliti che non trovavano avversari di fronte a loro, manovravano chiudendo verso il nemico, come avvenne a Maratona, con la sufficiente coerenza e solidità.
    In effetti, l'unica necessità sul campo di battaglia della falange oplitica era la coesione: l'uomo che abbandonava i suoi ranghi per fuggire era dannoso quanto quello che, spinto da individualismo, cercava gloria personale; il muro di scudi doveva rimanere compatto, a costo di marciare più lentamente, come ad esempio preferivano fare gli spartani.
    Era la compattezza dello sforzo a garantire la sinergia che poteva valere la vittoria e ogni perdita di coesione rischiava di sgretolare la falange sia fisicamente che moralmente; bastava anche una lieve sconnessione del terreno, o una pianura troppo ampia che lasciava i fianchi scoperti, per rendere irrimediabilmente vulnerabile la falange.
    Un problema di equilibrio che incontrava il suo culmine durante l'attacco. L'esigenza psicologica di andare incontro al nemico per "farla finita e tornarsene a casa" si scontrava con la necessità di mantenere la freddezza e l'ordine.
    Il successo di un attacco dipendeva da fattori in potenziale conflitto: con l'impeto giusto si poteva sferrare un colpo di lancia potentissimo, ma troppo impeto poteva far rimanere infilzati nelle lance degli avversari; con la velocità si acquisiva potenza, ma ci si distanziava contemporaneamente dai ranghi di supporto, col rischio di rimbalzare letteralmente contro una più lenta ma anche più compatta massa avversaria.
    L'indisciplina delle falangi oplitiche, la loro ansia di concludere nel più breve tempo possibile l'esperienza della battaglia, rendeva difficile il raggiungimento di questo già precario equilibrio e fu all'origine di più di una sconfitta.
    La lancia costituiva l'armamento principale dell'oplita. E' un'arma che non richiede addestramento particolare per essere usata, non ha una scherma ricca, né sarebbe possibile per l'oplita esercitarla, incapacitato nei movimenti dalla compattezza della falange.
    Un potente colpo sottomano poteva essere vibrato al momento dell'impatto, diretto al ventre dell'avversario, eventualmente lasciato esposto dalla protezione degli scudi in una falange disordinata.
    Quando le due falangi arrivavano a contatto di scudo, prevaleva l'azione di spinta tesa a far indietreggiare e alla fine rovesciare gli avversari: qui la coesione della falange era di vitale importanza, vuoi per esercitare la spinta più costante e potente, vuoi per tenere duro in caso di cedimento.
    In queste mischie, chi aveva abbastanza mobilità e sostegno dai ranghi posteriori, usava la lancia sopramano, ferendo l'avversario nella parte superiore del corpo con colpi dall'alto verso il basso: azione di spinta e delle lance si sommavano, anche questa volta in un equilibrio precario e fragile.
    Nel combattimento tra masse, i colpi venivano menati letteralmente alla cieca e per questo la cecità non veniva considerata un'infermità tale da giustificare il sottrarsi al proprio dovere di cittadini: Erodoto elogia il cieco Eurito, che alle Termopili si fece accompagnare in battaglia da un servitore, mentre gli spartani giudicarono codardo Aristodemo, cieco a sua volta, che a motivo della sua infermità si sottrasse alla battaglia.
    Spesso la lancia si spezzava al primo, terribile urto, ed allora il combattimento poteva trasformarsi in una spasmodica lotta con il pezzo avanzato (che aveva un'apposita punta all'estremità), con la spada (specialità spartana, questa) o persino a mani nude.
    L'oplita era un dilettante in armi, né pretendeva di essere qualcosa di più, anzi, con la solita eccezione degli spartani, diffidava profondamente delle mentalità e delle attitudini guerriere. Guerrieri sui generis, incapaci di tattiche sofisticate, il frutto peculiare della comunità di cittadini-agricoltori della Grecia antica: non si capirono con i romani, che disprezzavano il loro amore per gli esercizi ginnici, ritenuti inutili perché fini a se stessi e non indirizzati all'uso delle armi in guerra, figuriamoci se potevano capirsi coi persiani.



    Non continuiamo a mischiare e confondere la guerra greca di V-IV secolo con quella ellenistica, che sono due cose ben diverse, un oplita non è un falangita.






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    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    00 17/02/2013 13:14
    Re: Re:
    Xostantinou, 17/02/2013 10:53:



    L'oplita era un dilettante in armi, né pretendeva di essere qualcosa di più, anzi, con la solita eccezione degli spartani, diffidava profondamente delle mentalità e delle attitudini guerriere. Guerrieri sui generis, incapaci di tattiche sofisticate, il frutto peculiare della comunità di cittadini-agricoltori della Grecia antica: non si capirono con i romani, che disprezzavano il loro amore per gli esercizi ginnici, ritenuti inutili perché fini a se stessi e non indirizzati all'uso delle armi in guerra, figuriamoci se potevano capirsi coi persiani.
    Non continuiamo a mischiare e confondere la guerra greca di V-IV secolo con quella ellenistica, che sono due cose ben diverse, un oplita non è un falangita.



    sono d'accordo sul concetto che gli spartani siano i migliori opliti dell'Ellade però non sono propriamente d'accordo sul concetto di dilettante cittadino poichè i giochi ginnici tanto disprezzati dai romani erano concepiti proprio allo scopo di allenare i futuri componenti della falange oplitica alla corsa ( l'hoplitodromos ) e al combattimento individuale con una sorta di "danze rituali" comunemente definite "danza pirrica" e ogni "efebo" ( la recluta ) era addestrato da un anziano dando origine poi al mito degli amanti e al ricorrente carattere omosessuale dei greci ( bersaglio preferito dei critici romani ). Inoltre gli opliti erano della classe più ricca della poleis e aveva il tempo per le esercitazioni e attività sportive ed esistevano allenatori speciali ( hoplomachoi ) che allenavano chi lo desiderava al combattimento corpo a corpo che in genere era meno tenuto in conto proprio per il carattere collettivo degli opliti. Comunque anche i persiani non erano specialisti nel corpo a corpo a parte reparti d'elite e difatti a resistere all'urto con gli opliti ( sfavoriti dal terreno ricco di sterpaglie ) fu il centro mentre le ali si dissolsero e in genere nelle successive battaglie i persiani preferivano affrontare gli opliti dietro a pareti allineati detti "spara". Comunque si ribadisce il fatto che i persiani non ebbero spesso occasione di sfruttare al meglio le potenzialità poichè i greci hanno giocato "in casa" sfruttando occasioni e terreni e commesso generalmente meno errori strategici e ovviamente sostenuti dalla fortuna e dal coraggio di personalità eccezionali quali Milziade e Pausania ( sopratutto il primo per l'audacia ).

    I persiani potevano vincere a Maratona ma Dati ha preferito non muoversi e ha commesso l'errore di portare via la cavalleria che avrebbe potuto avere il suo peso nella battaglia cambiando forse l'esito della Storia.


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    00 17/02/2013 16:05
    Beh hanno forse perso per arroganza o cosa?
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    00 17/02/2013 16:51
    Peccato che le uniche tradizioni volte alla preparazione bellica, come appunto le pirriche, fossero una esclusiva spartana, come scritto sopra.

    Gli atleti greci non erano tali in virtù della guerra, come spiegato sopra, gli ideali atletici ed estetici greci cozzavano con le esigenze belliche, infatti a combattere erano in primis i proprietari terrieri, avvezzi alle fatiche quotidiane nei campi.
    Non era una fantomatica "aristocrazia" a combattere come oplita, anche perché quella classe non esisteva nelle poleis, bensì tutti i cittadini prestavano servizio, e non erano di certo allenati ed addestrati come accadeva a Sparta.
    Sparta era LA SOLA eccezione, non la regola.

    I Persiani a Maratona sottovalutarono i greci, anche se avevano già affrontato le falangi delle poleis dell'Asia Minore e quindi conoscevano abbastanza bene questo modo di combattere, anche se i campi di battaglia anatolici furono troppo spesso favorevoli alle strategie persiane.


    La mattina dell'11 settembre l'esercito greco era schierato all'imbocco meridionale della piana di Maratona, presso il tempio di Ercole, a cavallo della strada principale che conduceva ad Atene, o forse al riparo delle vicine colline.
    Ai 9.000-10.000 opliti ateniesi, circa 900-1.000 per ciascuna delle 10 tribù in cui era suddivisa la popolazione della città, si erano da poco aggiunti 1.000 opliti alleati di Platea.
    Milziade e Callimaco avevano schierato la falange in una formazione sottile al centro (probabilmente i contingenti di un paio di tribù schierati su 4 ranghi) e della profondità normale (8 ranghi) sulle ali. Così la fronte della falange era pari a quella degli avversari e di lunghezza attorno ai 1.500 metri. Ad una falange poteva capitare di trovarsi con la fronte più corta di quella avversaria, e quindi a rischio di aggiramento, ma l'espediente di assottigliare il centro per porvi rimedio è unico nel suo genere per l'epoca.
    Sulla formazione e sulla quantità dei persiani, Erodoto non dà molte informazioni: sappiamo che il centro dello schieramento era tenuto da persiani e sciti e, avendo i greci assottigliato la propria formazione per pareggiare quella avversaria, i persiani erano sicuramente più numerosi.
    L'organizzazione militare persiana era decimale: fila di 10 uomini, "reggimenti" (hazarabam, ovvero "migliaia") di 1.000, "divisioni" (baivarabam "diecina di migliaia") di 10.000, quindi gli arstibara (portatori di lancia) persiani schierati al centro avevano un bel vantaggio numerico contro i loro diretti avversari: 10 contro 4.
    Gli sciti erano tradizionalmente degli arcieri e si schierarono davanti ai persiani come schermagliatori, e non ai loro fianchi. Nulla sappiamo delle truppe sulle ali: possiamo congetturare che ci fossero anche gli opliti di Ippia, o quelli reclutati da Dati e Artaferne tra Ioni e Eoli e nella scorreria navale tra le isole greche, cosa che giustificherebbe la loro scarsa prestazione in battaglia.
    Che i greci fossero fronteggiati anche da opliti ne dà testimonianza indiretta Erodoto, raccontandoci di come un certo Epizelo perdesse la vista in combattimento quando era stato fronteggiato da un gigantesco oplita barbuto che aveva poi ucciso un suo commilitone.
    Di cavalleria persiana Erodoto non parla, e sicuramente, almeno nella fase iniziale del combattimento, non doveva essere schierata. Un indizio che la cavalleria fosse presente è un bassorilievo attualmente custodito a Brescia, copia di un dipinto greco, che testimonia la presenza di un cavaliere persiano durante la battaglia.
    Non va dimenticato, poi, che l'esercito persiano era diviso: una parte di esso era poco distante, ma comunque troppo distante, sull'isola di Agilia, a guardia dei prigionieri che dovevano essere portati a Dario.
    Vuoto per pieno, anche considerando uno schieramento su due linee, i persiani non erano più di 20.000, anzi probabilmente prossimi ai 15.000: un baivarabam di arstibara occupa 900-1.000 metri di terreno, 4.000 opliti alleati o 5.000 (mezzo baivarabam) persiani, schierati alle ali, necessitano di altri 450 metri circa, che ci portano allo stesso fronte della falange greca.
    La distanza tra i due schieramenti era di circa 1.500 metri (8 stadi): i greci la percorsero molto rapidamente, a passo doppio per la parte iniziale e di corsa negli ultimi 100-200 metri, in buona approssimazione impiegandoci una quindicina di minuti.
    Il rischio che la falange si scompaginasse era enorme, e forse quell'ultimo tratto di corsa non era preventivato. Comunque sia, quello che i greci persero in coesione lo guadagnarono in impeto.
    I persiani erano molto probabilmente già schierati e preparati a ricevere i greci: puntavano ad una battaglia di sganciamento, uno scontro che doveva premettere alla spedizione di riprendere il mare senza troppe perdite dopo l'inconcludente fase di stallo a cui erano riusciti ad imbrigliare i greci con lo sbarco a Maratona.
    L'effetto sorpresa dovette essere comunque notevole, soprattutto per la brevità del tempo che gli opliti impiegarono per coprire la terra di nessuno, minimizzando anche il tempo durante il quale sarebbero stati vulnerabili alle frecce persiane.
    Ma non è su questo aspetto che Erodoto insiste: secondo lo storico greco la cosa che più stupì i persiani (non meno degli stessi greci) fu il coraggio e la combattività degli ateniesi, che "furono i primi tra tutti i greci, a nostra conoscenza, a tollerare la vista dell'abbigliamento medo e degli uomini che lo vestivano; fino ad allora ai greci faceva paura anche semplicemente udire il nome dei Medi".
    Il combattimento fu subito molto aspro: i persiani, subentrati al centro agli schermagliatori sciti, ebbero la meglio sugli ateniesi, facendo collassare le tribù centrali, ma sulle ali i greci travolsero i loro oppositori mettendoli in fuga.
    "Si combatté a lungo", sottolinea Erodoto, e questa asserzione va interpretata rispetto alla relativa lunghezza di una battaglia oplitica: dopo un'ora di combattimento l'oplita era infatti spossato, anche per il solo peso delle armi che indossava.
    Nonostante quindici minuti di intensa camminata e un tempo più o meno analogo di combattimento, le vittoriose ali greche, anziché abbandonarsi all'inseguimento dei loro avversari in rotta, mantennero il controllo e la lucidità necessaria a riorganizzarsi sul posto ed a convergere sul centro persiano.
    Questa manovra, non semplice per una falange oplita, fu effettuata con tanta efficacia da rivelarsi vincente: come sappiamo, il superamento dell'ala destra era spesso spontaneo, e portava ad un aggiramento cui gli opliti erano in qualche misura abituati, ma che la stessa manovra avvenisse anche sull'ala sinistra era una novità.
    Il combattimento riprese con un notevole vantaggio tattico per i greci, che alla fine prevalsero, inseguendo i persiani fino alle navi.
    Se le supposizioni per lo schieramento sono corrette, circa 10.000 persiani si trovarono a combattere contro 8-9.000 greci che erano calati sui loro fianchi.
    Prima di farsi chiudere in una sacca, i persiani ruppero ed i greci si precipitarono dietro a loro.
    Questo inseguimento è rimasto particolarmente impresso nell'immaginario degli ateniesi: Pausania, nel suo "viaggio in Grecia", descrive un dipinto celebrativo di questa fase della battaglia ad Atene, ed Aristofane nella sua commedia "gli Acarnesi" spiega che i veterani di Maratona, per evocare ai giovani il senso profondo della battaglia, bastava dicessero "inseguivamo".
    In effetti gli ateniesi dovettero metterci l'anima nell'inseguimento: avevano corso, avevano combattuto ed ora stavano spendendo le ultime risorse fisiche e morali per raggiungere i persiani, e soprattutto le loro triremi, fin tanto che erano presso la riva.
    I persiani, più freschi e più leggermente equipaggiati, dovevano essere una preda difficile da prendere, eppure molti di essi vennero uccisi durate la rotta. Alcuni finirono nella grande palude ed affogarono.
    Numerose, però, furono anche le perdite greche: il polemarca Callimaco e "molti ateniesi illustri" caddero proprio nel tentativo di raggiungere le navi per bruciarle.
    "Inseguirono i persiani in fuga facendone strage, finché, giunti sulla riva del mare, ricorsero al fuoco e cercarono di catturare le navi": sorvolando sulla contraddizione di voler catturare le navi bruciandole e sul problema di come si poteva "ricorrere al fuoco" in quelle condizioni: a meno che, come ho ipotizzato, almeno una parte del campo persiano si trovasse, con i suoi fuochi, in prossimità della riva del mare presso l'approdo della flotta.
    Alla fine lo storico greco comunque non parla di navi distrutte dal fuoco, ma conta solo 7 triremi "catturate".
    Le altre riuscirono a prendere il largo indisturbate, perché i greci, paghi del risultato ottenuto e stremati dalla fatica (5-6 kilometri di corsa campestre in panoplia ed un paio d'ore di combattimenti) interruppero l'inseguimento o non fecero in tempo a raggiungerle. O forse, finalmente, la cavalleria persiana comparve sul campo di battaglia, costringendo i greci ad una ritirata precipitosa.
    La cifra di 7 triremi catturate ci aiuta anche a valutare l'entità delle perdite persiane: 6.400 uomini afferma Erodoto.
    Secondo molti studiosi è un numero sospetto soprattutto in relazione ai 192 greci morti citati da Erodoto: infatti 192 x 33,33 = 6.400. Probabilmente equivale a dire che i morti persiani furono molti di più di quelli greci.
    Tuttavia, l'equipaggio di una trireme era 200 uomini e su di essa potevano trovare posto 30-40 fanti invece di una fila di rematori: 7 triremi catturate significavano quindi tra un minimo di 900 e un massimo di 1.400 tra fanti e marinai bloccati a terra e probabilmente morti.
    Le perdite persiane, dunque, possono avere questa come cifra di partenza orientativa. Ad essa dobbiamo aggiungere i caduti in battaglia e quelli durante l'inseguimento, arrivando ad un 10% del totale delle forze impegnate, ovvero attorno alle 1.600 unità.
    Statisticamente bassa è la percentuale di morti tra gli ateniesi (Erodoto non parla dei morti tra i plateesi): un 2% scarso contro il 5% medio per la parte vincente riscontrato per le battaglie oplitiche. Ma in questo caso è più difficile che Erodoto possa sbagliarsi, perché i nomi dei morti erano noti uno ad uno.
    Con la fortuna si spiega ogni cosa e sarebbe facile dire che i greci vinsero a Maratona perché furono incredibilmente fortunati. Certo è che lo schieramento iniziale e la doppia manovra di ripiegamento sull'interno non sono espedienti tattici "normali" per una falange: ogni dubbio e ogni supposizione sono legittimi, ai posteri stabilire in che misura hanno pesato coraggio, abilità e fortuna.



    Quando i persiani affrontarono i greci in seguito, fecero sempre scontrare le falangi greche con delle proprie falangi di opliti mercenari, spesso delle colonie ioniche, completando lo schieramento ponendo le truppe persiane e la cavalleria sulle ali.



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    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
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    00 17/02/2013 17:33
    la danza pirrica non era un esclusiva spartana, era in uso anche dagli ateniesi nelle feste religiose ( panatenee ) che erano occasioni di tutti quei rituali sportivi a cui si sottoponevano gli efebi anche se è vero che gli spartani eccellevano nell'addestramento. L'aristocrazia intesa qui era tutti quei cittadini che avevano quel reddito sufficiente per procurarsi da sè il costoso equipaggiamento militare e che rendeva gli opliti appunto rapprsentanti più facoltosi e preparati della poleis.

    infatti l'esercito persiano ebbe alcune riforme fra cui appunto numerosi mercenari greci e l'istituzione dei corazzieri che ebbero successo nelle ultime fasi delle guerre persiane contro gli spartani di Agesilao. Inoltre misero in campo i peltasti di Ificrate che non erano altro che mercenari greci dotati di uno scudo dalle dimensioni simili a quello oplitico e armati di lance e picche lunghe in media 3-4 metri circa. E' da notare che i macedoni studiarono questo particolare corpo per la futura falange sopratutto la lancia. Inoltre in mancanza di mercenari greci a causa di rivolte trasformarono ulteriormente i corpi di fanteria e adottarono in toto il sistema oplitico per il corpo dei kardaka e definitivamente crearono i catafratti. Inoltre la Persia ha preferito dividere i greci con il denaro e alleanze e dopo le guerre persiane non era raro vedere eserciti greci supportare i persiani nelle rivolte all'interno dell'Impero.

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    00 17/02/2013 18:18
    Gli spartani erano gli unici ad organizzare l'intera loro vita in funzione della guerra, gli altri provarono a copiare qualcosa in seguito alla Guerra del Peloponneso, ma come tutte le scopiazzature parziali funzionò poco e male rispetto all'originale.



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    "Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
    Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
    Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

    "La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

    "Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
    E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
    Per spalancare la murata porta d'Oro;
    E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
    Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
    Cercherò riposo sui miei antichi confini."

    "Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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    00 17/02/2013 18:54
    vabbeh XD va da sè che tutti copiano tutti in guerra bene o male che sia, comunque non nego che i persiani avrebbero avuto una possibilità di vincere la guerra ma hanno commesso errori e valutazioni sbagliate come succede in tutte le guerre e non nego affatto che gli opliti fossero vulnerabili visto che sono stati sconfitti in più occasione da eserciti non oplitici come i messapi che sono riusciti a sconfiggere i cugini degli spartani quali i tarantini.
    [Modificato da Archita 17/02/2013 18:56]
    non abbiate pietà dei nemici! vittoria,vittoria e sempre vittoria!!!!

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    00 17/02/2013 21:35
    certo, la messapia non è esattamente un terreno ideale per le falangi, anche i romani le presero sonoramente dai sanniti per lo stesso motivo, prima di inventare l'ordine manipolare



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    00 17/02/2013 23:09
    i messapi vinsero anche per la potenza d'urto della loro cavalleria contro la quale la falange oplitica subì una cocente disfatta. Gli opliti erano vulnerabili alle cariche di cavalleria anche in altre occasioni tanto che successivamente alle guerre persiane si investì molto nell'appoggiare gli opliti con la cavalleria che però di solito era costituita da mercenari della Tessaglia e della Tracia mentre Tebe aveva la sua cavalleria ritenuta una delle migliori dell'Ellade ma comunque a differenza della cavalleria persiana essa era una cavalleria non da urto frontale ma piuttosto da ricognizione e schermaglia. I macedoni più tardi inizieranno ad usare la cavalleria come elemento fondamentale della loro strategia.
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    00 18/02/2013 11:13
    infatti una delle rivoluzioni macedoni sta nell'aver rielaborato la falange ificratea, molto più agile e flessibile di quella classica, ma, soprattutto, di aver combinato il modello oplitico con quello tracio-macedone, ovvero aggiungendovi un'ottima fanteria leggera in copertura ed una superba cavalleria da urto



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    Iulianus Apostata
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    00 25/02/2013 12:40
    Re:
    AlessandroHD, 14/02/2013 23:51:

    No andry l'assolutismo non ariano non va bene, come si permettono degli Indo-iranici di comportarsi come noi puri romani de Roma!?



    Peccato che i Persiani, proprio perché iranici, avevano lontane origini indoeuropee, dunque gli uomini moderni possono definirli degli "arii".


    "L'India ariana regalò al mondo una metafisica,la cui profondità non è stata raggiunta neppure oggi;la Persia ariana portò per noi il mito religioso,della cui forza ancora oggi ci nutriamo;l'Ellade dorica sognò la bellezza in questo mondo;quale mai fu più realizzata nella compiutezza riposante in se stessa che ci sta innanzi;la Roma italica ci diede l'esempio della formale disciplina statale,di come cioè una totalità umana minacciata debba costituirsi e difendersi.E l'Europa germanica donò al mondo il luminoso ideale dell'umanità: con la dottrina del valore, del carattere quale base di ogni civiltà,con l'inno ai più alti valori dell'essenza nordica,all'idea della libertà di coscienza e dell'onore."

    - Julius Evola, "Etica aria" -


    [Modificato da Iulianus Apostata 25/02/2013 12:41]
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    IULIANUS IL VOLSCO

    Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

    Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

    Su Amazon.it
    https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



    «..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

    (Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

    «Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

    -SOLDATO IGNOTO-

    «Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

    -Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

    «furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

    -Platone, "libro delle leggi"-

    «Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

    Gianni Granzotto, "Annibale"

    «..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

    Gianni Granzotto,"Annibale"

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    00 25/02/2013 14:25
    un condensato di luoghi comuni, d'altronde, visto chi le ha scritte...



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    So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
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    "Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
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