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RSII Costantinus Mod Campagna Romani vh/vh 1 turn + guerre civili

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    Legio XIII gemina
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    Tribunus Angusticlavius
    00 20/11/2011 22:15
    Questo topic è la descrizione della mia campagna con i Romani a vh/vh con Roma Serrectum Total War II Costantinus Mod submodificata da me semplicemente aggiungendo alla 1 turn campaign le guerre civili.
    Lo scopo di questo topic è quello di fungere da tutorial per la mod ( evidenziando dinamiche e aspetti importanti del gioco ), ma spero soprattutto che esso vi diverta e che vogliate lasciare commenti e consigli, influenzando le mie scelte in modo tale da partecipare alla campagna. Spero inoltre che questa descrizione sia uno stimolo per vedere comparire più cronache di campagna nel forum, che trovo molto interessanti e che secondo me attraggono molte persone sul sito.
    L'obiettivo della campagna è di ricostruire l'Impero Romano portandolo alla sua massima estensione storica. Giocherò ogni partita in prima persona e ovviamente senza cheats di alcun tipo. Spero di non avere crash, almeno non prima di aver costruito l'Impero ^^'.

    Buona lettura


    Vester Legio XIII Gemina





    L'inizio di RSII con i Romani lo conoscete un po' tutti, siamo nel 217 a.C, nel pieno della seconda guerra punica, e Annibale imperversa in Italia, minacciando i possedimenti romani. Per evitare la catastrofica battaglia del Trasimeno ( che a vh secondo me non c'è verso di vincere ), basta lasciare l'armata romana immobile: al cambio turno Annibale se ne va per conto suo e i nostri soldati sono salvi. Dopo di ciò, la prima cosa da fare nel gioco è cominciare a reclutare truppe in tutti gli insediamenti italici e costruire una fonderia a Roma: in questo modo ci assicuriamo un buon progresso militare: ho inoltre distrutto gli edifici che rendono gli insediamenti "alleati" di Roma per poi farli diventare territori annessi, una cosa mia, voglio dare la cittadinanza a tutti gli insendiamenti, mi pare più conveniente. Altra cosa, Publio Cornelio Scipione l'ho fatto venire via da Emporiae e tornare in Italia attraverso la Gallia, visto che la sua armata laggiù è un po' sprecata, almeno per i miei piani. Bene, ecco la campagna.


    Nell'estate del 217 a.C Annibale se ne va verso Ariminium ma non la mette sotto assedio ( non fa niente Annibale in questo gioco, non si sa bene perchè ).
    Nell'inverno del 217 scoppia la prima guerra civile del gioco, la rivolta delle città italiche: mi si rivoltano Capua e Crotone e in Spagna anche Emporiae. A Capua c'è un'armata nemica molto tosta, tutti con spade e scudi d'argento, il comandante si chiama Vopisco Postumio Megello. Sesto Fabio Massimo, il mio generale scacciato da Capua, viene sconfitto insieme al suo piccolo esercito in campo aperto dall'armata ribelle, e si rifugia a Cannae.



    Lo stesso accade a Gaio Terenzio Varrone vicino Crotona, il quale invece muore sul campo, causando però molte vittime tra i ranghi nemici, grazie ai frombolieri delle Baleari mercenari acquistati il turno precedente ( i frombolieri in questo gioco hanno una forza oserei dire scandalosa, con qualche sassata tirano giù mezzo mondo ).
    Nello stesso anno Quinto Fabio Massimo diventa dittatore della Repubblica a causa degli eventi drammatici che avvengono in Italia, mala tempora currunt.

    Nel 216, Lucio Vibio Atello mette sotto assedio Crotona, con un nutrito gruppo di soldati misti tra ausiliari e mercenari: assalito dall'armata nemica in difesa di Crotona, grazie ai frombolieri, riesce a vincere, nonostante i pronostici sfavorevoli. Crotona viene ripresa e la popolazione massacrata, tempi duri richiedono decisioni dure.



    In inverno Publio Cornelio Scipione entra in Liguria e viene assalito da un'armata cartaginese molto numerosa ( lasciata da Annibale a difesa di Genoa ), siamo 3000 contro 3000. La battaglia la stravinco grazie alla posizione: raggiungo un'altura, mi metto in difesa, i cartaginesi avanzano e ce le prendono di brutto, del resto il mio generale è della famiglia degli Scipioni, non si poteva smentire. Massacro oltre 2500 cartaginesi perdendo solo un centinaio di soldati.









    Dopo la strepitosa vittoria ovviamente conquisto Genova, ormai quasi del tutto sguarnita: conquistare questa città è molto importante perchè in questo modo Annibale, non avendo più territori in Italia, se ne torna in Spagna con la coda tra le gambe. Non mi va di combattere contro Cartagine al momento: ho la rivolta in Italia in corso, ed inoltre il mio progetto futuro è di invadere la Macedonia ( come faccio sempre in genere in tutte le mod con i Romani ).

    Nel nel 215 a.C, l'armata ribelle di Capua mette sotto assedio Cannae: al momento ho ben 3 legioni piene, grazie al raggruppamento delle forze da tutta l'Italia e le isole, e potrò facilmente sconfiggerla, almeno spero.

    La presa di Genova:

    La situazione della Res Publica:
    [Modificato da Legio XIII gemina 20/11/2011 22:56]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 21/11/2011 15:33
    Mentre una legione comandata da Publio Cornelio Scipione il giovane marcia verso Cannae, Quinto Fabio Massimo parte da Roma in direzione della pianura padana, per punire duramente le tribù galliche che hanno appoggiato Annibale durante la sua discesa in Italia: il dittatore giunge presso la città di Bononia e la pone sotto assedio.
    Successivamente Publio Cornelio Scipione il giovane attacca l'esercito dei ribelli che opprime Cannae: la battaglia è molto dura. Lo scontro avviene in pieno giorno tra delle colline. I soldati ribelli sono molto ben equipaggiati e possono contare su triarii, fanteria lucana e schermagliatori greci: combattono molto bene, ma le truppe romane hanno il vantaggio della posizione, e, grazie ai frombolieri greci al soldo di Publio, riescono a far cedere la formazione nemica, assalita alle spalle dai rinforzi romani comandati da Publio Anneo Florato. Il comandante nemico muore sul campo. La vittoria romana è decisiva: annientata l'armata ribelle, Capua rimane senza un'adeguata difesa e cadrà di nuovo in mano romana: prima dell'inverno Publio Cornelio Scipione la pone sotto assedio. Nello stesso tempo, Annibale ed il suo esercito passano per la Liguria facendo ritorno in Spagna. A Roma la festa è grande: la penisola italica è libera dalla minaccia cartaginese, e la rivolta delle città meridionali è quasi del tutto repressa. Arverni e Cimbri decidono di cessare le ostilità con Roma, e si dichiara la pace.





    A Capua le ultime truppe ribelli fanno un ultimo disperato tentativo sfidando i romani in campo aperto, ma vengono brutalmente massacrati, insieme al loro comandante Vopisco Postumio Megello, ucciso a colpi di spada dai legionari di Publio Cornelio Scipione il giovane. Capua viene messa a sacco, la sua popolazione sterminata, ed i romani impongono definitivamente il loro dominio sulla città.



    A seguito delle brillanti vittorie riportate in Campania dal nipote, Publio Cornelio Scipione il vecchio viene mandato in Gallia Cisalpina, allo scopo di distruggere tutte le popolazioni galliche presenti nella regione. Nel 214 a.C, la legione romana di Publio viene arrestata sul Padus da un'armata degli insubri, la quale decide di assalire le linee romane oltre il fiume. Le truppe romane sono in inferiorità, ma riescono brillantemente ad ottenere la vittoria mantenendo le linee e sterminando successivamente i nemici in fuga.



    Dopo pochi giorni giunge un'altra armata di insubri che questa volta riesce ad avere la meglio sui romani. Publio Cornelio Scipione il vecchio muore eroicamente in combattimento, insieme a tutti i suoi uomini. La vittoria dei galli è tuttavia molto misera: nonostante 2500 romani siano morti o dispersi, durante i combattimenti essi hanno perso 4700 uomini, e la Gallia Cisalpina è pressocché sguarnita.



    Nel 213 da Roma parte una nuova legione composta prevalentemente da alleati e mercenari, comandata dal generale Aulo Vipsanio, la quale giunge presso Mediolanum e la pone sotto assedio.
    Nello stesso anno Bononia viene occupata da Quinto Fabio Massimo, dopo che l'armata in difesa dell'insediamento comandata dal nobile gallico Dumnorige viene massacrata a seguito di una sortita. I romani perdono circa 440 soldati, mentre i galli oltre 1700 soldati, senza contare i civili massacrati dai romani durante il sacco delle città. I Boii sono definitivamente scacciati dalla penisola italica, un pericolo in meno per la Res Publica romana. Tuttavia, in Epiro, i Macedoni pongono sotto assedio Durazzo con una grande armata: il questore Quinto Fulvio Flacco e le sue truppe, chiusi nella città, attendono l'assalto nemico con grande timore.



    Nel 212 Quinto Fabio Massimo si reca con la sua legione a Patavium e la pone sotto assedio, mentre parte della legione di Aulo Vipsanio pone sotto assedio Taurasia. La conquista della Gallia Cisalpina sembra ormai prossima.
    Dopo 7 anni di guerra, Roma conclude la pace con Annibale. Sul Rodano Annibale e i diplomatici romani si accordano affinchè Roma e Cartagine collaborino nei commerci e che sospendano le ositilità per almeno 20 anni. Annibale si impegna a conquistare la Spagna, mentre i Romani la Grecia...un fragile accordo, che nel futuro porterà sicuramente a un altro grave conflitto, e su scala maggiore del precedente.
    Roma sta reclutando molti nuovi soldati per sbarcare in Epiro ed invadere la Macedonia. Nonostante la ricrescita economica, la guerra civile ha fortemente rallenato il progresso economico in tutta la penisola italica, mentre i macedoni hanno invece avuto il tempo di rinforzarsi e di prepararsi in caso di invasione romana. La Macedonia è un regno molto ricco e soprattutto posizionato in maniera strategicamente fondamentale per il controllo della Grecia, dell'Egeo e delle regioni dell'Illiria e della Dalmazia. Il Senato si consulta e tuttavia ci sono opinioni divergenti. Alcuni senatori sarebbero propensi ad invadere Cartagine a sorpresa, colpendo i domini punici al cuore ma lasciando che la Macedonia si sviluppi nella penisola balcanica e che possa creare un impero di forza e vastità enormi: molti altri vorrebbero invece che si invadesse la Grecia, in questo momento sconvolta da rivalità interne favorevoli ad un potenziale invasore, al fine di attaccare la Macedonia sia da occidente che da meridione.
    [Modificato da Legio XIII gemina 21/11/2011 15:52]


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    che senza venti in un bel colle fiocchi,
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    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 21/11/2011 23:33
    Sempre nel 212 Mediolanum viene espugnata da Aulo Vipsanio: la resistenza del capo gallico Belloveso viene annientata dalle truppe alleate dei romani.



    In inverno l'armata macedone che assedia Durazzo forza le fortificazioni romane ed irrompe in città. La situazione sembra disperata per il questore Quinto Fulvio Flacco, i romani sono in notevole inferiorità numerica. Le truppe macedoni tuttavia sono tutte reclute inesperte: nelle strade di Durazzo i legionari romani riescono ad uccidere il loro comandante Euenus, facendo andare in rotta l'intera armata macedone. La vittoria è strepitosa, oltre 2000 macedoni muoiono, mentre i romani se la cavano con 700 morti. Durazzo viene tuttavia posta nuovamente sotto assedio da un'altra armata macedone.



    Sempre nell'inverno del 212 Quinto Fabio Massimo conquista Patavium e Aulo Vipsanio Taurasia, quest'ultimo dopo aver raggiunto le sue truppe impegnate nell'assedio da Mediolanum. Entrambe le città celtiche vengono saccheggiate. La Gallia Cisalpina appartiene a Roma: le tribù cletiche locali si piegano tutte al dominio romano. Quinto Fabio Massimo viene deposto dalla carica di dittatore della Repubblica, il suo dovere è compiuto.





    Nel 211, pacificata la Gallia Cisalpina, il Senato decide per l'invasione della Macedonia. I generali Gneo Giulio Pretestato e il famoso Publio Cornelio Scipione, al comando di due legioni, salpano da Brundisium e sbarcano in Epiro, ponendo sotto assedio rispettivamente le città di Apollonia ed Edessa. I macedoni sono colti totalmente di sorpresa, ed abbandonano l'assedio di Durazzo in tutta fretta, mentre le legioni romane si apprestano ad espugnare le città nemiche in breve, per entrare successivamente nel cuore della Macedonia. In estate un contingente di alleati dei romani annienta un'armata di briganti nel Piceno.
    In inverno Gneo Giulio Pretestato espugna Apollonia senza incontrare resistenza, dirigendosi subito in direzione di Pella, capitale macedone. Dopo aver valicato le montagne dell'Epiro, Gneo entra in Macedonia, giungendo finalmente in vista della capitale nemica: qui il generale macedone Perseas e i suoi 2200 uomini lo attendono. La battaglia che segue vede una sconfitta totale dell'armata macedone. Di 2252 uomini, l'unico macedone a sopravvivere è Persas, il quale, dopo essere stato denominato "il codardo", si rifugia, non si sa bene con quali aspettative, a Pella priva di ogni difesa. Gneo Giulio Pretestato pone la possente città macedone sotto assedio, confidando di catturarla a primavera, facendo riposare le truppe.
    Nel frattempo Publio Cornelio Scipione espugna Edessa, distruggendo alcuni contingenti macedoni giunti in suo soccorso, e subendo alcune perdite. Dopo aver organizzato Edessa per resistere ad eventuali attacchi macedoni, Publio Cornelio Scipione marcia sulla strada per Pella verso Tessalonica, la seconda città più ricca del regno macedone.

    URL=http://imageshack.us/photo/my-images/853/0033q.jpg/]

    Nella primavera del 210 Gneo Giulio Pretestato, espugna Pella: il generale macedone Persas viene ucciso brutalmente nella piazza principale della città. La rapidità romana è stata fulminea, i macedoni hanno perso in meno di un anno la propria capitale. Tuttavia i messaggeri romani riportano che i macedoni stanno addensando molte forze in Tessaglia, e che in breve le legioni romane dovranno fare i conti con i migliori soldati di Macedonia.

    La cattura di Pella, sodlati romani sulle mura.


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    memphe
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    Rex bibendi
    00 22/11/2011 12:59
    Molto bella questa cronaca complimenti! [SM=g8335]
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    00 22/11/2011 14:12
    Re:
    memphe, 22/11/2011 12.59:

    Molto bella questa cronaca complimenti! [SM=g8335]



    Grazie Memphe [SM=g8320].

    Dopo la brillante presa di Pella, Publio Cornelio Scipione e la sua legione pongono sotto assedio Tessalonica. Aloeo, generale macedone, da battaglia ai romani: i romani sono maggiori nel numero e sono più preparati rispetto ai macedoni. Aloeo viene ucciso in combattimento e la sua morte causa la rotta di tutte le sue falangi. I romani massacrano con gli equiti i nemici in fuga, facendone grande strage.



    Tessalonica è ora priva di eserciti a sua difesa, e Scipione vi fa ingresso, massacrando la popolazione e depredando i ricchi tesori dei palazzi macedoni. Tuttavia, nonostante la vittoria, Publio non può trattenersi oltre in città, e decide di marciare verso la Tracia, posizionandosi su un importante guado del fiume Nestos, punto strategico tra Filippopoli e Filippi. In questo modo la legione romana può tenere sotto scacco i territori macedoni rimasti ad oriente.
    Nel frattempo dall'Apulia giunge un'altra legione, al comando di Publio Anneo Florato, il quale penetra in Tessaglia, espugnando con successo Farsalo, ed annientando la presenza macedone in Grecia.



    Nel 209, Anneo Florato, saputo che Tessalonica è stata da poco posta sotto assedio da alcuni eserciti macedoni e che lungo i boschi che costeggiano la strada per la città sono presenti numerose armate macedoni pronte a tenere un'imboscata ai romani, prepara una piccola flotta con la quale sbarca in Macedonia, scacciando le truppe nemiche ed insediandosi nella città, placando fra l'altro i tumulti verificatisi dopo la partenza di Publio Cornelio Scipione. Poco dopo l'insediamento della legione romana, un'armata molto consistente di falangiti macedoni pone sotto assedio la città. Da Roma è in viaggio lungo l'Appia una quarta legione per la Macedonia.
    In Italia gruppi di briganti devastano Lazio, Apulia e Campania, causando molti problemi per i mercanti. Il potere militare romano in Italia è flebile a causa dell'impegno di tutte le legioni in Macedonia. Nonostante ciò, Roma si occupa della ricostruzione dell'Italia, provata dalla recente guerra: a Capua si costruiscono un foro ed un cantiere navale, in Etruria si pavimentano le strade per migliorare la viabilità verso la Gallia Cisalpina, mentre a Taranto si organizza un sistema di cisterne per migliorare la salute pubblica.
    La campagna contro i Macedoni è ben organizzata, ma deve comunque terminare al più presto, il Senato chiede ai generali una vittoria che riesca a spezzare definitivamente la forza dei contingenti macedoni, ancora molto pericolosi e comandati dal fiero re Filippo V.
    [Modificato da Legio XIII gemina 22/11/2011 14:20]


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    00 22/11/2011 23:05
    Nonostante le vittorie i generali romani in Macedonia hanno difficoltà a sferrare un attacco deciso alle forze nemiche. Una grande armata macedone spadroneggia nei dintorni di Pella attendendo le legioni romane: essa è composta dai migliori soldati macedoni i quali fra l'altro sono tutti equipaggiati egregiamente: lo stesso si può dire per le truppe macedoni che assediano Tessalonica. Publio Cornelio Scipione, nonostante le sue capacità e l'esperienza dei suoi uomini, è anch'egli impotente in quanto non può abbandonare la sua posizione.
    I Macedoni fanno la prima mossa: in inverno Filippo V, a capo di ben tre armate macedoni, muove contro la legione di Publio Cornelio Scipione nei pressi del fiume Nestos. I legionari si preparano per la battaglia e si attestano sulle rive del fiume in prossimità del guado in forte posizione difensiva: i molti frombolieri mercenari greci vengono schierati sul lato sinistro della formazione romana, con l'obiettivo di massacrare quanti più nemici possibili durante la traversata del fiume. Publio Cornelio Scipione si trova contro circa 8000 macedoni con un esercito di poco meno di 3000 uomini.
    La fortuna arride a Roma: la battaglia viene combattuta in 3 giorni, nei quali le armate di Filippo V vengono massacrate una ad una. Lo stesso re macedone muore sul campo, trafitto dai gladi dei legionari romani. La morte del re causa il terrore nelle sue truppe. La disorganizzazione macedone è totale, soprattutto durante la fuga: i soldati impacciati nell'erba e negli acquitrini vengono colpiti da una pioggia di sassi e massacrati dalla cavalleria romana. I legionari massacrano i falangiti macedoni senza pietà, le acque del Nestos si tingono di rosso, alla sua foce, nell'Egeo, giungono centinaia di cadaveri. Molti cavalieri macedoni muoiono affogati nel fiume nel tentativo di fuggire dai romani. Le perdite complessive tra le truppe romane ammontano a poco meno di 1000 uomini. La vittoria di Publio è strepitosa, a Roma si esulta alla notizia della vittoria: il Senato è molto soddisfatto, i macedoni sono piegati. Quinto Fabio Massimo, ricevuta la notizia sul suo letto di morte a Patavium, si spegne sorridente con la serenità nell'animo.

    URL=http://imageshack.us/photo/my-images/337/0045l.jpg/]



    Dall'oriente giunge notizia che il re dei Parti ha invaso i territori seleucidi in Persia.

    La vittoria del fiume Nectos è grande, i macedoni sembrano ormai piegati una volta per tutte: Chalkis in Eubea, in mano ai macedoni, è posta sotto assedio da coorti di alleati italici e mercenari al soldo di Roma; altre 2 legioni stanno arrivando dall'Italia. La strada per Filippi e Filippopoli sembra ormai spianata: Publio Cornelio Scipione invia una parte delle sue truppe a cingere d'assedio Filippopoli. Tuttavia, nonostante la sconfitta, le due armate macedoni più potenti sono ancora salde e devono essere in qualche modo sconfitte. Si confida nella resistenza della legione di Anneo Florato a Tessalonica, che attende l'assalto di una delle due temibili armate macedoni.


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 24/11/2011 11:33
    Nell'inverno del 208 Gneo Giulio Pretestato è in marcia verso Filippopoli per raggiungere le truppe impegnate nell'assedio della città. Sulla strada per la Tracia lo attende una delle due grandi armate macedoni, guidata dal generale Selefkos. Gneo è costretto a dare battaglia, e la situazione è molto difficile. Il terreno non è agevole per i romani: boschi e colline creano dei dislivelli che li obbligano in alcuni punti a combattere in sfavore di pendenza. Inoltre il centro dello schieramento romano è composto da legionari alleati, uomini affidabili ma non in grado di competere con i falangiti macedoni professionisti. L'armata macedone è molto compatta, possiede litoboli, schermagliatori a cavallo e appiedati, e una possente cavalleria, composta in parte dai fieri Compagni di Macedonia.
    Lo scontro è durissimo: lo schieramento romano regge, nonostante gli attacchi della cavalleria macedone ed il tiro degli schermagliatori. Grazie alle rapide manovre di tiratori e cavalleria, i romani riescono a mettere fuori uso i litoboli, ad uccidere il generale nemico e a distruggere quasi tutta la cavalleria macedone. I frombolieri romani riescono ad aggirare lo schieramento nemico, mentre i legionari sono allo stremo delle forze. La battaglia sembra quasi vertere a favore dei romani, ma alcuni reparti di cavalleria macedone, tornati sul campo dopo una precipitosa fuga, riescono ad uccidere tutti gli schermagliatori romani, divenendo padroni del campo. Gli scontri si protraggono per tutta la giornata: i triarii romani resistono fino all'ultimo, mentre gli altri legionari vanno in rotta uno ad uno venendo massacrati dai macedoni. Gneo Giulio Pretestato riesce comunque a mantenere il campo ( ho fatto rimanere il generale romano sul campo oltre il tempo limite della battaglia e ho vinto, per quanto questa si possa chiamare vittoria ), ed i macedoni si ritirano: i romani sono duramente sconfitti. Sul campo di battaglia restano 4880 morti, 1853 macedoni e 3027 romani. A Roma il Senato accoglie con dolore la notizia, ma anche i macedoni hanno avuto molte vittime, ed il loro regno non potrà durare che pochi altri anni. La legione di Gneo Giulio Pretestato è decimata. Non potendo fare altro, il generale e la sua legione si ritirano in fretta verso la Tracia, dove incrociano le truppe di Publio Cornelio Scipione e raggiungono successivamente Filippopoli.





    Nonostante la sconfitta abbia dimostrato una sostanziale inferiorità della legione romana di alleati nei confronti dell'armata macedoni, è vitale che la campagna in Macedonia finisca al più presto, visto che le città greche liberate dal giogo macedone, si stanno rafforzando enormemente e potrebbero in futuro causare gravi problemi ai romani per l'egemonia nello Ionio e nell'Egeo. A questo scopo, giunta dall'Italia una nuova legione, Anneo Florato ne prende il comando e si reca verso Filippi, l'ultima città "libera" in mano al re di Macedonia, lasciando a Tessalonica la sua vecchia legione. Poco dopo essere entrato in territorio nemico, la legione romana viene raggiunta dalla seconda armata macedone, guidata dal generale Perseas. Questa volta i romani hanno il vantaggio della posizione, ma anche in questa occasione non riescono ad ottenere la vittoria. I combattimenti sono forse ancora più duri che nella battaglia precedente: i legionari ed i falangiti si massacrano vicendevolmente con grande spargimento di sangue. Il generale Perseas viene ucciso nel combattimento. I frombolieri romani riescono ad uccidere molti cavalieri nemici ma non ad annientarli. Il fianco sinistro della formazione romana è aggredito da mercenari traci armati delle terribili romfaie, con le quali i rudi guerrieri fanno letteralmente a pezzi i legionari. Per combattere i soldati devono scavalcare e combattere su mucchi di compagni caduti. Alla fine della giornata i macedoni hanno preso il campo, ma la battaglia è finita sostanzialmente in partità, circa 2300 morti da ambo le parti, un costo umano immenso sia per la Res Publica che per il Regno. La legione romana ed il suo generale si ritirano a Pella, percorrendo una Macedonia invernale aspra e piovosa.







    La causa delle sconfitte romane va ricercata nella grande mobilità dell'esercito macedone. La falange è un grande gruppo relativamente facile da accerchiare ed annientare se assalito dalle coorti romane: tuttavia, se la falange è ben supportata da cavalleria e schermagliatori ai fianchi e alle spalle, poco si può fare per contrastarla, e ci si deve affidare alla qualità dei soldati. Ciò non toglie che comunque nelle due battaglie appena raccontate, i romani erano andati molto vicini alla vittoria e che l'hanno persa per piccoli errori, ma fatali. Nel complesso tuttavia i macedoni hanno perso più di 4000 soldati: contando che il loro bilancio è in rosso da parecchi turni ( dovendo stipendiare migliaia di soldati con sole 3 cittadine di cui 2 sotto assedio ), e non potendo quindi reintegrare le perdite con gli addestramenti, un risultato favorevole per il progresso della campagna c'è stato sicuramente. In questi casi non si può fare altro che martellare le armate nemiche ( anche a costo di grandi perdite come queste ), fino ad annientarle tutte definitivamente.
    Un consiglio in generale per RSII è di reclutare tutti i frombolieri possibili ( quelli mercenari sono sempre presenti nel Mediterraneo e a poco prezzo ): la loro potenza è a dir poco impressionante, utilizzateli contro la cavalleria e per colpire le fanterie nemiche alle spalle, avrete sempre ottimi risultati. Capita che eserciti composti interamente da frombolieri riescano a sconfiggere da soli armate di fanti veterani. Questo forse riuscirò a farvelo vedere quando conquisterò la Spagna e da li si potranno reclutare come ausiliari moltissimi frombolieri delle Baleari a basso costo.
    Tornando alla campagna, una parziale rivincita romana si ha quando Publio Cornelio Scipione viene nuovamente assalito sul fiume da un esercito macedone: anche questa volta il giovane generale riesce brillantemente a vincere la battaglia massacrando 1249 macedoni e perdendo solo 42 soldati.
    Per tutto il corso del 207 a.C. i romani operano un grande ricambio di truppe in Macedonia, mantenendo gli assedi alle città nemiche e mandando in Italia alcune legioni ad essere riaddestrate.
    Nonostante il grande sforzo bellico i possedimenti romani crescono grazie alla costruzione di numerose strutture. Al momento Roma privilegia una crescita economica e demografica nei suoi territori al fine di poter ottenere nel giro di pochi anni nuove risorse e mezzi. In particolare le città della Gallia Cisalpina vengono agevolate fiscalmente per consentire una crescita maggiore della popolazione a seguito della conquista romana che le ha devastate. A Pella si costruiscono varie strutture di reclutamento affinché Roma possa addestrarvi numerosi falangiti ausiliari, i quali saranno molto utili nel corso delle prossime guerre. Oltre a Roma i maggiori centri di reclutamento per le legioni in partenza per la Macedonia sono Arezzo, Rimini e Canne.
    In poco tempo i romani sferreranno gli attacchi finali al nemico, prendendo il potere in Macedonia e preparandosi ad una nuova campagna in Grecia.
    [Modificato da Legio XIII gemina 24/11/2011 12:15]


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    00 26/11/2011 14:24
    Nel 206 a.C terminano gli assedi alle città di Chalkis e Filippopoli. I soldati macedoni effettuano delle eroiche sortite che vengono comunque arrestate dalle truppe romane praticamente senza perdite, anche grazie alla possibilità di colpire i nemici a distanza con i tiratori ingaggiati sul posto. Il Senato si compiace delle nuove annessioni territoriali, le nuove città vengono saccheggiate e riorganizzate per una fiorente crescita commerciale.



    URL=http://imageshack.us/photo/my-images/94/0068o.jpg/]

    Nonostante il Regno di Macedonia sia quasi del tutto disgregato, i romani faticano per eliminare l'ultima resistenza macedone, le conseguenze infatti saranno a dir poco disastrose.
    Anneo Florato si dirige verso Filippi, l'ultima città ancora in mano macedone, il centro di tutta la forza militare nemica rimasta. Il generale nemico Aschine di Farsalo, con una delle sue armate, attacca Florato in campo aperto, causando una gravissima sconfitta ai romani. Nonostante il vantaggio apparente, gli astati alleati nella formazione romana si rivelano un disastro contro le falangi, le loro capacità sono limitate, come anche il loro morale. I romani perdono 1923 soldati, e i macedoni circa 1080. Aschine muore, Florato si ritira nuovamente verso Tessalonica, ormai il morale dei suoi soldati è bassissimo, il generale ha ottenuto troppe sconfitte. Anche i macedoni contano i loro morti, ma cercano in ogni modo di resistere a Roma.



    Tuttavia Anneo non si da per vinto: nella primavera del 205 a.C., con nuovi reparti di alleati romani reclutati da Pella ( dove si possono ora addestrare le coorti di principi/astati ), si reca dirige contro l'armata che lo aveva sconfitto. All'apparire dell'armata romana, i macedoni si ritirano in gran fretta. Anneo Florato prosegue quindi verso Filippi, dove riesce a raggiungere sempre la stessa armata nemica, affiancata questa volta da un'altra armata ben più consistente. La battaglia è durissima, e di nuovo i romani vengono sonoramente sconfitti. Le perdite umane sono impressionanti: 1500 morti romani e 1670 morti macedoni. Il Senato è furioso, le truppe al servizio del generale sconfitto non vogliono più combattere, così Anneo Florato viene sollevato dai suoi incarichi militari. Egli resterà a governare Tessalonica fino alla fine della campagna. Si decide così di nominare comandante delle operazioni per la conquista di Filippi Quinto Flavio Flacco, al momento governatore ad Edessa, il quale raggiunge le truppe inviate dalla Tracia da Pretestato, al momento governatore di Filippopoli. Quinto Flavio Flacco decide con i suoi uomini di attaccare l'ultima armata macedone rimasta, poco più di 1300 uomini, sembra un'operazione semplice. Tuttavia, e mi vergogno a riportarlo, i romani prendono qui la più grande batosta di tutta la campagna, proprio nel momento in cui la vittoria era più vicina.. Il nemico attende le truppe romane su un'altura circondanta da pendii molto ripidi: la posizione nemica sembra solidissima, ma Quinto Flavio Flacco, forte del vantaggio numerico, decide di attaccare lo stesso le schiere nemiche. Nonostante la fatica causata dall'ascesa dell'altura, i romani sembrano avere la meglio nello scontro corpo a corpo ma la cavalleria macedone parte dalle retrovie aggredendo i tiratori, i quali, non essendo ancora schierati in linea e non potendo usare i propri proiettili, vengono massacrati ( questo è stato l'errore più grande di tutti, se non fosse stato per quello avrei vinto, nonostante l'attacco in salita che di per se è sempre sconsigliato ): da Filippi giungono ulteriori rinforzi macedoni, e la battaglia si trasforma in un disastro per i romani. Quinto Flavio Flacco cerca inutilmente di resistere, ma le sue truppe cominciano a fuggire in preda al panico incalzate dai nemici, e alla fine anch'egli si ritira con i suoi pochi uomini rimasti per la strada per Filippopoli. I romani lasciano sul campo 2500 uomini. La notizia della sconfitta romana si diffonde in breve per tutto il Mediterraneo, a Roma tutti sono sgomenti, nessuno poteva aspettarsi un simile massacro, tutti i generali romani rimangono increduli alla notizia. I macedoni festeggiano vittoriosi, ma ormai per loro è giunta la fine, non gli restano che poco più di 1000 uomini. Dopo pochi mesi Quinto Flavio Flacco riorganizza le sue truppe a Filippopoli e ritorna a Filippi ponendola sotto assedio, ma il fato ha in serbo per i romani ulteriori sofferenze.
    Nonostante le disastrose vicende del fronte macedone, ogni pericolo di vittoria nemica è ormai spento, e così il Senato decide si attaccare le città greche in favore di Sparta, alleata dei Romani, la quale sta combattendo una dura guerra contro Atene e le città a lei alleate. Nel 204 a.C. parte dall'Italia una legione guidata dal giovane generale Decimo Fabio Massimo per l'invasione della Grecia. La legione sbarca in Attica e con una brillante azione espugna Atene, la quale viene saccheggiata e devastata: le mura vengono sfondate con delle baliste e il generale Telophos a guardia delle mura cittadine viene massacrato dai legionari romani, violenti ed assetati di ricchezze.



    La stessa sorte tocca a Tebe in Beozia, la quale viene espugnata da Decimo Fabio Massimo senza problemi. Il comandante nemico a guardia della città, Hipparinos, viene anch'egli ucciso, tirato giù da cavallo e trafitto ripetutamente dai legionari romani. La città non vuole obbidire al governo romano, e vi sono dei tumulti i quali vengono tuttavia repressi tutti nel sangue. Le città della Grecia tremano di fronte a Roma, ma organizzano una dura resistenza.



    Contemporaneamente a questi fatti, Publio Cornelio Scipione, tornato a Roma ed avendo riaddestrato i suoi legionari veterani, parte con una flotta per la Sicilia, dove i greci di Siracusa hanno posto Messina sotto assedio. Nello stesso tempo Aulo Vipsanio pone sotto assedio Marsiglia con delle truppe alleate inviate dall'Italia centrale e alcuni mercenari greco-celtici reclutati sul posto, le posizioni romane appaiono solide.

    Nel frattempo presso Filippopoli termina l'ultimo capitolo della guerra in Macedonia, durata 7 anni dall'invasione romana e costata migliaia e migliaia di morti a entrambi gli schieramenti. Quinto Flavio Flacco viene aggredito dalle ultime due armate macedoni, guidate dal generale Anassimandro di Palermo. La battaglia è disastrora per entrambi gli eserciti...i romani perdono nuovamente, non tuttavia senza aver ucciso uno ad uno tutti i comandanti nemici, tra cui l'ultimo re Atenodoro il codardo, trafitto da alcuni cavalieri traci al soldo di Roma. Il Regno di Macedonia è ormai dissolto. Mentre i romani si ritirano nuovamente, Filippi viene occupata da tribù limitrofe che ne fanno la loro nuova dimora. Durante la guerra macedonica sono morti circa 23.000 soldati macedoni ed oltre 14.000 romani, cifre enormi se considerate l'esiguità dei territori per i quali si è combattuto, per non parlare poi dei morti civili, delle devastazioni dei campi e dei villaggi...fortunatamente non si sono diffuse epidemie. Filippi verrà presa in seguito dai romani i quali opereranno il massacro sistematico delle popolazione, conseguenza della disperazione e della rabbia maturata durante il corso della durissima campagna.
    Al momento due nuove grandi battaglie contro i greci si preannunciano, una a Messina, per salvare la città posta sotto assedio, ed una in Etolia, per distruggere una grande armata greca che potrebbe minacciare l'Attica in mano romana.
    [Modificato da Legio XIII gemina 26/11/2011 15:54]


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    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
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    00 28/11/2011 10:43
    Nell'inverno del 204 a.C. Publio Cornelio Scipione espugna Siracusa, la quale diviene la città più ricca del territorio della Res Publica. Il sacco della città viene operato con gioia dai legionari, a Roma giungono un tesoro di 31.000 denarii, i quali vengono spesi per la costruzione di opere pubbliche, quali il nuovo cantiere navale di Crotone ed il lastricamento di molte strade in Grecia.



    Sempre nello stesso inverno Aulo Vipsanio e la sua armata vengono attaccati da un esercito greco composto da oltre 3.000 uomini, i greci sono risoluti a salvare la propria Marsiglia, insieme ai tanti galli ormai integrati nella colonia ellenica. L'esercito romano si attesta su una collina, e le orde nemiche attaccano i legionari su due lati, minacciando la compattezza del suo schieramento. I romani combattono su due lati e resistono accanitamente, a fianco dei mercenari celto-elleni. La battaglia è violentissima, anche a causa del carattere fiero dei popoli che che lo combattono. Lo scontro si protrae tutto il giorno fino a quando i romani vincono, respingendo l'esercito nemico. I romani hanno perso 1.070 soldati, ed i nemici 2.748. La via per Marsiglia è spianata.





    Nella primavera del 203 a.C. Aulo Vipsanio espugna Marsiglia, con grande gioia dei legionari che saccheggiano la ricca città: a Roma giungerà un tesoro di 15.000 denarii.

    La cattura di Marsiglia



    Il sacco di Siracusa



    Nello stesso tempo il giovane generale Marco Fabio Massimo e la legione a lui affidata pongono sotto assedio Salona, ricca città greca della Dalmazia: la sua cattura comporterà la definitiva egemonia romana nell'Adriatico, in vista di ciò il Senato da ordine di iniziare i progetti per costruire dei porti sulle coste della Venetia e della Gallia Cispadana.
    Nello stesso anno, dopo un'aspra resistenza, Filippi viene finalmente catturata dai romani e la popolazione brutalmente massacrata ed o superstiti ridotti in schiavitù.
    In meno di un anno il patrizio Marco Fabio Massimo massacra oltre 3.000 briganti in diverse regioni della penisola italica, i commerci riprendono finalmente senza paura.
    I problemi tuttavia per Roma persistono: Filippopoli viene posta sotto assedio da un'armata di traci ribelli, mentre Chalkis viene posta sotto assedio da un'armata del Regno di Pergamo.
    Nel 202 a.C. i ribelli traci che minacciavano Filippopoli vengono annientati dalle truppe congiunte di Decimo Pinario Natta e Quinto Fulvio Flacco: Roma riesce ad imporre la sua autorità sui locali, i quali tuttavia sono in possesso di altre bande armate nella zona.



    Pochi mesi dopo Decimo Fabio Massimo sbarca in Eubea sconfiggendo in campo aperto il generale Philitearos a capo del contigente inviato dal re Pergamo a conquistare Chalkis. La battaglia salva la città, e Pergamo contratta una pace temporanea con Roma. Gli interessi del re di Pergamo sono molto ambigui, egli infatti è circondato da regioni relativamente poco difendibili dai loro possessori, come quelle del re del Ponto e dei Tolomei. Tuttavia le terre che fanno più gola al re di Pergamo sono quelle oltre l'Egeo: egli sa inoltre che al momento i romani non possono impegnarsi in una conquista dell'Asia Minore, e cercherà quindi con piccoli sbarchi di catturare alcune città costiere della Grecia. Roma tuttavia non tollererà per molto questi episodi.

    URL=http://imageshack.us/photo/my-images/577/0014w.jpg/]

    Nel 201 a.C. Salona viene catturata dai romani, non prima che davanti alle sue mura si sia consumata una battaglia tra le truppe assedianti e quelle assediate, terminata con la morte di 1440 greci e 240 romani.



    Il generale Marco Fabio Massimo, sistemati gli affari nella città dalmata appena conquistata, si dirige con i suoi soldati su ordine del Senato verso Segestica allo scopo di assoggettare l'Illiria e di sfruttarne i preziosi giacimenti minerari.
    In questo periodo i romani costruiscono numerose strutture in tutte le province, strade, ospedali, pozzi e templi, creando successivamente nuovi mercati, porti ed incentivando il commercio in generale. La situazione economica è molto florida, nonostante diverse nuove legioni siano state riaddestrate e tornate a piena forza, e inviate poi in Grecia. Gli spartani nel frattempo conquistano Olimpia con grandi perdite, momento che i romani aspettavano da tempo per potersi approfittare di Sparta e dei suoi domini indeboliti dalle guerre. Il Senato di Roma infatti ha in mente di annettere tutto il Peloponneso, tradendo l'alleanza con Sparta. Tuttavia questa situazione di stabilità viene turbata da un evento imprevisto: nell'autunno del 200 a.C. una grossa armata di Arverni valica le Alpi e pone sotto assedio la città romana di Taurasia. La Gallia Cisalpina è quasi totalmente priva di contingenti militari, ed il Senato pone Decimo Fabio Massimo a capo di una legione inviandolo a nord per contrastare l'invasione gallica: in caso di problemi la legione a protezione di Marsiglia potrebbe intervenire al suo fianco. Nello stesso anno il re di Pergamo riprende le ostilità contro i romani, ponendo nuovamente Chalkis sotto assedio con un'altra armata, piuttosto esigua.



    Nel 200 a.C. la situazione politica e militare in Grecia sembra vertere fortemente a favore dei romani. Gli spartani infatti distruggono in battaglia una delle armate di Corinto, causando moltissimi morti. I romani, i quali hanno sul posto 3 legioni e molti rinforzi in arrivo da Pella, Atene e l'Epiro, decidono di attaccare sia Corinto che i domini spartani. Nella primavera del 199 a.C. la legione di Spurio Onorio Lentulo pone sotto assedio Corinto, quella di Gaio Fulvio Nobiliore Olimpia e quella di Aulo Giulio Giulio Sparta. La guerra ormai in Grecia è totale. I romani vogliono una vittoria subito, e presto sia Sparta che Corinto risponderanno con tutte le loro forze.
    [Modificato da Legio XIII gemina 28/11/2011 15:01]


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    00 29/11/2011 12:19
    Nell'inverno del 199 a.C. gli arverni tolgono l'assedio da Taurasia, ma la situazione in Gallia è molto preoccupante per i romani: infatti gli arverni sono riusciti a riunire tutte le tribù galliche dal Mediterraneo alla Belgica, e potranno in futuro muovere guerra come un unico popolo. Roma non ha mai dimenticato la brutalità celtica dai tempi di Brenno, ed il Senato progetta un piano per difendere i territori della Res Publica.
    Chalkis viene nuovamente liberata dall'assedio dell'armata di Pergamo.
    Nel 198 a.C. Segestica capitola ed i romani cominciano a ricostruire la città alla scopo di trasformarla in una fortezza, infatti a nord dell'Illiria vi sono i territori dei Boii, ora in pace con Roma ma memori della guerra in Gallia Cisalpina durante la seconda guerra punica. Nello stesso anno i romani firmano una nuova pace con Pergamo.
    Nel 197 Sparta è ridotta allo stremo, ed i suoi occupanti tentano un'ultima sortita. La legione romana di Aulo Giulio Giulio distrugge totalmente l'armata spartana. La città viene messa a sacco, a Roma giungerà un tesoro di 27.000 danarii. I romani si aspettavano una resistenza molto maggiore da i figli di Eracle.





    Mentre si attende la capitolazione di Olimpia ed il totale annientamento dei contingenti spartani, Spurio Onorio Lentulo attacca con la sua legione le armate greche nei pressi di Corinto, le quali vengono annientate. In questo caso nel gioco è accaduto un fatto particolare: ho sconfitto una piccola armata alla quale si sarebbe dovuta affiancare come la guarnigione d Corinto di oltre 2.000 uomini super tosti; durante la battaglia i rinforzi non sono arrivati, ma sulla mappa le due armate risultano essere state sconfitte entrambe, pertanto l'armata di Corinto è scomparsa ed ho potuto conquistare la città. Lo stesso trucco vale anche per Argo nel 196, dove sempre Spurio Onorio Lentulo annienta virtualmente 7.589 soldati nemici ( dei quali ne uccide comunque 2.914 ). In poco tempo quindi le temibili armate greche vengono spazzate via: Olimpia capitola senza combattere, e la fazione spartana è annientata. La Grecia è romana. In questo momento del gioco capita qualche volta che compaia un'armata ribelle tra le montagne vicino a Sparta in un punto non accessibile, la quale rimane li senza che si possa eliminare: proverò con qualche cheat a spostare un'armata sullo stesso punto e vedere se riesco ad eliminarla, non è un problema particolare ma risulta fastidioso vedere quei ribelli in mezzo ai propri territori. Sempre nel 196 un'altra armata ribelle ( in passato appartenuta a Sparta ), viene battuta dalle truppe di Publio Anneo Florato, il quale si riscatta dalle disastrose sconfitte ottenute ai tempi della guerra macedonica.



    Nel 195 a.C Spurio Onorio Lentulo respinge un altro assalto dell'esercito di Pergamo in Eubea, il risultato dello scontro è 3470 morti greci e 539 romani.



    Sempre nel 195 a.C una terribile notizia fa tremare la Res Publica. Ben 6 armate galliche marciano minacciosamente verso Marsiglia. Si calcola che dall'Arvernia siano partiti circa 10.000 soldati. Roma ha terminato la campagna in Grecia e fa ritornare in Italia via nave tutte le legioni di veterani, con lo scopo di annientare i nemici transalpini. In Senato si opta per la guerra totale contro la Gallia, non sembra esserci altro modo per risolvere la situazione. Campagne verso altri popoli risulterebbero poco vantaggiose, infatti l'impegno delle legioni su altri fronti lascerebbe esposta l'Italia alle invasioni galliche.



    Nell'estate del 194 a.C. l'ormai noto generale Aulo Giulio Giulio, sbarcato da alcuni mesi a Creta con alcuni opliti di Atene e delle baliste, espugna con successo Kidonia, assicurando a Roma una nuova posizione strategica nell'Egeo: successivamente le truppe ateniesi vengono mandate con una flotta verso Rodi con l'obiettivo di espugnare la città ed annettere l'isola al dominio della Res Publica.



    I nuovi territori greci annessi da Roma negli ultimi 20 anni vengono ben amministrati: vengono costruite nuove strade, ospedali, porti e cantieri navali. Le città greche, fonte di cultura e dinamismo commerciale, si rianimano dopo la guerra e, a parte alcuni episodi di disobbedienza, restano tutte fedeli a Roma. In Grecia viene lasciata una legione permanente di alleati veterani comandati da Spurio Onorio Lentulo, distintisi nelle operazioni dell'ultima guerra: l'armata combatte di tanto in tanto contro i ribelli e i soldati inviati da Pergamo: le perdite vengono rimpiazzate da legionari reclutabili a Pella, Tessalonica ed Atene, mentre a Sparta si lavora per aggiungere la città a questo elenco. I romani si interessano soprattutto militarmente ai limiti settentrionali: le tribù daciche potrebbero infatti calare verso la penisola greca con molta facilità se lo volessero: Filippi e Filippopoli vengono fatte crescere in fretta grazie a misure di popolamento forzato, allo scopo di poter far evolvere le città e fortificarle. Segestica diviene in questi anni una vera e propria fortezza ben difesa da legionari alleati e mercenari illirici con delle nuove mura di pietra, l'Illiria diviene una regione fortificata. Culturalmente parlando la letteratura e il teatro latino si arricchiscono: si riscoprono i testi greci, si costruiscono più teatri e accademie, i figli dei ceti più abbienti vengono mandati a studiare in Grecia o in alternativa vengono comprati degli schiavi greci dotti per provvedere alla loro educazione. Anche la Sicilia, e in particolare Siracusa, è luogo di confronto e scambio tra la cultura greca e quella latina. Il commercio marittimo tra la Puglia e l'Epiro si intensifica notevolmente, creando una vera e propria via di comunicazione diretta tra l'Italia e la Grecia.

    Il 194 a.C. è anche l'inizio della guerra gallica. Prima di cominciare a raccontare le vicende della guerra è doveroso conoscere la situazione delle tribù barbariche del nord Europa. Tra il 220 ed il 190 a.C. le tribù dei cimbri hanno infatti cominciato ad espandersi in maniera vertiginosa, arrivando ad occupare tutta la Germania centro-settentrionale ed orientale e spingendosi fin verso le steppe orientali a danno degli sciti, grazie ad un'alleanza miltare con le tribù daciche, i quali sono anche loro in guerra con il re di Scizia. La potenza dei cimbri è a dir poco impressionante: non si sa chi prenderà il posto degli sciti a guerra terminata, ma la situazione è preoccupante, in quanto Roma dovrà prima o poi confrontarsi con questi popoli, uno dei quali potrebbe avere anche uno sbocco sul Ponto Eusino. I Boii inoltre potrebbero essere scacciati a sud nei territori romani dalle altre genti barbariche. La situazione in Gallia è più gestibile, per quanto anch'essa in maniera difficile: Roma è sufficientemente forte da poter battere gli arverni se gli dei vorranno, e i Belgi costituiscono un gruppo piuttosto poco aggressivo di tribù a cavallo tra la Belgica e la Britannia, alleati comunque con gli arverni e quindi potenziali nemici dei romani. L'inserimento di Roma nel panorama geopolitico barbarico appare sicuramente un evento epocale e rischioso: nuovi fronti potrebbero aprirsi a catena a seguito delle guerre, e Roma dovrà essere all'altezza della situazione.

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    Nell'estate del 194 a.C. la legione di Decimo Fabio Massimo, giunta su un guado del Rodano per bloccare le brevi ma dannose scorrerie dei galli, viene assalito da due armate galliche per un totale di 6.334 uomini: la legione romana combatte brillantemente in difesa, e 2.625 galli vengono uccisi, 167 sono le perdite romane.



    Nell'inverno del 194 a.C. avviene il secondo scontro tra i galli e i romani, sempre sul Rodano, ma questa volta tra due armate galliche per un totale di 6.182 uomini e la legione di Marco Servilio Gemino e la sua legione: i romani vincono nuovamente, uccidendo 3.009 galli e perdendo 501 uomini. Marco Servilio Gemino si avventura successivamente verso la città gallica Lugudunon, ponendola sotto assedio, venendo a conoscenza del fatto che gli arverni hanno assoggettato anche le tribù elvetiche.



    Per l'estate del 193 a.C 5 legioni sono in Gallia Transalpina o Cisalpina, pronte a muovere nel cuore dei possedimenti gallici. A Roma si prepara un'altra legione, in parte composta da etruschi, umbri e campani. Per ora i galli si sono dimostrati molto fiacchi, sia per esperienza bellica che equipaggiamento. I migliori combattenti vengono da Gergovia, che diventa l'obiettivo primario dei romani: una volta conquistata la ricca città gallica, la nobiltà degli arverni sarà annientata e le Gallie cadranno in mano romana...ma la strada è ancora lunga.

    URL=http://imageshack.us/photo/my-images/546/0030lf.jpg/]
    [Modificato da Legio XIII gemina 29/11/2011 22:23]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 01/12/2011 10:14
    In estate Marco Servilio Gemino affronta un'armata gallica di 6.694 uomini ( nel gioco due armate, di cui una non giunge in campo ). Nella battaglia campale la legione romana dimostra la sua solidità contro gli assalti gallici, e il tribuno vince uccidendo 2.207 galli. I romani perdono tuttavia 807 uomini.



    Sul Rodano Quinto Cecilio Metello sconfigge con le sue truppe di alleati ed ausiliari un esercito gallico di 5.020 uomini, uccidendone ben 3.000. I galli prendono sconfitte su sconfitte, nonostante l'evidente vantaggio dato loro dalle posizioni e dall'inferiorità numerica romana.
    Nell'inverno del 193 si assiste all'avanzata romana nel cuore della Gallia: Decimo Fabio Massimo pone sotto assedio Gergovia, la temibile e fortificata capitale nemica, Quinto Cecilio Metello Vindovissa e Spurio Petronio Massimo Lemonum.
    Nel 192 a.C. gli assedi proseguono, Lucio Vibio Atello, giunto dall'Italia con una nuova legione, assedia Aginnon. Nello stesso anno Rodi viene espugnata dalle truppe ateniesi al soldo dei romani. A Roma viene portato il tesoro di Rodi che conta oltre 17.000 danarii. Roma si espande nell'Egeo.



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    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
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    00 01/12/2011 17:41
    Ottima narrazione e ottime immagini, prima o poi dovrò provare questo mod. Ti seguo! ;)
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    00 02/12/2011 11:42
    Re:
    Vindav, 01/12/2011 17.41:

    Ottima narrazione e ottime immagini, prima o poi dovrò provare questo mod. Ti seguo! ;)



    Grazie, è un incentivo a fare meglio [SM=g8320]! Ti consiglio di scaricare la mod il prima possibile, è veramente molto bella.


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    00 02/12/2011 13:33
    Nell'estate del 192 a.C Marco Servilio Gemino viene nuovamente attaccato presso Lugudunon da 4.619 galli, comandati dal nobile arverno Vosecunno di Matisco. Anche qui la legione romana da il meglio di se, uccidendo il nobile gallico sul campo insieme a 1.539 dei suoi guerrieri. I romani hanno 331 perdite, un numero piccolo ma che, sommato a quello delle battaglie precedenti, rende sempre meno forte la legione.



    In estate Decimo Fabio Massimo viene raggiunto a Gergovia da un'armata gallica ed è nuovamente battaglia. Decimo riporta una buona vittoria, uccidendo 1.401 galli e perdendo 124 soldati. Fino ad ora gli Arverni non hanno dato certo il meglio, i loro soldati sono per lo più fuggiti a seguito delle pioggia di pila e degli aggiramenti della cavalleria romana. Tuttavia il Senato sa che presto avverrà la riscossa gallica, maturata dall'odio nei confronti dell'odiato invasore romano. Gli Arverni non perderanno facilmente la libertà.



    Le paure del Senato di Roma sono fondate. Nell'autunno del 192 Marco Servilio Gemino viene nuovamente attaccato, questa volta da un'armata di 4.000 galli: i romani sono solo 1.835. L'armata gallica è guidata dal generale arverno Viridomaro, il quale da battaglia ai romani in una piana circondata dalla boscaglia. Finite le schermaglie e cominciati gli scontri, i legionari combattono al meglio grazie alla loro esperienza e allo spiritio di corpo, ma i galli sono guerrieri più aggressivi e disperati. Marco Servilio Gemino comprende che alla lunga la furia celtica riuscirà a sopraffare la formazione romana: egli decide così di entrare nella mischia per uccidere Viridomaro e cercare di mandare in fuga il suo esercito. Marco Servilio Gemino raggiunge il generale gallico nella mischia, ma questi si lascia inseguire nelle retrovie. Il generale romano e la sua guardia lo raggiungono ma vengono in breve assaliti da ogni lato dalla fanteria gallica e massacrati. Marco Servilio Gemino viene trafitto da numerose lance galliche, senza smettere di combattere fino all'ultimo respiro. La legione romana è commossa dal sacrificio del suo comandante, e tiene la formazione per lungo tempo. Alla fine della giornata i romani sono comunque in fuga. I morti gallici sono 1.548, quelli romani 1.110, uno dei pochi casi nei quali i vincitori hanno avuto più perdite degli sconfitti. La legione romana è tuttavia dissolta, i soldati dispersi, i piani di campagna dovranno essere modificati. Nell'inverno del 192 Quinto Cecilio Metello leva l'assedio da Vindovissa, per non finire accerchiato dalle armate galliche, marciando verso sud.





    Nello stesso inverno del 192 i romani ottengono tuttavia le prime vittorie contro le città galliche. L'Aquitania viene sottomessa, almeno formalmente, a Roma: Lucio Vibio Atello espugna Aginnon, annientando il suo capo Merogasio e le sue bande; Spurio Petronio Massimo espugna invece Lemonum, uccidendo il capo gallico Andostenno ed i suoi uomini. Le perdite romane sono poche, tuttavia il saccheggio delle città è magro, senza contare che le città conquistate saranno in rivolta per molto tempo a causa dell'odio gallico nei confronti dei romani. Nemmeno lo sterminio e le crocifissioni riescono a piegare la fierezza dei popoli conquistati.



    Poco prima della primavera i galli assaltano nuovamente la legione di Decimo Fabio Massimo impegnata nell'assedio di Gergovia. Questa volta la battaglia ha un significato particolare, dato che l'armata gallica è capitanata dal re degli Arverni, Epadetorige, guerriero di grande esperienza. La legione romana si attesta su un pendio, e l'impeto dei galli viene presto smorzato dalla fatica: i guerrieri si stancano ma continuano comunque a combattere per il loro re, causando anche diverse perdite ai romani. Proprio mentre alcune bande galliche stanno fuggendo dalla lotta con i legionari, Decimo Fabio Massimo assalta con la sua guardia il re dei galli. Epadetorige combatte insieme ai suoi nobili contro i cavalieri romani, ma in breve viene accerchiato e trafitto nell'addome da una lancia romana: egli cade da cavallo e, sul suolo innevato, osserva i suoi guerrieri che vengono inseguiti dai romani e massacrati. Egli vede le spande insanguinate, sente le grida, finchè tutto si fonde e si spegne mentre i cavalieri romani si chiudono attorno a lui trafiggendolo ripetutamente. Alla fine della giornata sono rimasti sul campo 1.989 galli e 489 romani. Decimo Fabio Massimo ha respinto un'altra volta l'assalto gallico.







    In primavera Quinto Cecilio Metello, appostatosi nuovamente sul Rodano, respinge due attacchi nemici, perdendo 1.800 uomini ma massacrando 4.600 galli. La guerra si sta trasformando in un massacro di dimensioni inimmaginabili. In poco meno di 1 anno sono infatti morti 11.048 guerrieri gallici, senza contare i civili massacrati dai romani...e pensare che la guerra è appena iniziata. Con la buona stagione Lucio Vibio Atello e la sua legione partono da Aginnon ponendo la città gallica di Avaricum sotto assedio, mentre Spurio Petronio Massimo e la sua legione marciano verso Bibracte, la seconda città più importante del regno degli arverni, ponendola sotto assedio in estate.

    [Modificato da Legio XIII gemina 02/12/2011 13:38]


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    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

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    00 02/12/2011 19:18
    Nell'estate del 191 a.C. giunge dall'Italia la nuova legione di Gaio Flaminio Nepote, il quale si dirige verso Lugudunon sicuro di ottenervi una brillante vittoria.
    Nell'inverno dello stesso anno si consuma presso Gergovia una gravissima sconfitta romana. Decimo Fabio Massimo viene assalito da due armate galliche: la prima è facilmente sconfitta, muoiono 903 galli e 109 romani. La seconda ondata invece conta ben 6.108 galli, guerrieri nobili e armati di tutto punto, alla guida del temuto generale Catuvolcus. Decimo Fabio Massimo conduce la sua legione in battaglia sapendo che non c'è via di salvezza, anche i legionari lo sanno: ma questa battaglia potrà segnare le sorti della guerra, l'armata nemica, è l'ultimo esercito composto da veri e fieri nobili arverni, la sua decimazione segnerebbe la vittoria romana in Gallia.
    La battaglia è violentissima, e si risolve in un grande corpo a corpo. I legionari romani sono assaliti da ogni lato, i guerrieri arverni battono in continuazione gli scudi nemici con le loro armi lanciando grandi urla di guerra. Lo spargimento di sangue è immenso, nella mischia gli uomini sono costretti a combattere sopra i cadaveri. In mezzo alla mischia viene ucciso Catavulcos, e cadono molti altri nobili arverni. Tuttavia i legionari vengono sopraffattti, gli alleati sono i primi a fuggire inseguiti dai cavalieri gallici, mentre i romani osservano con occhi orgogliosi il loro comandante gettarsi in mezzo alla mischia. Dopo la battaglia della legione non si ha più notizia: i soldati sfuggiti dalla furia del campo non verranno più ritrovati, ma a Roma tutti sanno che giacciono uccisi nei boschi dell'Alvernia, tra di loro il grande comandante Decimo Fabio Massimo, veterano di molte battaglie, eroe delle guerre greche, conquistatore di Atene, vincitore dei soldati del re di Pergamo e di molte armate galliche. I morti romani sono 2.305, quelli galli 1.480. Gergovia rimane parzialmente scoperta. Nel frattempo gli arverni festeggiano la vittoria sugli odiati romani.











    Alla notizia della catastrofe Gaio Flaminio Nepote decide di marciare verso Gergovia, e nella primavera del 190 a.C. la cinge d'assedio: sulle mura dell'insediamento i romani possono scorgere appese le teste dei legionari morti l'inverno prima, i lavori di assedio procedono sotto i macabri trofei. Gaio Flaminio Nepote è un generale giovane ed inesperto, ma il desiderio di vendicare la sconfitta romana è forte: i suoi uomini comprendono che egli sente in lui la stessa forza che si muove dentro di loro. La resa dei conti con gli arverni è vicina.
    Nell'estate del 190 l'esercito degli arverni, nuovamente radunato, viene mandato contro la legione di Gaio Flaminio Nepote: la legione romana si dispone su un'altura, il generale fa nascondere i tiratori dietro i legionari. L'esercito gallico avanza minacciosamente, ma grazie alla pioggia di pila viene rallentato, e successivamente bloccato dalla rigida formazione dei legionari. Stabilizzatasi la situazione Gaio Flaminio Nepote da ordine ai tiratori di alzarsi e di cominciare a far piovere proiettili sul nemico: la sorpresa è totale. Gli arverni vengono bersagliati continuamente da sassi e frecce e cadono a centinaia, subito molti si danno alla fuga. Il generale nemico viene colpito da una sassata in fronte, e cade da cavallo morto sul colpo. I romani avanzano ed annientano l'esercito gallico, la vittoria è grande. 3.281 sono i morti gallici, 1.700 quelli romani.







    Dopo qualche giorno dalla vittoria l'ultimo corpo scelto di nobili arverni cerca di sfondare disperatamente le linee romane ma viene anch'esso masscarato, di 1.636 morti galli e 456 romani è l'esito dello scontro.
    Le porte di Gergovia vengono spalancate, ed i soldati romani operano uno dei più grandi massacri della storia di Roma. 30.883 galli vengono trafitti, sgozzati, decapitati, crocifissi e uccisi in qualsiasi altro modo. Le donne vengono violentate, le case razziate, per giorni i romani sfogano la rabbia ed il senso della vendetta su un popolo ormai inerme e perduto, Gergovia è caduta, e con essa tutte le speranze della Gallia, le quali bruciano insieme alla nobile città. A Roma giungerà un bottino per 28.539 denarii. Nell'Urbe la festa è grande, il Senato è orgoglioso, la plebe osanna Gaio Flaminio Nepote e la sua legione di valorosi...in pochi comprendono di quanto sangue sia macchiata la vittoria romana
    La campagna in Gallia volgerà presto al termine: tuttavia si materializza all'improvviso una terribile minaccia. Le tribù daciche sono scese in Grecia e con due armate molto forti hanno posto sotto assedio Tessalonica e Filippi. La situazione è grave, ma il Senato conta di risolvere il problema in breve e a tutto vantaggio della futura estensione dei territori romani.

    Nell'inverno del 190 Spurio il Pio, comandante delle armate di Grecia e Macedonia, annienta le due armate daciche con il suo esercito di legionari alleati veterani, infliggendo 2.905 morti ai daci e perdendo 839 soldati: Tessalonica e Filippi sono salve, ma i daci non si daranno per vinti.

    [Modificato da Legio XIII gemina 03/12/2011 10:58]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    Vindav
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    Miles
    00 05/12/2011 17:12
    bellissima l'immagine con le 2 teste mozzate! [SM=g8149]

    p.s. vedo dei soldati nudi [SM=g8312]
    [Modificato da Vindav 05/12/2011 17:15]
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    Legio XIII gemina
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    Tribunus Angusticlavius
    00 05/12/2011 18:33
    Questo ed altro in RSII. Trovo le teste mozzate molto pittoresche ^^.
    I soldati nudi sono storicamente corretti. La nudità era un'ostentazione di virilità, di coraggio e di sprezzo del pericolo, senza contare che alcuni guerrieri la usavano insieme all'assunzione di droghe ed alcol allo scopo di somigliare più ad animali-divinità selvagge che a uomini, con effetti non da poco sul campo di battaglia.

    p.s. purtroppo non ci sono unità femminili del gioco che pratichino le stesse usanze belliche...ci si può al massimo accontentare al pensiero di portarsi a casa qualche schiavetta gallica o germanica quando si conquistano gli insediamenti nemici [SM=g8299].
    [Modificato da Legio XIII gemina 05/12/2011 18:44]


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    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

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    che senza venti in un bel colle fiocchi,
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    sendo lo spirto già da lei diviso,
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    Costantinus
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    00 05/12/2011 21:19
    Combattere nudi o praticare attività agonistiche nudi era normale praticamente per tutti i popoli antichi, celti e germani i primi e greci i secondi. Solo i Romani avevano un senso del pudore simile al nostro (e non è un caso). Non a caso i gladiatori, che erano perlopiù schiavi e liberti di infima condizione combattevano nudi (comunque non del tutto, perchè i subligalia erano una specie di mutande) e proprio per questo cavalieri e senatori vennero progressivamente allontanati dalla possibilità di esercitare la gladiatura...
    [Modificato da Costantinus 05/12/2011 21:20]

    ___________________________________________

    "Vi abbiamo insegnato a distinguere se (i legionari che incontrerete) sono delle reclute o se sono veterani. Se sono reclute potete provare ad affrontarli; se sono veterani tiragli addosso tutto quello che avete e scappate il più in fretta possibile." (discorso di Flavio Giuseppe ai suoi soldati)

    "A nessuno capita qualcosa che non sia in grado di sopportare" (Marco Aurelio)

    "Se avessi avuto simili soldati avrei conquistato il mondo" (Pirro, riguardo i legionari romani)

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    Vindav
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    00 06/12/2011 10:46
    Sinceramente non me lo sarei mai aspettato,ok a petto nudo ma completamente nudi [SM=g8122] , pensavo fosse una "licenza storica" di RSII, non che sia un esperto di storia anzi, a parte qualcosina sui romani, conosco ben poco delle usanze di quel tempo.
    Beh significa che anche oggi ho imparato qualcosa di nuovo, un po' di cultura storica non fa mai male [SM=g8119] e un altro motivo per scaricare questo mod... peccato che non abbia molto tempo da dedicare [SM=g8172].

    [Modificato da Vindav 06/12/2011 10:47]
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    Legio XIII gemina
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    Tribunus Angusticlavius
    00 06/12/2011 14:19
    Nell'estate del 189 a.C Lucio Vibio Atello espugna Avaricum, dopo una disperata sortita nemica: nello scontro muoiono 65 romani e 1.319 galli. Dopo la vittoria Avaricum viene saccheggiata con i soliti modi brutali...vegnono uccisi 14.476 abitanti e portati a Roma beni per un valore di 13.230 danarii.
    Nella stessa estate viene segnata una tregua temporanea con le tribù daciche, il massacro in Macedonia delle loro armate deve averli molto spaventati.
    In inverno il generale romano Vibio Lentulo Annio espugna la città di Lugudunon perdendo 226 uomini ed uccidendo 782 gurerrieri gallici. Anche qui i romani ottengono con la forza molti tesori: vengono massacrati 10.921 galli. Dopo aver sistemato le cose a Ludgudunon, il generale romano si reca a Vindonissa e la pone sotto assedio.





    Ancora un'altra brillante vittoria romana: il generale Spurio Petronio Massimo con la sua legione di veterani di Grecia e Macedonia, sconfigge sotto le mura di Bibracte un assalto di 4004 galli. Le perdite romane sono di 857 uomini, quelle galliche di 3.701. Bibracte cade, ed anche qui un nuovo massacro, operato su l'ultima vera ricca città arverna in grado di creare problemi ai romani: 24.577 galli sterminati e 22.659 denarii portati a Roma. In Italia cominciano ad affluire molti schiavi gallici, i generali romani allargano le loro clientele, si accordano tra loro per ottenere incarichi dal Senato nelle nuove province annesse e la Gallia comincia a romanizzarsi.





    Nello stesso inverno il comandante Numerio Vibio Atello viene assassinato da un sicario gallico sulla strada per Marsiglia.
    Le vittorie romane sono splendide, ma la guerra in Gallia è ancora lontana dalla fine. In Senato si pensa di dichiarare guerra anche ai Belgi, penetrando nei loro territori e saccheggiandone le ricche città, ma le legioni in Gallia devono ancora combattere a lungo e devono anche essere riaddestrate: aggredire i Belgi in questo momento tornerebbe solamente a loro favore. A Gergovia si lavora per costruire siti di reclutamento di truppe locali per meglio difendere i territori da poco conquistati. I proventi dei saccheggi vengono utilizzati da Roma per costruire molte opere pubbliche, tutte volte ad incrementare i commerci e le coltivazioni nelle terre della Res Publica.


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    Legio XIII gemina
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    Tribunus Angusticlavius
    00 02/03/2012 19:01
    Hallo, finiti gli esami ho un ritaglio di tempo per la mia cronaca! Ho visto che è piaciuta a molti, dunque la continuo volentieri.

    Allora, la situazione in Gallia se non sbaglio appariva ancora un po' incasinata, poichè c'erano gli Arverni ancora da annientare...invece tutto si è risolto con niente, perchè con un generale ho ucciso il re degli Arverni distruggendo l'intera fazione, essendo lui rimasto l'unico familiare. Ora tutta la Gallia è pieno di ex armate arverne ribelli, però almeno non ho più una resistenza attiva. Problemi potrò averne solo dai Cartaginesi se non fortificherò tutto al più presto o non mi inventerò qualche giochetto, tipo tenere sotto assedio la città ribelle confinante con i territori cartaginesi ( Nemasus, odierna Nimes ), levando l'assedio all'ultimo momento in modo da non far intervenire i Cartaginesi.
    A questo punto decido di invadere la Belgica per impossessarmi di tutta la Gallia, prima appariva un po' proibitivo, adesso invece senza Arverni si farà bene...almeno spero. I Belgi sono messi abbastanza bene come armate, ma con 3 legioni li dovrei sistemare. Quindi invio Spurio Petronio Massimo con la sua legione di veterani a Drurocortoron ( Drurocortorum in latino, odierna Reims ); poi invio Vibio Lentulo Annio a Cenabum, città appena conquistata dai Belgi alle tribù locali sulla Loira. Questo generale stava assediando il villaggio di Vindovissa, ma ho preferito lasciare l'assedio per avere maggiore forza nel momento della conquista della Belgica, e soprattutto per non avere un altro territorio sguarnito confinante con i domini Boii. Avendo avvistato un'altra grande armata vicino a Drurocortonon con una spia, decido di non esporre più di tanto Lucio Vibio Atello lasciandolo a presidio di un guado e facendogli assoldare due unità mercenarie di cavalleria germanica sul posto. Dall'Italia è inoltre in arrivo una nuova legione, e dalla Grecia dei manipoli di alleati veterani che sono appena sbarcati in Apulia. I Belgi sono colti di sorpresa, ma la loro "tradizionale" furia guerriera non tarderà presto a scatenarsi. Potrei cimentarmi in un excursus da de bello Gallico sulle differenze tra le popolazioni galliche in generale, quella dei Belgi e quella dei Germani, ma preferisco farlo quando descriverò le battaglie da vicino.
    Philippi viene posta sotto assedio da un'orda dacica scacciata da Spurio il Pio, il quale decide di non annientare il nemico in campo.
    Le spese militari crescono, ma presto la Belgica dovrebbe ripagare in oro e schiavi.

    p.s. mi scuso per i lettori perchè ho riletto la cronaca ed ho notato di aver eliminato per errore un post nel quale fra l'altro c'erano due battaglie bellissime contro i Greci [SM=g8172] purtroppo ho anche cancellato i tga nella cartella di Rome e non posso nemmeno ripostarvi le immagini.

    sotto l'annientamento degli Arverni e l'invasione della Gallia Belgica


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    [Modificato da Legio XIII gemina 03/03/2012 12:56]


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    Legio XIII gemina
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    Tribunus Angusticlavius
    00 03/03/2012 12:18
    Nella primavera del 187 a.C. Avaricum si ribella sotto la guida dell'equestre Tito Genuzio Camillo, separandosi dal Senato di Roma. La situazione non è grave, ma al momento Avaricum non può essere recuperata ed essa si comporta da potentato locale con i vantaggi di un comando romano. Nello stesso turno Daci e Sarmati si alleano in funzione anti-germanica e anti-romana.
    Alcune navi romane costruite a Lemonum partono per porre sotto assedio i porti dei Belgi. I Belgi sembrano non reagire all'invasione romana, probabilmente non vogliono affrontare le legioni disposte in difesa. In estate Spurio Petronio Massimo espugna Drurocortorum, uccidendo il capo celtico Maccaros e massacrando 5.429 celti all'interno della città. Spurio sistema le cose in città e si appresta a continuare la campagna con la sua legione di veterani.



    Sempre in estate tre unità di arcieri gallici alleati dei romani inviati come rinforzo per il fronte belgico vengono aggrediti in un'imboscata dalla tribù locali dei ribelli Senoni. In pochi attimi l'intero gruppo di arcieri viene massacrato brutalmente a colpi di spada e di lancia dai fieri Galli. Le campagne galliche pullulano di ribelli, purtroppo al momento non si può intervenire: Roma ha moltissime spese, ed i ribelli non sono solo un problema gallico ma anche italico, Etruria, Bruzio e Venezia sono infatti infestate da briganti che creano notevoli disagi al commercio.



    Vicino Drurocortorum avviene uno scontro tra alcuni manipoli romani ed un'unità di Bellovaci, una delle più potenti e numerose tribù della Gallia Belgica: i legionari sono in netta superiorità numerica ma assaggiano la furia e la fierezza di questi popoli, temprati da generazioni di guerra e sangue con i loro vicini Germani.
    Intanto gli esploratori riportano che la grande armata belgica avvistata pochi mesi prima vicino a Drurocortorum sembra essersi appostata ad attendere i Romani. Il comando romano è preoccupato poichè i Belgi hanno radunato in quell'armata più di 3.000 guerrieri, quanti bastano per creare difficoltà ad un'intera legione. Tuttavia si opta per assalire il nemico, nonostante la sua forte posizione difensiva. Lucio Vibio Atello viene inviato con la sua legione contro l'armata belgica. La battaglia avviene a fine estate tra colli e boschi. I Belgi sono attestati su una collina, ed i Romani avanzano lentamente in formazione. Tra i Belgi vi sono i temuti carri da guerra celtici, cavalleria di nobili e fieri guerrieri appiedati: nulla però sembra scalfire la determinazione e la calma dei legionari romani. I Romani giungono con il loro schieramento a pochi metri dall'esercito nemico, dal quale si alzano terribili urla di guerra. Il nemico cerca di aggirare i Romani, ma la pioggia di pila e le gragnuole di sassi dei frombolieri smorzano i loro tentativi. Dopo alcune ore di schermaglia i Celti decidono di attaccare in massa, aggredendo i ranghi romani con un grande urlo e lanciandosi come belve contro la formazone nemica. I legionari, grazie alla disciplina, reggono freddi all'urto dei guerrieri nemici, ed ingaggiano un furioso combattimento. Nonostante la foga iniziale i Belgi cominciano a perdere le forze a causa dei loro metodi combattivi tradizionali, ed i Romani ne approfittano per mandare la cavalleria alleata germanica di Treveri ad aggirarli, cercando di intaccarne il morale. I cavalieri treveri giungono alle spalle dei guerrieri celtici lanciando una fitta pioggia di giavellotti e causando notevoli perdite. Nel frattempo sul fianco destro ai triari viene dato l'ordine di scendere in campo e di assalire frontalmente la cavalleria dei nobili celti, i quali vengono abbattuti violentemente. Il comandante nemico si trova nella mischia con i suoi carri e non si vuole arrendere, ma i Germani alleati lo raggiungono e lo colpiscono mortalmente. In breve tempo i Romani aggirano completamente la formazione avversaria mandandola in rotta e massacrando 2.783 nemici. Le perdite romane alla fine della giornata saranno 534. La vittoria è brillante, ed entusiasma enormemente i legionari romani su tutto il fronte. I Belgi hanno perso una delle più grandi armate a loro disposizione ed i Romani hanno avuto perdite esigue.









    Dopo la vittoria Spurio Petronio Massimo viene inviato più a nord per porre sotto assedio la capitale belgica, Bratuspantium. Digressione, non si conosce ad oggi il vero luogo dove sorgeva Bratuspantium. Storicamente era la capitale dei Bellovaci, conquistata da Cesare nel 57 a.C. Confusa spesso con l'attuale Beauvais ( se non sbaglio chiamata all'epoca invece Caesaromagus ): le ipotesi più probabili ad oggi la ubicano o a Venduil-Caply o a Bailleul sur Thérain. L'etimologia del nome di Bratuspantium dovrebbe essere "il luogo in cui rendiamo conto del giudizio."
    L'assedio procede bene, i Belgi si barricano nelle mura.

    Nell'inverno del 187 Aulo Corciano Massimo con la sua nuova legione proveniente dall'Italia pone sotto assedio Avaricum, mentre all'interno dell'insediamento Tito Genuzio Camillo prepara i suoi manipoli e le sue macchine da guerra per la difesa, Romani contro Romani.
    A Lucio Vibio Atello viene ordinato di porre sotto assedio Nemetacum e Bagacum ( rispettivamente odierne Arras e Bavay, emntrambe nella regione francese di Nord-Passo di Calais ). Per eseguire ciò divide la sua legione e procede con gli assedi, partecipando di persona a quello di Nemetacum.

    Nella primavera del 186 Daci e Boii si alleano contro i Romani. Bagacum e Nemetacum vengono espugnate senza problemi, circa 4.000 Celti vengono massacrati dai Romani ed ogni resistenza smorzata. A Nemetacum muore il re belgico Imbeto il Crudele, ed anche la fazione dei Belgi viene annientata prima del tempo. La Gallia è ormai priva di una guida autonoma, i Romani posso procedere alla totale annessione senza più problemi.



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    00 04/03/2012 11:33
    Nell'inverno del 186 a.C. la tensione tra Roma e Cartagine è molto alta: i Cartaginesi entrano in Gallia ponendo sotto assedio la città di Nemasus, in mano a tribù libere. Cartagine non dichiara guerra a Roma, ma se Nemasus cadrà in suo possesso il prossimo obiettivo dei Punici saranno le romane Gergovia e Marsiglia: pertanto Roma invia il nobile Gaio Flaminio Nepote contro l'armata cartaginese in assedio a Nemasus per distruggerla. La battaglia è vinta dai Romani grazie ai tiratori gallici e alla disciplina dei legionari. La cavalleria cartaginese viene abbattuta da una fitta pioggia di proiettili. Roma perde 588 soldati e Cartagine 1.402. I superstiti cartaginesi fuggono verso Emporion. Cartagine e Roma sono di nuovo in guerra.





    A Roma si preparano truppe per invadere l'Africa, tre nuove legioni saranno pronte tra alcuni anni, inoltre viene spesa un enorme quanità di denaro per costruire nuovi porti ed arsenali navali, in vista della guerra navale contro la cittù punica. Cartagine si è espansa notevolmente nel Mediterraneo negli ultimi anni, cominciando una politica di espansione nell'entroterra africano ed iberico reprimendo le tribù localii; le sue città sono ricche, la sua tecnologia militare ha fatto grandi passi in avanti, ed è ormai la ricchissima e potentissima capitale di un impero che compete fortmente con Roma nei traffici marittimi.

    Nell'autunno del 185 Cenabum cade per fame, 13.590 celti vengono massacrati durante il saccheggio ed il tesoro della città viene portato a Roma.

    Nel 184 Vibio Lentulo Annio viene inviato per la Gallia a debellare le popolazioni ribelli. In estate distrugge un'armata di 2.500 galli, perdendo 187 uomini e massacrandone 1.845. La macchina bellica romana agisce perfettamente, una delle più grandi armate ribelli della Gallia viene spazzata via in pochi minuti. Il Senato accoglie la notizia della vittoria compiaciuto.







    Nell'estate del 184 Avaricum ed i ribelli romani al suo interno capitolano per fame: la folle avventura di Tito Genuzio Camillo ed i suoi seguaci non poteva avere esito differente. Quando la legione romana assediante entra a Cenabum il massacro è totale, nessuno dei traditori di Roma esce vivo dalla città. Prima dell'arrivo dei legionari Tito Genuzio Camillo si getta sulla spada insieme ai suoi fedeli: altri fedeli affrontano i legionari venendo massacrati uno ad uno. Muoiono 4.403 civili.
    Nell'autunno dello stesso anno Mediolanum viene posta sotto assedio da un'armata di Boii, calati dalle Alpi la scorsa primavera. In inverno i Romani rispondono ponendo sotto assedio Vindovissa ( vicina all'odierna Windisch, Svizzera ), conquistata agli Elvezi dai Boii l'anno precedente: Vibio Lentulo Annio è a capo della legione. Subito i Boii rimpatriano oltre le Alpi ed i cittadini di Mediolanum, come quelli di Roma, traggono un sospiro di sollievo ringraziando gli dei per averli salvati.
    Nello stesso inverno cade Bratuspantion, utlima grande capitale gallica: i Belgi al suo interno tentano un'ultima sortita fuori dalle mura uccidendo 380 alleati romani ed alcuni legionari, finendo tuttavia massacrati in 780. Un popolo è stato piegato per sempre. La legione di Spurio Petronio Massimo si impadronisce della città uccidendo 26.782 Belgi, una delle più grandi stragi della campagna gallica. A Roma viene inviato un tesoro per 27.188 denari, composto da tutte le ricchezze accumulate dall'ormai scomparso dominio belgico. La legione di Spurio Petronio Massimo, veterana di Macedonia, Grecia e Gallia, verrà inviata in Italia per essere riaddestrata ed inviata come testa di ponte in Africa contro i Cartaginesi: questi uomini sono la legione più forte e fedele di tutta la Res Publica, anche grazie all'esperienza di 10 anni di guerra ininterrotta contro le fiere tribù della Gallia.



    Nella calda primavera del 183 a.C. Vibio Lentulo Annio espugna Vindovissa, presidiata solo da poche centinaia di Boii. Circa 4.300 celti vengono uccisi dai Romani durante il saccheggio. Ormai queste popolazioni non hanno più scelta contro Roma: opporsi ad essa significa o vincere o morire.






    [Modificato da Legio XIII gemina 04/03/2012 11:34]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 05/03/2012 20:21
    Nella stessa estate Vibio Lentulo Annio si spinge all'interno dei territori dei Boii ad occidente dal fiume Reno, verso la Germania, per compiere un'incursione nei territori nemici. Durante il cammino il generale romano incontra un'armata di 1.880 tra i migliori guerrieri dei Boii: vi sono campioni celtici, varie bande di schermagliatori d'elite, bande di Catti e dei temuti Teutoni. Vibio Lentulo Annio muove guerra contro gli avversari, uccidendo 1.547 guerrieri e perdendo 577 uomini: dopo la battaglia la legione è stremata e il generale decide di appostarsi sul Reno. Durante le marce i legionari osservano tesi tra le ombre della foresta germanica.



    In autunno Spurio Petronio Massimo viene posto al comando di una legione ridotta e composta da italici e gallici, e viene inviato contro Vesontio ( odierna Besançon ), la quale è stata strappata da pochi mesi dai Boii ai Sequani. L'assedio viene ben organizzato, Spurio Petronio Massimo non è solo un buon generale ma anche un ex centurione e conosce bene il morale, le possibilità e le resistenza dei suoi uomini. Poco prima dell'inverno i Boii tentano una sortita ma vengono in breve massacrati dai legionari italici, appoggiati dai tiratori celtici alleati. Vesontio viene occupata dai Romani.
    Nel frattempo in Epiro Durazzo viene posta sotto assedio da un'armata di Daci e Segestica da una di Boii. Spurio il pio scaccia i Daci da Durazzo, mentre a Segestica ci si prepara a resistere all'assedio. Gli improvvisi assalti nemici causano molti dubbi in Senato sulla possibilità di invadere i territori cartaginesi lasciando a poche altre armate di alleati la difesa dei confini settentrionali: continuano comunque i preparativi per l'invasione dell'Africa.
    In inverno Vibio Lentulo Annio si muove dal Reno e marcia verso Veldideno ( oggi Wilten? Austria comunque vicino Innsbruck ), dove alcune spie al soldo di Roma riescono ad aprire le mura ai Romani e a farli entrare in città I pochi Boii di guardia, sorpresi, combattono eroicamente fino all'ultimo, ma i loro sforzi sono inutili: i Romani uccidono 3.684 civili. Molte armate di alleati romani affluiscono verso il Norico, mentre i Boii preparano una controffensiva.
    Nello stesso inverno si hanno dei tumulti a Lemonum contro il dominio romano e Pella viene posta sotto assedio da un'altra armata di Daci.





    Nel 182 a.C. il questore Publio Livio Crispo distrugge presso Pella un'armata di Daci. Romani e Greci combattono fianco a fianco negli stessi ranghi. Vengono uccisi 1.175 Daci e 277 Romani.

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    Il questore approfitta della mobilitazione della sua armata per eliminare una banda di briganti locali, i quali causano tuttavia 157 vittime tra i ranghi romani morendo comunque in 334.

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    Sul Reno in primavera, un'armata romana composta da veterani greci assoldati durante le campagne di Macedonia e Grecia, viene assalita da un'armata di Boii e di altre popolazioni sia celtiche che germaniche. I Romani sono 2.223 ed i Boii 2.532. L'esito dello scontro è incerto, ma i Romani sfruttano ottimamente la loro posizione bloccando i nemici su un guado mandandoli in panico e sterminandoli. Alla fine della giornata 2.385 sono i morti barbari e 234 quelli romani.

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    In inverno i manipoli romani sul Reno vengono assaltati nuovamente, questa volta da due armate di Boii, una da 1.862 guerrieri e l'altra da 3.254: la situazione è disperata, l'armata romana ha solo 1.995 uomini, ma il comandante romano decide di resistere. La prima armata di Boii corre contro i Romani lanciando grandi urla di guerra ed infrangendosi sul loro muro di scudi. Dopo il primo impatto inizia un combattimento violentissimo: la furia barbarica è soprendente, i legionari sono saldi sulle loro posizioni ma subiscono molte perdite, in particolare i guerrieri teutoni sfondano in più punti con le loro asce le linee romane, mentre la cavalleria germanica viene arrestata: molti cavalieri vengono tirati giù da cavallo dai legionari e sgozzati. Spurio, il comandante romano, viene trafitto nella mischia da una lancia celtica, mentre Scotinos, il comandante dei Boii, viene trafitto dai gladi di alcuni legionari. I Romani sono sfiniti, ma i Boii cominciano a cedere prima di loro, così i legionari li inseguono, li abbattono e li massacrano senza pietà tingendo la neve di rosso: il campo è ovunque disseminato di cadaveri, e la strage prosegue senza pietà, le armature e le vesti dei legionari sono completamente ricoperte di sangue, sia romano che barbarico. Ovunque si sentono urla e lamenti. Mentre i Romani hanno quasi finito di sterminare l'armata avversaria, giunge dalle foreste germaniche l'altra armata dei Boii, comandata dal nobile celtico Uocunilios. I legionari ricompongono le linee in tempo, ma l'armata nemica è troppo numerosa e composta da ottimi combattenti: quando i barbari arrivano a pochi metri dai legionari, questi ultimi con un grande grido si lanciano alla carica, gettandosi in uno scontro dal quale sanno di non poter uscire vivi. Nuovamente comincia uno scontro molto violento, ma i Romani vengono in breve accerchiati: i Boii colpiscono da ogni lato con asce, spade e lance, fracassando le loro armature e uccidendoli con ferocia. Le rive del Reno sono teatro di uno dei più grandi massacri romani. Alla fine della giornata saranno morti 1.752 barbari e 1.300 legionari: i pochi superstiti romani ripiegano verso occidente.

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    Sempre nell'inverno del 182 una banda di guerrieri celtici al soldo romano mette sotto assedio Noreia, dei Boii ( Noreia era un'antica città delle Alpi orientali, capitale del regno del Norico. La sua ubicazione non è stata individuata precisamente. Per alcuni studiosi andrebbe identificata con l'insediamento romano-celtico di Magdalensberg in Carinzia, Austria, fonte wikipedia ), espugnandola, fallita la sortita di alcuni guerrieri fanatici al suo interno: una vittoria quasi casuale.

    Quasi all'inizio della primavera presso Nemasus, cambiano una volta per tutte le sorti del Mediterraneo. Il re cartaginese Asdrubale, 56 anni, con 2.823 soldati, attacca l'armata di Gaio Flaminio Nepote ( di 1.542 uomini ), per dare inizio all'invasione della Gallia. La forza cartaginese è schiacciante, ma il nobile Gaio Flaminio Nepote ed i suoi soldati decidono di resistere. Asdrubale da battaglia ai Romani di mattino su alcune alture: come al solito i Cartaginesi incominciano con qualche schermaglia, ma i Romani hanno più tiratori e riescono a far retrocedere i tiratori a cavallo di Asdrubale. A questo punto il re cartaginese fa attaccare le linee romane con tutte le sue forze. I fanti libici e i cavalieri cartaginesi cozzano violentemente contro i ranghi romani, facendoli retrocedere all'impatto. Gaio Flamino Nepote dalle ultime linee si lancia con la sua guardia a cavallo contro la cavalleria nemica nel folto della mischia. Lo schieramento romano perde solidità, anche se i soldati continuano a combattere eroicamente. I Galli Paleoveneti tra le linee romane danno enorme contributo al combattimento massacrando la cavalleria leggera punica con manovre fulminee e feroci. Durante lo scontro Gaio Flaminio Nepote, finito lo scontro contro la cavalleria avversaria e lanciatosi nella mischia dei fanti, finisce ucciso dai fanti cartaginesi. I legionari romani cominciano a fuggire in preda al terrore, ma alcuni di loro riescono ad uccidere Asdrubale, disarcionandolo e trafiggendolo al petto. Il re punico osserva la lama romana piantata nel suo corpo e comprende di essere giunto alla fine dei suoi giorni, ma con le sue ultime forze trafigge il legionario suo uccisore stringendolo a se in un abbraccio mortale. I Cartaginesi sono sgomenti per la morte del loro re, ed uno dei figli di Asdrubale, presente tra le linee, prende in mano la situazione e si lancia all'inseguimento dei legionari in fuga facendone strage vendicando la morte del padre. Alla fine della giornata saranno morti 750 Cartaginesi e 976 Romani. L'armata cartaginese prosegue verso Nemasus ponendola sotto assedio. Distrutta la legione di Gaio Flaminio Nepote la Gallia meridionale rimane scoperta all'avanzata cartaginese. Il Senato di Roma decide di inviare due nuove legioni verso la Spagna, e solo tre in Africa: tutti confidano nella manovra a tenaglia, anche se al momento mancano generali brillanti per condurre le operazioni. Lo scontro fatale tra i due titani del Mediterraneo occidentale è ormai prossimo.

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    Nella primavera del 181 a.C. Spurio Petronio Massimo pone sotto assedio Carnuntum, città dei Boii ( nell'attuale Austria, nel comune di Petronell-Carnuntum. )
    [Modificato da Legio XIII gemina 06/03/2012 16:16]


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    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

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    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

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    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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    00 08/03/2012 11:44
    Nell'estate del 181 a.C. Publio Livio Crispo distrugge un'armata ribelle in Macedonia e Spurio Petronio Massimo espunga Carnuntum. Nell'assalto muoiono 766 Romani, Carnuntum viene saccheggiata, muoiono uccisi 11.037 celti, il tesoro della città viene stimato in 11.018 danari. I Boii maturano un odio immenso nei confronti dell'avido e crudele invasore romano. I soldi derivanti dal saccheggio vengono impiegati da Roma per costruire un foro a Farsalo ed un mercato a Mediolanum. In autunno i Boii mettono sotto assedio con due armate Noreia e Vesontio, la frontiera settentrionale è sempre più infuocata.





    Nell'inverno del 181 Vibio Lentulo il Pio scaccia da Noreia una delle armate dei Boii, uccidendo 1.172 nemici e perdendo solo 29 uomini.



    Nell'estate del 180 a.C. il Senato rompe gli indugi e da ordine alle legioni stanziate in Sicilia di imbarcarsi per l'Africa. La grande invasione ha inizio, la terza guerra punica è cominciata. Le legioni romane pronte per l'invasione sono tre, comandate da Numerio Livio Salinatore, 19 anni, Appio Cornelio Scipione, 21 anni e Aulo Annio, 21 anni. Le legioni sono disciplinate, ben equipaggiate e portano con loro macchine da guerra e tiratori di supporto. Le legioni vengono imbarcate a capo Lilibeo ed in pochi giorni sbarcano in Africa, senza incontrare la flotta cartaginese. Più a nord, nel mar ligure, una flotta di trireme con a bordo una quarta legione ( la veterana di Macedonia, Grecia e Gallia ), si dirige verso la Spagna per colpire i domini cartaginesi nella penisola iberica. Le legioni, una volta giunte sul suolo africano, si dirigono verso i loro obiettivi. Numerio Livio Salinatore giunge sotto le mura di Cartagine, ponendola sotto assedio, Aulo Annio si dirige verso Tapso, mentre Appio Cornelio Scipione raggiunge ed espugna Hadrumetum, dove uccide il re cartaginese Teodecle, insieme ai suoi 450 soldati e a 18.714 cartaginesi, massacrati dagli impassibili legionari durante il saccheggio. A Roma giunge il tesoro della città, 17.185 denari, ed il popolo esulta della grande vittoria. A Cartagine si trema, i Romani hanno invaso il cuore dei possedimenti punici, ormai la guerra sarà totale e su larga scala. La notizia dell'invasione dell'Africa giunge ai comandanti cartaginesi in Spagna che hanno appena finito di assoggettare le popolazioni iberiche, in particolare quella dei Galleci, massacrati senza pietà, i quali si preparano a spostare i loro eserciti verso la patria. La risposta di Cartagine sarà molto forte.







    Nel frattempo la guerra in Rezia, Norico e Pannonia continua contro i Boii. Marco Gabinio sconfigge i Boii a Veldideno, uccidendone 632 e perdendo 62 uomini.



    Vibio Lentulo il Pio sconfigge presso Noreia due armate di Boii, uccidendo 3.239 nemici e perdendo 1.200 uomini. In questa battaglia i Romani riescono a distruggere alcune delle unità più forti dei Boii, molti nobili celtici cadono nello scontro. A sera il campo di battaglia è disseminati di cadaveri. Il popolo celtico è comunque ancora molto combattivo, e non cederà facilmente. Tutta la nobiltà dei Boii è unita per resistere a Roma. Roma del resto non ha intenzione di compiere conquiste oltre Reno e Danubio, il Senato opta solamente per la conquista ed il mantenimento di tutti i territori non germanici che lambiscono questi confini naturali.





    Come previsto, i Boii continuano a inviare grandi armate dalla Germania: Marco il Pio cerca di frenare la marcia di un'armata di 3.883 nemici sulle rive del Danubio ma viene sconfitto, pur riuscendo a mettersi in salvo e a riparare con i resti della sua legione in Illiria. Nella battaglia muoiono 1.388 Romani e 876 Celti/Germani. Tutte le campagne del Norico e della Rezia sono devastate, la guerra imperversa da molti anni e la violenza regna sovrana, così come la fame e la distruzione: i Romani incendiano, massacrano e distruggono, i Celti razziano ed uccidono ogni persona che offre aiuto ai Romani. Dalle Alpi giungono in Illiria centinaia di persone affamate, malate e moribonde, le conseguenze della guerra si manifestano in tutta la loro tragicità. I Romani, per far fronte alle perdite, reclutano un gran numero di Galli, soprattutto da Gergovia.



    La Macedonia è di nuovo invasa dai Daci, questa volta da quattro armate per un totale di più di 5.000 guerrieri che mettono sotto assedio Pella e devastano le campagne circostanti. Subito i Romani si preparano per rispondere all'offensiva. Un'altra armata dacica penetra in Epiro.

    Nell'inverno del 180 a.C. Spurio il Pio sconfigge duramente i Daci presso Pella: la vittoria è notevole, rimangono sul campo oltre 4.000 nemici, la legione di Spurio è ormai composta da legionari veterani italici, greci e macedoni di grande esperienza e professionalità. La Macedonia può state al sicuro.





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    00 09/03/2012 13:25
    Nell'inverno del 180 a.C. Marco Gabinio arresta sul Danubio due grandi armate di 5.440 guerrieri boii: alla fine delle giornate di combattimento sono circa 500 i morti romani e 5.062 quelli barbari. Dopo la battaglia i legionari costruiscono nuove fortificazioni per resistere al gelido inverno nel Norico. Nello stesso inverno i Daci continuano a lanciare offensive sul fronte orientale, ponendo sotto assedio Filippi. Per mantenere tutti i soldati necessari a difendere i confini le spese sono molto elevate: nonostante questo si fa di tutto per mantenere costante la crescita dei territori della Res Publica, in particolare nella Gallia, in cui vengono costruite strade lastricate, centri amministrativi, caserme ecc.



    Nella primavera del 179 a.C. Appio Cornelio Scipione, partito da Hadrumetum, si imbarca su una delle flotte romane raggiungendo la Tripolitania e mettendo sotto assedio Leptis Magna ( it.wikipedia.org/wiki/Leptis_Magna ), in mano ai Cartaginesi. Dopo alcuni giorni di preparativi la città viene assaltata ed espugnata durante una tempesta di sabbia. Le perdite romane sono 172, quelle cartaginesi 563. La città viene espoliata di poco denaro, 1.631 abitanti vengono uccisi durante il saccheggio delle abitazioni. Appio Cornelio Scipione ordina ai legionari di costruire un presidio e di riparare le mura danneggiate nell'assalto: il fronte è lontano ma la popolazione locale potrebbe insorgere e si necessita di una buona organizzazione del luogo.



    Sempre in primavera Appio Claudio Marcello e la sua legione di veterani sbarcano a sorpresa ad Emporion ( antica colonia greca poi città romana, oggi Empúries, Spagna it.wikipedia.org/wiki/Emp%C3%BAries ), espugnandola in breve tempo: l'unica resistenza della città è rappresentata dalla guardia di mercenari di Arevaci al soldo cartaginese che si batte fino all'ultimo. Appio Claudio Marcello non ha tempo per mantenere la città, su ordine del Senato deve scendere lungo la costa ispanica fino a Nuova Cartagine ( odierna Cartagena, Spagna ), così Emporion viene completamente distrutta: edifici abbattuti, case date alle fiamme, sterminio sistematico della popolazione; muoiono 11.750 civili. Alla notizia dello sterminio il re cartaginese rimane incredulo, la violenza romana è sorprendente, non si combatte contro un nemico che vuole una pace, si combatte contro un nemico che vuole distruggere completamente il proprio popolo. Terminata la distruzione della città, la legione romana si imbarca in fretta salpando verso il meridione, lasciando un esiguo presidio nei resti dell'insediamento. A Roma giungerà un tesoro per un valore di circa 15.000 denari. Numerio Livio Salinatore ed i suoi uomini sotto le mura di Cartagine ricevono la notizia della caduta di Emporion e festeggiano con un banchetto composto con le merci ed i prodotti prelevati dalle campagne circostanti: è necessario che il morale delle truppe rimanga alto, nel frattempo i villaggi attorno a Cartagine muoiono di fame. Dalle mura di Cartagine i soldati osservano il nemico con grande angoscia ma determinati a resistere fino all'ultimo: si attendono rinforzi cartaginesi dalla Numidia per salvare la capitale.





    In estate Vibio Lentulo il Pio resiste a stento su un ponte in legno appena costruito sul Danubio dagli ingegneri romani contro una nuova armata di Boii, i quali sembrano morire in massa pur di forzare i blocchi romani e di recuperare il possesso del Norico. La battaglia è molto difficile, muoiono 1.295 Romani e 2.637 Boii. Dall'Illiria si attendono nuovi rinforzi romani poichè ormai il limes danubiano è quasi del tutto sguarnito a causa delle perdite. Nel frattempo Spurio Petronio Massimo fa di Carnuntum una solida piazzaforte romana.



    Verso la fine dell'estate in Africa la risposta punica comincia a concretizzarsi: Hadrumetum viene cinta d'assedio da una grande armata cartaginese comandata da uno dei più grandi generali punici. In Macedonia ed in Epiro i Daci compiono altre offensive ma si riesce a sempre respingerli: il commercio tra le regioni, già ostacolato da un territorio montagnoso, viene bloccato tuttaiva a causa della paura dei mercanti greci di incontrare bande di barbari sul cammino. Più a sud la Grecia tuttavia conosce un buono sviluppo commerciale, grazie alla situazione politica tranquilla: Pergamo non ha più lanciato offensive contro Roma, e l'Egeo è luogo di intensi traffici commerciali. Atene e Sparta sono i maggiori centri politici e commerciali.

    Nell'inverno del 179 a.C. i senatori romani optano per un rinforzamento dell'esercito su tutti i fronti, viste le continue offensive da parte del nemico: nonostante la situazione sia stabile la Res Publica si deve espandere, e bisogna sfruttare ogni possibilità economica e militare. In alcune zone della Grecia si costruiscono nuove miniere per reperire materiali preziosi, mentre in Italia, Gallia ed Illiria si organizzano nuove legioni. Il problema dei briganti in Italia tuttavia persiste. Spurio il Pio continua con successo a scacciare le incursioni dei Daci, i quali in genere o fuggono o resistono in combattimento solo per poche ore per poi darsi alla fuga.

    Nella primavera del 178 a.C. Emporion si rivolta al governo romano, e la guida della città viene comunque presa da alcuni comandanti romani lasciati a presidio della città distrutta passati dalla parte della popolazione, insofferente anche al dominio cartaginese. Marco il Pio distrugge sul Danubio l'ennesima armata dei Boii, uccidendo 2.102 nemici: il Regno dei Boii ormai è fortemente depopolato, l'oro scarseggia e le tribù germaniche limitrofe sono sempre più minacciose, forse si giungerà ad una pace con Roma, anche se la situazione attuale non sembra delle più favorevoli. I problemi comunque per i Romani si spostano più a sud: Gergovia infatti viene posta sotto assedio da una forte armata cartaginese. La città viene preparata per resistere all'assedio, ma la Gallia è poco difesa ed al momento non ci sono legioni a difenderla, se non pochi manipoli di alleati lasciati a difesa delle città.

    In inverno Appio Claudio Marcello sbarca a Nuova Cartagine espugnandola con un assalto molto rapido: la più ricca città cartaginese in Spagna viene conquistata. Nell'assalto muoiono 534 Romani. Anche qui vi è il saccheggio totale: 21.922 civili muoiono, e un tesoro di 20.181 danari viene mandato a Roma. Il colpo per Cartagine è molto duro, ma l'esito della guerra è ancora molto incerto: Cartagine e Gergovia, città importantissime, sono ancora sotto assedio e la loro sorte verrà comunque decisa in breve. Appio Claudio Marcello vorrebbe addentrarsi nell'interno della penisola iberica ma gli mancano armate di supporto, le quali stanno comunque venendo dall'Italia: egli decide di restare a Nuova Cartagine, anche per prevenire la rivolta della popolazione che odia atrocemente i Romani e che non lascerebbe sfuggire l'occasione di ribellarsi.





    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 11/03/2012 22:30
    Sempre nello stesso inverno Roma ottiene sul Danubio altre le definitive vittorie sui Boii: in tre battaglie Marco il Pio e Marco Gabinio uccidono 6.169 nemici, ormai le ultime reclute del popolo celtico, il quale è giunto allo stremo delle forze dopo anni di combattimenti; i Romani perdono solo 1.200 soldati. In una delle battaglie sul Danubio rimane ucciso anche il Re nemico Drucco, trafitto mortalmente dalle frecce degli arcieri gallici al soldo di Roma, i quali sono i veri protagonisti di queste battaglie. I Boii non hanno più uomini validi per difendere i loro territori, in meno di 7 anni di guerra i Romani hanno ucciso un totale di 48.000 persone nei loro territori, di cui 19.000 civili e 29.000 guerrieri, cifre che dimostrano quanto sia stata alta la partecipazione alla guerra da parte del popolo. Il momento è propizio: da Roma arriva ai generali del limes danubiano l'ordine di irrompere in Germania e di distruggere il regno dei Boii.



    Prima che le armate romane siano pronte per passare il Danubio, in Africa Roma ottiene la più grande vittoria della sua storia. A fine inverno, Numerio Livio Salinatore e la sua legione vengono raggiunte da un'armata cartaginese di 4.700 soldati. Il nemico ha intenzione di spazzare via l'armata romana e di salvare la capitale punica dalla distruzione: tra i ranghi cartaginesi vi sono lancieri libici, cavalieri numidi, fanti di marina punici e le fiere guardie del santuario di Baal. L’enorme battaglia campale che sta per essere combattuta vale la fiera Cartagine. Numerio Livio Salinatore attende l'armata nemica appostato su un'altura disponendo i suoi fanti su più linee e i tiratori e l'artigleria nelle retrovie. La battaglia comincia di mattina sotto una leggera pioggia, nella piana sottostante i legionari scorgono la massa enorme di Cartaginesi marciare a ranghi compatti contro di loro. Quando i Punici giungono a distanza ravvicinata ai ranghi romani, i legionari scagliano i loro pila sulla formazione avversaria causando diverse perdite: il nemico non sembra essere scalfito nel morale e carica con tutta la sua forza contro i Romani. Lo scontro ha così inizio: dalle retrovie la situazione sembra tranquilla, ma nelle prime linee Romani e Punici si massacrano senza pietà con grande odio e rabbia sentiti dagli uni verso gli altri. I fanti di marina cartaginesi tentano un ardito assalto sul fianco sinistro dello schieramento romano, ma i frombolieri greci delle retrovie latine li abbattono con una pioggia di sassi uccidendone diversi emandando in rotta gli; dal fianco destro altri frombolieri greci bersagliano le guardie del santuario di Baal allo stesso modo, mentre alcuni reparti di fanteria libica cercano di sfondare con la formazione a cuneo le linee romane. Lungo le alture la terra comincia a tingersi di rosso e i soldati inciampano nei cadaveri durante il combattimento. Gli schermagliatori cartaginesi tempestano la formazione romana, ovunque si vedono legionari cadere a terra, ma il morale romano è alto ed il fianco destro cartaginese cede. I legionari si lanciano all'inseguimento dei tiratori, mentre i frombolieri greci aggirano lo schieramento avversario nei punti in cui è ancora solido. Per paura che la sua morte possa abbassare il morale dell’armata il comandante cartaginese esce dalla mischia con alcuni fanti di marina, ma viene bloccato da un manipolo romano. A quel punto la cavalleria numidica carica il manipolo romano, ma questo rimane compatto ed i cavalieri si infrangono contro gli scudi, bersagliati nel frattempo dai frombolieri e anche dalle balliste, che con un colpo incendiario sbalzano tre cavalieri numidi da cavallo ( nell'immagine sotto ). Durante il combattimento il comandante cartaginese viene circondato dai alcuni legionari mentre il resto dei fanti di marina è impegnato in combattimento: nei suoi occhi si leggono il coraggio e la determinazione, ma questi a poco servono. Un legionario si lancia contro di lui ma finisce trafitto al ventre da una rapida mossa del comandante punico e cade a terra; ecco che un centurione con fermezza si avventa su di lui e gli da un forte e rapido colpo di scudo sulla mandibola, scaraventandolo a terra; la sua spada è volata via, egli cerca di riprenderla ma un altro legionario la calcia via di qualche metro; il centurione gli da un altro colpo di scudo sul collo, poi prende la spada e lo trafigge nella schiena arrivando con la lama fino a sotto terra: il dolore più grande del comandante punico nel momento fatale non è quello infertogli dalla ferita mortale, bensì quello derivante dalla certezza che la sua capitale finirà conquistata dall'odiato nemico romano. Alla visione della scena i fanti di marina punici vanno in fuga e poco a poco tutta la formazione cartaginese collassa, la rotta è totale. Subito Numerio Livio Salinatore parte dalle retrovie con la guardia di cavalieri e si lancia all'inseguimento dei nemici, massacrandone a colpi di spada un gran numero: nel frattempo i frombolieri tirano gragnuole di sassi contro la massa di fanti nemici un fuga, abbattendone a centinaia. Gli unici soldati nemici che resistono contro tutto sono le guardie del santuario di Baal, che combattono con eroismo fino all'ultimo da veri guerrieri, massacrano nemici fino allo stremo delle forze: sfiniti, feriti, grondanti sangue, vengono infine abbattuti dai legionari con grande violenza. Alla fine della giornata i morti cartaginesi saranno 4.383, quelli romani circa 1.100: Roma ha vinto la suprema città di Cartagine.
    Cartagine, rimasta senza difese, viene catturata dalla legione romana che opera uno dei più grandi massacri della storia di Roma: i legionari, più simili a belve che ad animali, saccheggiano l'intera città massacrando, stuprando ed incendiando, 33.263 civili muoiono nel sacco. Numerio Livio Salinatore osserva da un punto privilegiato la città in fiamme con i suoi ufficiali, grande per lui è la gloria, non v'è pietà per i vinti, nemmeno per un popolo maestoso come quello di Cartagine. La notizia della caduta di Cartagine raggiunge Roma diversi giorni dopo, e, alla sua diffusione la plebe si riversa nel foro esultando per la grande vittoria: seguono giorni e giorni di festa. Il senato romano è estremamente soddisfatto, grande è il risultato ottenuto, soprattutto in termini economici, infatti nelle settimane successive giunge a Roma in tesoro per il valore di 30.765 danari, una cifra immensa che viene subito adoperata per finanziare le spedizioni militari necessarie praticamente a difendere tutti i confini della Res Publica. In tutti i domini cartaginesi la notizia è accolta con dolore immenso, tutti sanno che Roma, raggiunto questo grande obiettivo, non si fermerà più di fronte a niente e a nessuno. Gli unici a confidare ancora nella vittoria sono i generali punici, i quali possono disporre ancora di decine di migliaia di soldati ben addestrati e delle ricche risorse della Spagna: essi già progettano un piano di recupero dell'Africa ed una grande offensiva contro Roma in Gallia, facendo leva anche sull’odio dei popoli locali verso Roma.















    Nell'arco di pochi giorni si verificano alcuni altri eventi importanti: il regno di Pergamo sbarca a Rodi un’armata molto ben organizzata ponendo sotto assedio la città, è di nuovo la guerra nell'Egeo. Rodi è ben difesa, ma Pergamo schiera sotto le sue mura alcuni tra i suoi migliori soldati, quali anche i catafratti di Pergamo. In Macedonia i Daci continuano le loro scorrerie e Tessalonica finisce sotto assedio. In Africa i Cartaginesi tolgono momentaneamente l'assedio da Hadrumetum ed in Gallia da Gergovia per riorganizzare le truppe in maniera più efficace. Nel frattempo i Romani a Cartagine distruggono alcuni edifici per riutilizzarne i materiali e si preparano a resistere ad una probabile controffensiva punica. Il tratto di mare tra l’Africa e la Sicilia è tuttavia sgombro, e le flotte romane possono navigare apparentemente senza rischi. E probabile che a fronte degli elevati costi per la conquista della penisola iberica i Cartaginesi abbiano investito di meno sulla costruzione ed il mantenimento delle flotte.

    Nella primavera del 177 a.C., dopo la preparazione degli eserciti ed il reclutamento di alcuni mercenari grazie ai soldi derivanti dal sacco di Cartagine, l'offensiva finale contro i Boii ha inizio. Marco il Pio assedia Vindobona ( odierna Vienna it.wikipedia.org/wiki/Vindobona, in questo gioco è spostata molto a nord, infatti non è neanche sul Danubio, non credo che esistessero altre città con questo nome in Germania, hanno fatto un brutto errore ), Spurio Petronio Massimo Leucaristus ( oggi Bierun, Polonia? Se così fosse anche questa ubicata molto male ), e Marco Gabinio Virodunon ( non sono riuscito a trovare dalla parte orientale del Reno città con questo nome, temo sia l’odierna Verdun sulla Mosa che ovviamente non è li dove l’hanno messa ). La presa delle città celtiche sarà imminente, non vi sono, a dire degli esploratori, altre armate celtiche in zona che potranno infastidire durante le operazioni di assedio. L’obiettivo di Roma è di distruggere totalmente gli insediamenti nemici e rientrare oltre Danubio. Nella stessa primavera, l'ormai tribuno della plebe e famosissimo generale Spurio il Pio distrugge l'armata di Daci d’assedio a Tessalonica infliggendo 1.728 morti al nemico e perdendo 168 uomini.



    Nella stessa primavera Tapso cade e il suo sacco porta alla morte di 13.295 civili africani e all’ottenimento di 12.222 denari dal saccheggio: un'altra grande città cartaginese è in fiamme. In estate tuttavia Gergovia viene posta nuovamente sotto assedio dai Cartaginesi. In inverno Lucio Sempronio Longo, imbarcatosi a Ostia con la sua legione, sbarca presso Pollentia nelle Baleari, al fine di assoggettarla: con lui vi sono diversi alleati italici e alcuni arcieri corso-sardi. Le truppe cartaginesi presenti a Pollentia ( it.wikipedia.org/wiki/Pollentia_(sito_archeologico), nei pressi dell’odierna Alcùdia, Maiorca ) aggrediscono l'armata romana ma vengono sonoramente sconfitte perdendo 3.161 elementi sul campo di battaglia, grazie anche all’aiuto dei mercenari corso-sardi al soldo dei Romani che causano moltissime perdite durante la battaglia. Lucio Sempronio Longo devasta Pollentia e successivamente tutte le Baleari, uccidendo nel sacco dei centri abitati altri 32.207 civili. I naviganti che passano in prossimità delle isole possono vedere un grande fumo nero sollevarsi dalla terra. Lucio Sempronio Longo in poche settimane si imbarca nuovamente con la sua legione per la Spagna, ed è costretto ad abbandonare le isole in mano ai locali, la popolazione è molto agitata: sarebbe necessario lasciare l’intera legione a presidio delle Baleari, ma per ora è vitale dirigere tutte le armate in Spagna per colpire i Cartaginesi nel cuore del loro dominio, il resto è di secondaria importanza.







    Verso la fine della primavera il comandante romano Quinto Iuvenzio Scevola passa i Pirenei passando dalla Gallia in Spagna e cinge d'assedio Numantia, ricca città in mano cartaginese: i preparativi per l'assedio sono avviati, si faranno crollare le mura dell'insediamento con delle gallerie sotterranee. In Germania Marco Gabinio riesce ad espugnare Virodunon: l'azione costa solo 2 morti ai Romani e 9.600 ai Boii tra guerrieri ed abitanti. Spurio il Pio espugna dopo pochi giorni Leucaristus, perdendo 240 uomini ma uccidendo più di 31.000 Boii e facendo giungere a Roma un tesoro per 31.395 denari. I due generali romani distruggono entrambe le città e massacrano la popolazione affinché nessun popolo possa ricostituirsi su quelle terre, poi ritornano verso la Rezia ed il Norico con le loro armate: dietro di loro nella foresta germanica vi sono solo morti e cenere, Roma ha ottenuto parte del suo obiettivo. Ora solo Vindobona deve cadere affinchè l'opera sia completata, ma la ricca città celtica è comunque determinata a resistere ed ha cibo a sufficienza per resistere diversi anni. La feroce repressione romana preoccupa tuttavia numerose tribù germaniche, le quali cominciano a vedere in Roma un loro comune nemico. In particolare i Cimbri, Cherusci, Teutoni, Catti, Marcomanni e Batavi sembrano sul piede di guerra, del resto i Boii si erano avvalsi sempre di guerrieri provenienti da questi popoli per combattere contro Roma. In numero di Boii massacrati in 7 anni sale a 86.600, queste cifre colpiscono anche la stessa plebe a Roma.





    A fine inverno la flotta romana sbarca in Numidia Appio Cornelio Scipione, il quale espugna senza particolari problemi la città di Hippo Regius ( oggi Annaba, Algeria en.wikipedia.org/wiki/Hippo_Regius ). Per la cattura della città muoiono 122 Romani e 2.000 Cartaginesi tra militari e civili. Lasciato un presidio in città, Appio Cornelio Scipione marcia verso Cirta, nel cuore della Numidia, questa è una città molto ricca che costituisce la chiave per il dominio dell’Africa. La marcia romana dura alcune settimane tra i monti della Numidia, gli esploratori precedono la legione romana scrutando tra le gole e gli anfratti delle alture antistanti onde prevenire imboscate nemiche. Giunti a Cirta senza problemi i Romani preparano l'assedio, e dopo pochi giorni sbrecciano le mura di pietra dell'insediamento con le balliste irrompendo in città: la resistenza cartaginese è molto forte, Appio Cornelio Scipione muore da prode nella mischia infilzato da una lancia libica, con grande dolore per i suoi soldati, i quali ottengono comunque la vittoria. I luogotenenti decidono di resistere nella città contro ogni attacco cartaginese, non prima di aver massacrato 20.226 civili per soddisfare la sete di ricchezza dei legionari. Cirta è ben presidiata, ma a quanto pare le azioni cartaginesi mirano altrove. La notizia della morte di Appio Cornelio Scipione giunge a suo padre, Publio Cornelio Scipione, veterano della guerra civile, della campagna di Macedonia, Grecia e Sicilia: il vecchio ma energico uomo accoglie la notizia senza proferire parola, congeda l'ufficiale che gli ha comunicato la notizia e dalla sua dimora di Siracusa guarda il mare; sul suo volto sfigurato dalle ferite e consumato dagli anni, scende solo una lacrima; il suo unico figlio maschio è morto, ma è morto da uomo, come ci si deve aspettare da ogni vero maschio della gens Cornelia. Publio con la moglie e le figlie si chiude in un dignitoso lutto, poi decide: si imbarcherà per l'Africa per combattere insieme agli altri generali ed annientare gli odiati Cartaginesi.
    Nell’inizio della primavera del 176 a.C. i Cartaginesi pongono sotto assedio Cartagine e Tapso: a Leptis Magna arriva inoltre la notizia che un contingente punico è ancora presente in zona e che sta studiando come assaltare la città unitamente alle popolazioni locali; per questo dalla Sicilia vengono fatti partire a bordo di bireme circa 1.000 veliti alleati come rinforzo per la città.



    In estate Quinto Iuvenzio Scevola assalta Numantia (http://it.wikipedia.org/wiki/Numanzia ), facendo crollare le antiche mura celto-iberiche rinforzate poi dai Cartaginesi. Le truppe romane combattono duramente all’interno della città, perdendo ben 1.016 uomini. I Cartaginesi perdono 406 cavalieri nobili e la città. Quinto Iuvenzio Scevola devasta la città distruggendola in toto. Gli esploratori hanno comunicato che una grande armata cartaginese sta venendo da sud, Numanzia è indifendibile, la legione si sposta un centinaio di miglia più a ovest posizionandosi su un guado del Duero. Anche i Cartaginesi soffrono della condotta romana: dall’inizio della guerra sono stati infatti sterminati più di 123.000 abitanti nelle loro terre.

    [Modificato da Legio XIII gemina 11/03/2012 23:06]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

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    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

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    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
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    sendo lo spirto già da lei diviso,
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    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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    00 13/03/2012 23:10
    Nella tarda estate del 176 a.C. orde di Cimbri e di altre popolazioni germaniche attraversano il Reno ed una di loro pone sotto assedio Bagacum, presidiata da Lucio il Pio ed alcune centinaia di soldati. Nello stesso tempo in Spagna Quinto Iuvenzio Scevola respinge sul Duero un'armata cartaginese di 3.400 soldati, causando 2.932 morti al nemico e perdendo 531 uomini. La grande vittoria esalta l'armata romana, che, senza rifornimenti, circondata da nemici ed indebolita nei ranghi, mantiene comunque un morale alto ed è pronta a resistere contro ogni assalto nemico: essa è composta oltre che da legionari italici anche da mercenari lusitani, celtici e sardi.





    Sul Rodano un'armata di legionari italici riesce a respingere un grande assalto cartaginese mirato ad invadere i territori romani nella Gallia occidentale: i manipoli, anche se inferirori in numero rispetto al nemico e non guidati da un generale, sconfiggono i Punici uccidendone 1.645 con 308 perdite.



    La resistenza romana in Africa ed in Gallia sorprende i generali punici, i quali decidono a malincuore di togliere gli assedi in Africa e spostare tutte le armate in Spagna, dove si stanno dirigendo gran parte delle forze romane. Una forte armata punica pone sotto assedio Nuova Cartagine, con l'obiettivo di espugnarla, sconfiggere la legione romana al suo interno, e di riacquistare la supremazia nel Mediterraneo orientale. Anche Aginnon viene posta sotto assedio dai Cartaginesi.
    Nell'inverno del 176 Lucio Sempronio Longo sbarca sulla costa iberica orientale espugnando Sagunto: nell'azione muoiono 105 Cartaginesi e 25 Romani. Dopo la vittoria Lucio Sempronio Longo lascia un presidio in città e si dirige verso il cuore dei domini cartaginesi in Iberia, Baikor, la nuova capitale militare cartaginese, posizionandosi dopo molti giorni di marcia su un guado dell'odierno fiume Guadiana, vicino alla regione della Baetica. Gli esploratori romani riportano presso Baikor una concentrazione enorme di truppe nemiche. Nel frattempo, più a nord, la legione di Quinto Iuvenzio Scevola pone sotto assedio Brigantion e un suo distaccamento di mercenari lusitani Vareia. Brigantion è una città molto ben fortificata e l'assedio durerà molto a lungo, mentre Vareia verrà espugnata in pochi mesi con un assalto per il quale si preparano gli arieti ed altre macchine da guerra: i comandanti romani riescono a far lavorare con difficoltà i mercenari lusitani, gente taciturna e feroce, mentre le scarse milizie puniche osservano preoccupate lo svolgersi del lavoro del nemico dalle torri dell'insediamento.
    Sotto le mura di Vindobona Marco il Pio respinge un assalto dei Boii, i quali, sconfitti, ritornano nelle mura dell'insediamento. I Celti hanno perso 1.320 guerrieri, i Romani 440: l'assedio è molto duro, ma bisogna continuare, del resto i Romani hanno un discreto vantaggio, anche se molti sono stanchi e vogliono tornare a casa dalle loro famiglie.
    Durante la stagione Lucio Sempronio Longo viene assalito sul Guadiana da una grande armata cartaginese proveniente da Baikor: i soldati nemici sono ben addestrati e preparati, ma il giovane generale non si scoraggia. La battaglia è molto sanguinosa, ma le perdite sono soprattutto cartaginesi: i Romani infatti riescono a bloccare il nemico con la fanteria bersagliandolo ripetutamente con gli arcieri corso-sardi, i frombolieri greic e le balliste. Il comandante nemico viene centrato a cavallo da un colpo di ballista che lo scaglia a una decina di metri di distanza dal cavallo. Alla fine della giornata Roma ha vinto, 3.121 sono i morti punici e 257 quelli romani, la vittoria è totale e sconvolge i piani cartaginesi.





    Nella Gallia Narbonense il generale romano Manio Cassio Ravilla sconfigge in campo aperto due armate cartaginesi, causando la morte di 2.000 Punici e perdendo 200 soldati. Immediatamente Aginnon e Gergovia vengono liberate dall'assedio cartaginese, mentre Manio Cassio Ravilla avanza nelle campagne del sud della Gallia ponendo sotto assedio Nemasus preparando le sue truppe ad espugnarla.
    Contemporaneamente a questi eventi anche nelle province orientali si combatte duramente, ed anche qui Roma riesce a difendere i suoi confini. Presso Tessalonica Spurio il Pio sconfigge per l'ennesima volta un'armata dacica, massacrando 1.400 nemici.



    A Rodi l'armata di Pergamo assalta la città: al suo interno il generale romano Gneo Claudio Sabino resiste eroicamente insieme ai suoi opliti e fanti di marina, per la maggior parte ateniesi e comunque tutti greci. La cavalleria frigia e i catafratti nemici entrano in città, ma la falange oplitica resiste nelle strade strette, e, nonostante le grandi perdite ( 1.380 greco-romane ), l'esercito del Re di Pergamo è distrutto, 2.234 soldati nemici cadono nei combattimenti in città. Rodi è salva, Gneo Claudio Sabino riceve da Roma fondi per addestrare nuovi soldati e per riparare i danni causati dall'assedio. Dall'Asia Minore giunge notizia che dopo anni di guerra i Tolomei sono riusciti ad espugnare al Regno di Pergamo la città di Alicarnasso: è probabile che Pergamo non infastidirà Roma per un po' a seguito di questi eventi.



    Nella primavera del 175 a.C. Manio Cassio Ravilla conquista Nemasus, facendo buon uso degli arcieri gallici al suo seguito, i quali massacrano con una ripetuta pioggia di frecce l'armata cartaginese a difesa della città, uccidendo anche il principe cartaginese Jubal Arsinoe, il quale, ancora agonizzante, preferisce uccidersi con la spada di sua mano piuttosto che per quella romana.



    Pochi giorni dopo Quinto Iuvenzio Scevola ed il suo contingente espugnano Vareia, perdendo 249 uomini ed uccidendo 274 nemici, tra cui il nobile punico Danel Ibera, insieme a 13.110 civili durante il saccheggio.



    Spurio il Pio ottiene a Pella un'altra grande vittoria contro i Daci: 1.985 nemici uccisi e 400 legionari caduti. I campi della Macedonia ormai sono ovunque disseminati di una grande quantità di scheletri di cavalli e di uomini, dall'inizio delle invasioni sono decine di migliaia i guerrieri provenienti dalle tribù daciche ad essere stati massacrati dai Romani. Le vittorie romane in Macedonia sono ormai talmente scontate che l'arrivo della loro notizia ha poco effetto sulla plebe.
    Nella tarda primavera Lucio Sempronio Logno ottiene un'altra vittoria sul fiume contro il grande generale Muttines Arsinoe: 1.746 Cartaginesi vengono uccisi e 515 legionari perdono la vita. Lo sforzo punico per forzare il blocco romano sembra non avere effetto: del resto i soldati libici, dai quali è composto per la maggior parte l'esercito cartaginese, sono soldati piuttosto scadenti e dal morale basso, la coesione all'interno delle armate cartaginesi è debole.
    Marco Gabinio, mobilitata la sua legione per respingere l'invasione germanica, si posiziona presso un ponte sul Reno per bloccare l'arrivo di altri nemici, e viene assalito dopo pochi giorni da una grande armata germanica dalla sponda orientale. I legionari sono preoccupati di affrontare i Germani, descritti dai Galli locali come giganti fortissimi e guerrieri spietati. Marco Gabinio ha combattuto abbastanza contro alcune popolazioni germaniche durante la guerra contro i Boii, e sa esattamente come comportarsi con loro. Quando i Germani si muovono per assalire i Romani passando il fiume in forze, vengono colpiti da una pioggia fittissima di frecce lanciate dagli alleati gallici dei Romani, la quale causa molte vittime nei loro ranghi. Prima che i Germani raggiungano lo schieramento nemico, moltissimi di loro sono stati feriti o uccisi, ed il loro morale è talmente basso che cominciano a tornare indietro: con una pioggia di frecce incendiarie galliche l'intera armata nemica va in rotta, e la guardia a cavallo di Marco Gabinio compie una vera e propria strage. Alla fine della giornata sono morti 2.841 Germani e solo 97 Romani.



    Nell'autunno del 175 a.C. il generale romano Aulo Annio sbarca presso Siga, Mauritania, mettendola sotto assedio con la sua legione. All'inizio dell'inverno alcune centinaia di Galli cisalpini al servizio di Roma vengono inviati in Venezia ed Illiria per massacrare i briganti che infestano le province, riuscendone ad uccidere 1.100 e garantendo quindi ai mercanti locali di passare tranquilli per le strade e ravvivare il commercio. Nel cuore dell'inverno i Cartaginesi pongono sotto assedio Cirta in Numidia, la legione romana al suo interno si prepara a resistere ad un duro assedio. Contemporaneamente Bagacum viene presa per fame dai Germani: Lucio il Pio ed i suoi legionari si consegnano al nemico, il quale dopo averli umiliati li massacra, facendo a pezzi i loro corpi ed esponendo alcuni di essi sulle torri dell'insediamento conquistato, gli altri resti dei Romani vengono lasciati intorno all'insediamento, per finire mangiati dagli animali selvatici. La notizia della sconfitta giunge al senato di Roma e tutto comprendono che non ci si può aspettare nulla di positivo dai Germani. Lucio il Pio era uno dei più valenti generali di Roma, veterano della campagna gallica, uomo di animo nobile, un simbolo della virtù romana: ora egli non ha nemmeno una sepoltura. Una punizione verso le tribù germaniche va effettuata al più presto.
    A Nuova Cartagine i Punici hanno completato di costruire i macchinari d'assedio, ed a fine autunno decidono di assaltare la città. L'alto comando punico conta molto su questa operazione. Appio Claudio Marcello da ordine ai suoi principi di disporsi sulle mura ed ai triari di fronte alle porte, ci si prepara al meglio per sostenere l'assalto. Il nemico raggiunge la città con torri e scale sotto una pioggia di frecce e pila: giunti i fanti sulle mura ad attenderli vi sono i legionari, che impassibilmente trafiggono ogni nuovo soldato che arriva dalle scale. Una torre d'assedio viene distrutta dalle balliste romane e più di 100 lancieri celto-iberici all'interno di essa muoiono schiacciati nel crollo della struttura. I veterani romani compiono una vera strage, ma i nemici continuano ad arrivare ed il combattimento va avanti molto a lungo. Dopo ore di corpo a corpo i Cartaginesi restano senza fanteria da mischia, e così si ritirano, lasciando amaramente la città. I legionari sono stremati, ma quello che hanno appena passato è nulla in confronto alle battaglie contro gli Arverni o contro i Macedoni combattute un tempo, non avrebbero potuto che vincere. Le perdite romane sono 1.362, quelle cartaginesi 3.224. Nuova Cartagine è salva.







    I comandanti cartaginesi sono furenti, in una stagione hanno perso numerosi punti strategici e migliaia di uomini, ogni loro tentativo di sfondare le linee nemiche è fallito. Invano altre due armate per un totale di 5.275 uomini accompagnate dall'artiglieria forzano il blocco di Lucio Sempronio Longo: nell'ennesimo tentativo muoiono nel tentativo altri 4.993 soldati. L'armata romana resiste eroicamente.

    [Modificato da Legio XIII gemina 14/03/2012 09:57]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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    00 18/03/2012 17:04
    Nell'estate del 174 a.C. Roma compie altre conquiste in Spagna. Aulo Annio e la sua legione espugnano Siga, uccidendo 303 nemici nello scontro ( tra cui il nobile generale cartaginese Hiempsale e la sua guardia di lancieri libici mercenaria ), e 11.111 civili nel il saccheggio della città.



    Nello stesso tempo la città di Mirobriga ( odierno Portogallo en.wikipedia.org/wiki/Mir%C3%B3briga ), viene posta sotta assedio da un distaccamento dell'armata in assedio a Brigantion comandato da Quinto Iuvenzio Scevola. Dopo alcune settimane Gneo Salonio giunge dall'Italia sbarcando in Baetica con una nuova legione, e, avventuratosi nelle montagne dell'entroterra, viene assaltato da una grande armata punica che viene sbaragliata grazie alla posizione difensiva assunta delle legione romana arroccata su un'altura. Nella battaglia muoiono 2.644 Cartaginesi e 504 Romani. A causa della grave sconfitta i Cartaginesi decidono di far rientrare tutte le armate dall'Africa per concentrarsi sulla difesa della Spagna: è così l'assedio a Cirta viene tolto dai Punici, i soldati romani all'interno sono fortemente sollevati e festeggiano la "vittoria".



    In inverno Appio Claudio Marcello viene sbarcato a sorpresa con una flotta di bireme presso Gadir ( odierna Cadice, Spagna it.wikipedia.org/wiki/Cadice#Storia ), espugnando la città priva di fortificazioni. La flebile resistenza cartaginese di 243 mercenari celto-iberici causa la morte di 89 Romani, i quali la spazzano via saccheggiando in seguito la città, uccidendo 14.649 civili. Dopo pochi giorni la legione di Aulo Annio, giunta a marce forzate da Siga, pone sotto assedio Tingi ( odierna Tangeri, Marocco it.wikipedia.org/wiki/Tangeri ). Le colonne d'Ercole cadranno presto definitivamente in mano romana, le truppe cartaginesi presenti ancora in Africa verranno così fortemente ostacolate nel rientro in Spagna, lo stretto è inoltre raggiunto e presidaito dalla flotta romana.





    Gneo Salonio prosegue con la sua legione verso la città punica di Arsa. Durante la marcia la legione cade in un'imboscata cartaginese ma, grazie alla coesione e alla disciplina, riesce a respingere l'attacco. I Cartaginesi si ritirano dopo aver ucciso solo 435 Romani lasciando sul campo 1.294 uomini, incluso il loro comandante Yuptan. La legione romana prosegue per i boschi ed oltre alcuni fiumi verso Arsa, raggiungendola e cingendola d'assedio. Al momento i Cartaginesi fanno uso di molta milizia locale iberica, guerrieri molto feroci ed abituati ai combattimenti e alle violenze sin dalla giovane età. Le tribù iberiche sono divise, infatti alcune di loro preferiscono il dominio romano a quello cartaginese, anche se questa componente è comunque minoritaria. Alcuni comandanti romani decidono di ribellarsi a Roma e costruire potentati locali privati che si oppongano sia a Roma che a Cartagine: è il caso di Pollentia, Numantia ed Emporion. Qui i Romani ribelli reclutano nuove milizie armandole con l'equipaggiamento romano e costruendo macchine da offesa.



    Nei mesi più freddi dell'inverno Quinto Iuvenzio Scevola espugna Mirobriga perdendo 208 uomini ed uccidendo 16.600 persone tra milizia cartaginese e popolazione lusitana. Quinto ed i suoi legionari, già fautori di numerose stragi, vengono colpiti dalla violenza dei mercenari lusitani nel saccheggio, questi uomini sono tra le genti più feroci e crudeli mai incontrate sul loro cammino, persino i mercenari celtici sono spaventati dalla brutalità di queste genti. Poco a poco Roma conquista tutti i punti chiave delle coste iberiche, riducendo i domini punici al cuore della penisola, riuscendo con la violenza a tenere a bada anche le popolazioni locali, le quali sono comunque pronte ad insorgere ad ogni occasione per riacquistare la loro autonomia. Nel frattempo nuove legioni romane partono dall'Italia su flotte sempre più organizzate. In Corsica il governo romano da ordine alle popolazioni locali di costruire alcune decereme per acquisire più potere nel Mediterraneo e sconfiggere la pirateria ed ostacolare i traffici commerciali dei popoli rivali.



    Dopo alcune settimane dalla caduta di Mirobriga, molto più lontano, in Germania, cade l'ultima città dei Boii, Vindobona. I Celti si arrendono ai Romani per fame, ma agli assedianti non è stato ordinato di avere pietà nei confronti dei vinti: la città nemica viene completamente distrutta, le mura abbattute, le case incendiate, le fattorie circostanti devastate. Il massacro è enorme, vengono sterminati 27.893 Boii. La guerra è costata al regno celtico 114.813 vite. I legionari possono finalmente tornare a casa, anche se il ricordo degli orrori compiuti nella campagna non li abbandonerà per tutta la vita. Non solo Roma ha sconfitto un nemico, ha distrutto un intero popolo, una pratica che sta continuando ad applicare in Africa e in Spagna. Mentre la legione romana marcia in una leggera nebbia attraverso le foreste di betulle verso il Danubio, sulla strada i legionari notano due bambini molto piccoli, sporchi, magri e dallo sguardo terrorizzato: sono due fratelli, un maschio ed una femmina. Entrambi hanno il volto solcato dalle lacrime, gli occhi cerulei gonfi di pianto e osservano spauriti le grigie e ferree colonne dei legionari in marcia. Poco distanti dai bambini vi sono le ceneri di alcune capanne, e si scorgono dei cadaveri appesi per il collo agli alberi, probabilmente quelli dei loro genitori o fratelli più grandi, uccisi dai Romani durante le devastazioni. Soli e senza cibo, in breve i due fratelli diventeranno cibo per i lupi. I legionari marciano silenziosi di fronte alla visione che fa conoscere loro una nuova sensazione di profonda tristezza, nonostante alcuni di loro abbiano ucciso personalmente decine di quei "barbari" senza esitazione alcuna: alcuni uomini vedono nelle figure esili e scarne quelle dei loro figli, lasciati alle loro case molti anni fa, dei quali non hanno notizie da molto tempo. Un centurione da ordine di prendere i bambini e di caricarli su uno dei carri che accompagnano la legione: i legionari eseguono l'ordine, prendendo i fratelli con le loro braccia ricoperte di cicatrici e consegnandoli ad alcuni civili, i quali li rifocillano e li coprono con dei panni per proteggerli dal freddo. I due piccoli giungeranno a Noreia insieme alla legione in poche settimane, dove cominceranno una nuova vita, il fato ha deciso per loro un destino diverso da quello della loro famiglia e del loro popolo.
    Verso fine inverno un nuovo esercito del re di Pergamo sbarca a Rodi ponendo la città sotto assedio. La situazione nell'Egeo è difficile: se Rodi cade il Regno di Pergamo tenterà nuove invasioni in Grecia, e nella situazione attuale ciò sarebbe qualcosa di molto grave. La città si prepara nuovamente all'assedio. A pochi giorni di distanza Marco Gabinio sul Reno sconfigge un'altra armata germanica: 1.844 i morti germani e 87 quelli romani. Roma si vendica per la morte dei legionari massacrati a Bagacum pochi anni prima. Le perdite germaniche sono molto alte.



    Nella primavera del 173 a.C. Gneo Salonio conquista Arsa, sconfiggendo ed uccidendo il generale Asdroubas Lambaesis e la sua guardia. Anche questa città non sfugge alla devastazione, vengono uccisi 15.223 civili ed i legionari hanno modo di depredare molte ricchezze. La penisola iberica soffre enormemente, attraversata così com'è ormai da anni da eserciti che causano morte e distruzione: i Cartaginesi reclutano giovani in massa spopolando le campagne lasciando donne, vecchi e bambini al duro lavoro dei campi, i Romani giungono depredando tutto ciò che trovano e depopolano fortemente i maggiori centri abitati, gli abitanti dell'Africa hanno subito a confronto un destino molto migliore. Pochi giorni dopo Arsa, anche Tingi cade in mano romana, altri 13.098 civili vengono massacrati ed altri ridotti in schiavitù. Tingi era l'ultimo insediamento cartaginese in Africa, i legionari di tutto il fronte sono fortemente felicitati dalla notizia della sua caduta. Dall'inizio della guerra contro Cartagine i Romani hanno ucciso di propria mano 210.708 civili, senza contare i guerrieri sul campo di battaglia e coloro che sono morti a causa della fame e della miseria derivanti dalla devastazione. In Italia giungono ogni giorno navi cariche di schiavi cartaginesi provenienti dall'Africa e dalla Spagna: i loro occhi sono spenti, nessuno di coloro che li osserva può comprendere le sofferenze e gli orrori vissuti da queste donne e questi uomini, è questo è il destino dei vinti. I saccheggi riescono a ripagare momentaneamente le enormi spese romane per il reclutamento ed il mantenimento di molti soldati.



    Continuano in estate i massacri di Daci in Macedonia...in una battaglia presso Filippi ne muoiono 2.614. Nonostante queste sconfitte si nota tuttavia un netto aumento delle incursioni nemiche, ed oltre ai Daci si uniscono tribù di Traci e Sarmati, in particolare Roxolani, rinomati cavalieri e capaci combattenti. Nel Senato di Roma si discute sulla necessità di aumentare le truppe sul fronte illirico e macedonico, ma le truppe disponibili sono quasi del tutto concentrate in Spagna e lungo il Reno.





    In autunno Sagunto e Vareia vengono poste sotto assedio da alcuni manipoli di ribelli romani. In inverno Manio Cassio Ravilla, imbarcatosi presso Lemonum, sbarca con alcuni uomini presso Caladaunon, nel nord-est della penisola iberica, conquistando l'insediamento grazie ad una congiura interna organizzata da agenti al soldo di Roma che riescono ad aprire le porte dall'interno all'esercito invasore. Nella città viene ucciso dai legionari il re cartaginese Burrhus Olispio, che muore da prode nella mischia combattendo contro centinaia di legionari. La città viene catturata e presidiata, ma nella zona non vi sono altre armate cartaginesi. Questa volta i Romani non devastano le campagne.





    In inverno Baikor viene assediata da una grande armata romana partita dall'Italia e sbarcata da poco a Nuova Cartagine. I Punici inviano contro l'armata una delle loro valente 3.389 uomini, ma essa viene sconfitta in una grande battaglia campale grazie alla solidità e la disciplina della formazione romana, al tiro delle balliste e all'accerchiamento degli equiti, i quali massacrano un gran numero di nemici una volta distrutta la formazione avversaria. In campo giunge troppo tardi anche la guardia di Arevaci ( it.wikipedia.org/wiki/Arevaci ), di Baikor, la quale combatte eroicamente ma viene massacrata. Alla fine della giornata i morti cartaginesi sono in tutto 2.385, quelli romani 316. I Romani marciano sulla città sguarnita senza massacrando la popolazione: questo causerà tuttavia dei problemi in futuro per l'ordine pubblico dell'insediamento.





    Nello stesso inverno una nuova armata germanica cerca di passare il Reno per dirigersi verso la Belgica, ma viene sconfitta da Marco Gabinio. Come d'abitudine i Germani vengono tempestati di frecce cadendo a centinaia ( soprattutto a causa delle loro scarse protezioni, per la maggior parte combattono infatti semi-nudi ), per poi andare in fuga ed essere sterminati dalla cavalleria di mercenari treveri ( it.wikipedia.org/wiki/Treveri ). Solo i nobili cimbri, con cotta di maglia e scudi molto grandi resistono più a lungo, finendo comunque circondati e uccisi.



    Nell'estate del 172 a.C. una nuova legione capitanata da Gneo Muzio Scevola sbarca presso Sagunto, distruggendo la piccola armata di ribelli romani che opprimeva la città. I ribelli combattono molto bene, ma la legione di Gneo Muzio Scevola è nettamente superiore per numero e vince la battaglia senza particolari perdite.



    Nella stessa estate, dopo un assedio durato diversi anni, Brigantion cade in mano romana, non prima però di un intenso combattimento avvenuto nelle campagne circostanti, dove un rinforzo cartaginese cerca di rompere l'assedio creando non pochi problemi ai soldati romani. Tra i nemici vi è anche il temuto battaglione sacro, il quale viene comunque circondato e sconfitto dopo ore di combattimento. 853 sono i morti cartaginesi e 560 quelli romani. La battaglia è stata molto sanguinosa. Brigantion viene devastata e vengono uccisi 17.015 civili, tutte le sue ricchezze vengono condotte attraverso la penisola iberica fino a Nuova Cartagine con carri scortati da truppe e da lì imbarcate sulle navi che raggiungeranno presso Roma.
    [Modificato da Legio XIII gemina 18/03/2012 17:20]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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    00 25/03/2012 22:32
    Nell'inverno del 172 a.C., in Macedonia viene combattuta un'aspra battaglia tra i Romani ed i Daci. Le truppe di Marco il Pio vengono distrutte quasi completamente dall'armata nemica, composta da cavalieri delle steppe, schermagliatori d'elite e guerrieri con falce: i legionari combattono al meglio, ma la furia barbarica riesce a rompere i loro ranghi e a disperderli, mentre i cavalieri roxolani tengono occupata la cavalleria del tribuno. Solo l'arrivo di rinforzi da Pella riesce a far volgere la sorte dalla parte romana e a far disperdere l'esercito nemico. Marco il Pio riesce comunque ad uccidere alcuni tra i migliori comandanti nemici. Nello scontro muoiono 2.040 alleati romani e 2.175 Daci.



    Nello stesso inverno in Illiria Spurio il Pio fa arretrare un'altra orda dacica che minacciava Segestica con la sua legione. I Daci e altre popolazioni stanno cominciando a premere sempre più consistentemente ed in più punti. Nello stesso inverno in Italia Roma arruola e fa partire un'armata di arcieri celtici per disperdere le armate di briganti che infestano la penisola. In Emilia ed in Etruria vengono uccisi circa 2.200 briganti, con 540 perdite da parte romana.
    A fine inverno, sul Tagus, in Spagna, Gneo Muzio Scevola e la sua legione assistono ad un disperato quanto eroico assalto cartaginese alle loro linee. Il primo giorno di battaglia giunge una grande armata punica composta da Arevaci, Lusitani e Libici, i quali vengono massacrati a causa della mancanza di coesione e alla fatica: alla fine della giornata sono 2.111 i morti cartaginesi e 386 quelli romani. Il secondo giorno un esercito più preparato lancia un altro assalto. La fanteria cartaginese, passato il fiume di corsa, si lancia verso la formazione romana su per la collina dove quella è disposta, venendo fortemente ridotta da una pioggia di pila scagliata dai principi/astati. In testa alle linee puniche vi è il battaglione sacro, che viene annientato prima che possa raggiungere il nemico, deviando tuttavia dai compagni un gran numero di proiettili romani. L'esercito cartaginese combatte con grande eroismo contro il nemico in pendenza, sotto il tiro dell'artiglieria e delle frecce, cedendo solo quando è accerchiato e decimato. L'esito dello scontro è di 1.801 morti cartaginesi e 224 romani. Le vittorie romane sono fondamentali: le ultime resistenze puniche stanno cedendo, con la cattura della città di Ullaca Cartagine verrà definitivamente sconfitta.





    Nello stesso inverno Marco Gabinio arresta l'ennesima armata germanica, causando la morte di 1.760 nemici e perdendo 51 uomini.





    Nella primavera del 171 a.C. avviene un'eruzione del Vesuvius, la quale, fortunatamente, non causa morti.



    Con la buona stagione, Gneo Muzio Scevola marcia fino ad Ullaca ( oggi nei pressi di Solosancho?, Spagna ), nei territori un tempo occupati dai Vettoni ( it.wikipedia.org/wiki/Vettoni ), e la pone sotto assedio. Dagli spalti delle mura gli ultimi cartaginesi ( o meglio, mercenari celtiberi ), rimasti insieme al loro re Maarbale Olispo, osservano i Romani preparare l'assalto per la città. Il numero di soldati ed i mezzi disposti da Gneo Muzio Scevola sono nettamente superiori a quelli cartaginesi, il destino del popolo punico è segnato. Alcune armate puniche sono ancora presenti nel sud della penisola iberica ed in Africa, ma, persi ormai i contatti con il comando, bloccate dai Romani, non possono fare più nulla per evitare la presa dell'ultima roccaforte in loro possesso. Dopo alcune settimane di assedio la legione romana sfonda con l'artiglieria le mura nemiche ed irrompe in città. La resistenza dei lancieri arevaci è durissima, essi sanno che sotto Roma per il loro popolo vi sarà la schiavitù, e preferiscono morire da veri guerrieri piuttosto che vivere da schiavi. Durante lo scontro le balliste romane tirano proiettili incendiari nell'insediamento causando incendi tra le abitazioni. La scorta di Gneo Muzio Scevola, gli equiti alleati ed i mercenari lusitani si scontrano nel fumo e nella mischia contro la guardia di Maarbale. Mentre i cavalieri lottano accanitamente, tutto intorno la città brucia e numerosi cavalieri punici vengono centrati in pieno da proiettili incendiari. La fanteria romana, uccisi a fatica tutti gli Arevaci, si lancia in aiuto del suo generale, riuscendo ad uccidere il re cartaginese, che, cadendo da cavallo nella polvere, viene calpestato da decine di cavalli e centinaia di soldati che si dirigono verso il cuore della città. Maarbale è stato l'ultimo re cartaginese. Il combattimeno prosegue molto violentemente contro altri mercenari che attuano una disperata resistenza, ma che vengono in breve interamente sterminati anche grazie al tiro degli arcieri corso-sardi al servizio di Roma. La battaglia viene vinta dai Romani, l'ultima città cartaginese cade, muoiono 6.441 civili nel saccheggio.









    La terza guerra punica è finita dopo 13 anni di dure battaglie, la fiera Cartagine è stata sconfitta, Roma ha trionfato eliminando il suo più grande avversario, diventando la più grande potenza del Mediterraneo. Grandi sono stati i sacrifici, ma ora Roma può godersi i frutti della vittoria. Le maggiori città della Res Publica sono in festa. A Roma avviene il trionfo: nei carri che sfilano per l'Urbe vi sono i tesori delle genti conquistate, le insegne dei nemici, le loro armature, centinaia di nobili cartaginesi e le loro famiglie in catene, numerose tavole con disegni di paesaggi ed animali mai visti; sfilano un'infinità di picche con le teste di nemici uccisi ( nell'antica Roma durante il trionfo avveniva questa macabra sfilata, credo che le teste fossero "fresche" e che venissero bruciate il giorno successivo per preservare l'igiene pubblica ); i legionari, orgogliosi e felici nelle loro armature linde, entrano in città dalla porta trionfale purificati simbolicamente dagli orrori commessi durante la guerra, osservati con interesse dalle belle fanciulle del popolo vestite a festa per l'occasione, ed il trionfatore, protagonista assoluto ( ci sono numerosi generali che hanno partecipato alla campagna, mettiamo che questo sia Gneo Muzio Scevola, il quale ha ottenuto l'ultima vittoria ed ha ucciso più di 5.000 nemici, condizione necessaria per un trionfo romano ), passando in mezzo alla folla esultante sul suo carro d'oro, d'avorio e gemme scintillanti, con il volto dipinto di rosso come quello della statua di Giove, viene ammonito dallo schiavo preposto con il celebre « Memento mori, memento te hominem esse! Respice post te, hominem te esse memento! », con la corona d'alloro dei vincitori rettagli sopra il capo. La popolazione dell'Urbe è in festa per giorni tra feste e banchetti, convinta del fatto che potrà vivere adesso molti anni di pace. In Senato tutti sanno in realtà che ciò non è così. Il resto dell'esercito cartaginese è ancora attivo insieme ad alcuni dei suoi migliori generali, le campagne di tutta la Res Publica si sono impoverite, le ricchezze dei popoli conquistati sono bastate appena per risanare le finanze, i Germani e i Daci premono ai confini settentrionali, gli Attalidi preparano una nuova lunga guerra nell'Egeo, inoltre è presente l'incubo peggiore, potrebbe infatti presto scoppiare una guerra civile: diversi sono i generali a capo di legioni molto potenti e clientele molto vaste a loro fedeli, già alcuni di loro si sono ribellati a Roma in Spagna: bisogna agire tempestivamente per frenare queste iniziative.

    Il Senato di Roma progetta il risanamento economico della Res Publica, sperando che le sue azioni possano portare al risollevamento della situazione economica e cercando di utilizzare i maggiori poteri militari per difendere Roma anzichè causare contrasti al suo interno. Per ridurre le spese il Senato blocca il reclutamento di truppe in Italia, praticamente ininterrotto dal tempo della seconda guerra punica. A seguito di ciò molto denaro viene speso per costruire nuove miniere, in particolare nel Peloponneso e nell'Epiro, così centinaia di schiavi vengono messi all'opera. In Italia vengono alzate fortemente le tasse, soprattutto a Roma. Il rilancio economico avviene anche migliorando la rete viaria tra l'Italia centrale e la Gallia Transalpina.
    In campo militare le legioni stanziate in Spagna vengono inviate contro le città di ribelli romani, in primis Numanzia, ricca città fortificata. Nei pressi della città un'armata romana di alleati italici, mercenari ispanici e celtici viene sconfitta da un'armata romana ribelle: 922 sono i morti della Repubblica, e 1.210 quelli dei ribelli.



    Nell'estate del 171 a.C. Pollenzia, in mano al generale romano ribelle Lucio Cassio Pulcro, viene posta sotto assedio da una legione romana partita dal porto di Nuova Cartagine: l'esercito della Repubblica viene attaccato da quello di Lucio Cassio Pulcro ma quest'ultimo viene sconfitto, 2.005 sono i morti ribelli, 573 quelli repubblicani, mentre 7.359 i civili uccisi nel saccheggio di tutte le isole Baleari, le quali tornano in mano a Roma.



    Continua la caccia ai briganti: nel Piceno ne vengono uccisi 342, in Gallia 692, le perdite romane sono solo 28. I commerci terrestri in queste zone vengono sensibilmente migliorati.
    A fine estate avviene a oriente un attacco inaspettato: un nutrito esercito greco-trace proveniente dalla Mesia orientale, pone sotto assedio Filippopoli ( oggi Plovdiv, Bulgaria it.wikipedia.org/wiki/Plovdiv ).
    Nell'autunno del 171 a.C. una legione reduce dal fronte cartaginese pone sotto assedio Numanzia, in mano ai ribelli romani. Negli stessi giorni un'armata di briganti presso Canne ( it.wikipedia.org/wiki/Canne ), viene attaccata dagli arcieri celtici al soldo di Roma ma resiste causando ben 1.143 morti ai Romani perdendone 665, sconfiggendo anche i rinforzi provenienti da Canne: le ricche campagne dell'Apulia continuano ad essere devastate. In Gallia un'altra battaglia contro i briganti ha invece esito positivo, 594 briganti morti e 30 Romani ( Celti ), uccisi.
    E' in inverno che Roma ottiene la grande vittoria contro i Greci a Filippopoli. La legione di Spurio il Pio, giunta a marce forzate in Tracia, scende in campo e causa 2.944 morti al nemico mettendolo in fuga: le perdite romane sono 532. Filippopoli è libera, poco hanno potuto i feroci Bastarni e Traci muniti di romfaie ( it.wikipedia.org/wiki/Romfaia ), contro la falange macedone degli alleati romani combinata con il tiro costante dei frombolieri greci.



    Un'altra "vittoria", se così si può chiamare, viene ottenuta a Rodi: qui l'armata di Pergamo assalta le mura ingaggiando un furioso combattimento all'interno della città. L'insediamento è teatro di un grande massacro, muoiono 1.998 soldati degli Attalidi e 1.684 di Roma: quello che caratterizza la battaglia è il grande corpo a corpo nella piazza principale. La qualità dei soldati inviati da Pergamo è molto alta, ma gli opliti greci al servizio di Roma sono numerosi e coesi, inoltre i frombolieri dei difensori martellano insistentemente i soldati degli Attalidi alle spalle, fracassando corazze, teste, braccia e gambe. La forza di Pergamo si fa sentire, grande è la valenza dei suoi soldati. Alla fine della battaglia la piazza principale della città è ricoperta da uno stuolo di soldati uccisi. Gneo Claudio Sabino è vivo, insieme a pochi dei suoi uomini, si fa quel che si può per i feriti, la popolazione aiuta come può, si temono epidemie. Prima che l'esercito romano si possa riorgainzzare, un'altra armata di Pergamo sbarca a Rodi ponendola nuovamente sotto assedio: è molto improbabile che Rodi possa essere ancora difesa, visto l'esigua armata rimasta a sua difesa. Gneo Claudio Sabino prepara i suoi uomini al meglio, ma da anche ordine di distruggere tutti gli edifici più importanti della città affinché non cadano in mano avversaria.





    Nella primavera del 170 a.C. i Romani vengono sconfitti nuovamente in Apulia dai briganti, i quali perdono 260 uomini, mentre i Romani 418. In Gallia continua ininterrotto il massacro di ribelli: 667 muoiono, solo 155 arcieri celtici al servizio di Roma.
    Mentre a Roma la plebe è soddisfatta della sconfitta cartaginese, in Mauritania Tingitana, ai confini della Res Publica, i legionari combattono ancora nella polvere contro i resti delle armate puniche. In particolare in estate una legione affronta un'armata cartaginese di oltre 4.500 uomini, situata tra i monti costieri della regione ed il Mediterraneo. La battaglia si preannuncia difficilissima: il terreno è accidentato, il caldo africano è insopportabile, il nemico è forte sulle sue posizioni ed è ancora ben equipaggiato e rifocillato ( visti i saccheggi compiuti da esso in zona ). Lo scontro, estremamente sanguinoso, si risolve in una mischia i cui equilibri sono molto fragili e durante il quale le sorti sembrano arridere prima all'uno poi all'altro schieramento diverse volte. Nonostante le gravi perdite ( 1.349 ), la legione romana vince: d'altra parte i morti sono moltissimi, ben 4.384, e l'armata nemica è così annientata. Alla fine della battaglia i legionari, stremati dalla fatica delle armi, osservano le colline teatro dello scontro disseminate di morti. L'ultimo esercito cartaginese sul suolo africano è stato sterminato. La legione marcia a oriente verso Cartagine, passando per la Numidia e l'Africa affamate, sottraendo cibo per necessità a chi già è al limite delle possibilità per procurarselo: i rifornimenti dalla Campania infatti scarseggiano da guerra inoltrata.





    Sempre in estate, Marco Gabinio massacra sul Reno altri 1.885 Germani, di 40 uomini sono le perdite romane. Il fronte germanico tiene, le città della Gallia Belgica possono crescere momentaneamente senza particolari problemi.



    Verso la fine dell'estate un esercito romano di alleati gallici partito da Gergovia espugna Emporiae, città ribelle in mano all'ex questore Numerio Terenzio Varrone. L'esercito repubblicano, tra le cui fila vi sono numerosi tiratori, riesce a massacrare la resistenza nemica ( 457 soldati ), senza perdere nessun uomo. Numerio Terenzio Varrone viene ritrovato tra i cadaveri, trafitto da numerose frecce, questo è il prezzo che si deve pagare per opporsi a Roma. Emporiae, teatro di un grave saccheggio all'inizio della guerra punica, viene nuovamente sterminata per il tradimento della sua popolazione, muoiono 4.207 civili. In autunno, nonostante le condizioni di mare avverso, la flotta romana distrugge quella dei pirati nella parte meridionale del Sinus Kantabrorun ( il Mare Cantabrico, oggi Golfo di Biscaglia/Guascogna ): i commerci marittimi tra l'Aquitania e la Cantabria vengono ripristinati.
    In inverno Spurio il Pio continua a tenere testa a orde di Daci che penetrano ormai entro i confini sempre più numerose. Negli scontri, nei quali Roma ottiene sempre la vittoria grazie alle buone capacità dei suoi generali, muoiono 3.459 Daci e 911 Romani. Il Senato prende la decisione di spostare tutte le armate stanziate in Spagna verso la Macedonia e progetta un piano per l'invasione della Mesia e lo sterminio delle tribù nemiche ivi stanziate. In Italia sono già approdate dalla Spagna alcune legioni, una è già a Brundisium.



    Nella primavera del 169 a.C. Spurio il Pio riceve l'ordine di addentrarsi in Paionia, tra le tribù ostili degli Scordisci e i Serdi, popolazioni fiere e selvagge. Anche Marco il Pio con la sua legione si addentra nella regione, e dopo alcuni giorni di marcia viene colto in un'imboscata. Gli agili ed agguerriti schermagliatori nemici spuntano da tutta la foresta, lanciando alte grida e scagliando numerosi giavellotti. La legione romana reagisce disponendosi subito in formazione difensiva salvaguardando i vettovagliamenti come insegnato durante gli addestramenti, mentre i fieri Daci compiono rapidi attacchi a distanza ravvicinata causando molte vittime nei ranghi nemici. Marco il Pio parte con i suoi cavalieri all'inseguimento dei tiratori nemici, facendone strage: nella mischia tuttavia, un cavaliere nemico, lanciato con il suo cavallo al galoppo, pianta una lancia nel torace del generale romano, il quale morirà tra le braccia dei suoi più fedeli commilitoni dopo ore di agonia. Le ultime parole di Marco il Pio, grande generale di Roma, sono raccomandazioni ai suoi amici più stretti per la moglie Papiria ed i suoi tre figli: la sua morte, da vero romano, porterà onore alla sua memoria ed aumenterà il prestigio della sua famiglia. La legione riesce a respingere dopo giorni di scontri sempre più radi la fanteria nemica, la quale si disperde negli ombrosi boschi lasciando dietro di se 1.856 morti: 590 sono invece le perdite romane. Morto Marco il Pio, il comando viene preso dal giovane ufficiale di estrazione equestre Decimo Planco, il quale fra proseguire la legione in territorio nemico come ordinato dal Senato.



    L'invasione dei territori dei Daci da parte di Roma prosegue anche più a nord: Manio Giunio Pera ed i suoi soldati ( in prevalenza mercenari illirici e dalmati ), partono da Carnuntum ed espugnano Aquincum ( nell'attuale periferia di Budapest it.wikipedia.org/wiki/Aquincum ), dopo una dura battaglia campale dove muoiono 913 Romani e 1.331 Daci. Aquincum viene raggiunta e messa a ferro e fuoco, 15.464 Daci vengono massacrati. In Macedonia altre tribù daciche vengono respinte con la forza.
    I briganti continuano ad essere massacrati in tutta la Res Publica: in Apulia si riesce ad avere ragione dell'armata che resisteva nella regione da anni, mentre in Mauritania si sterminano altre due bande, per un totale di 1.623 briganti uccisi.



    Nel sud della penisola iberica resiste l'ultimo esercito cartaginese ( due armate ), composto da 6.349 soldati, alcuni tra i migliori veterani di Cartagine, in prevalenza libici, una forza poderosa di veterani ottimamente equipaggaiti. Dalla fine delle guerra l'esercito è rimasto sempre nelle campagne, e sembra non aver intenzione di muovere contro i maggiori centri, ma rappresenta pur sempre una minaccia. Il Senato decide di sacrificare una delle legioni più "pericolose" di veterani viene inviatndola contro l'esercito punico. La legione romana combatte al meglio eliminando dopo ore di combattimento il primo nucleo dell'armata avversaria, ma viene raggiunta in breve dai rinforzi nemici, circondata e massacrata, pur resistendo fino all'ultimo. Nello scontro muoiono 2.858 Cartaginesi e 1.439 Romani. Nonostante la distruzione della legione romana, il risultato è complessivamente positivo, considerato il numero di nemici uccisi, ma l'esercito avversario è ancora troppo forte, forse anche per la famosa legione di veterani di Macedonia, Grecia, Gallia e Spagna, che si trova sul posto e che sarebbe intervenuta in battaglia qualora all'esercito nemico fossero state inflitte perdite maggiori. Se questa legione dovesse essere annientata, Roma non disporrebbe della sua armata più forte e più fedele al Senato: è meglio che essa rientri in Italia. Si decide che l'esercito cartaginese non verrà distrutto fino a quando non sarà stato costituito un esercito di soli frombolieri delle Baleari, che logorerà i Punici con una tattica di schermaglia continua fino alla loro definitiva sconfitta. Si seguirà l'esempio del defunto Quinto Fabio Massimo durante la seconda guerra punica.





    Nel frattempo materializza una nuova minaccia per la Res Publica, un ricco equestre romano si ribella nel Norico e costituisce un'armata molto forte di legionari e mercenari celto-germanici dirigendosi verso le Gallie con l'intenzione di sollevarne le popolazioni.
    [Modificato da Legio XIII gemina 25/03/2012 22:36]


    « ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

    Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


    « Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

    Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


    « Pallida no ma più che neve bianca
    che senza venti in un bel colle fiocchi,
    parea posar come persona stanca:
    quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
    sendo lo spirto già da lei diviso,
    era quel che morir chiaman gli sciocchi:
    Morte bella parea nel suo bel viso. »

    Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


    « Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

    Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


    « Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

    Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

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