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Romani, Greci, Germani, Galli , Macedoni.. Popoli Indoeuropei.. - F.A.Q

Ultimo Aggiornamento: 10/03/2007 20:09
04/12/2004 13:41
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Cara Drusilla, mi dispiace che tu non abbia compreso l’obiettivo del mio post di obiezione. Anzitutto vorrei dire a tutti che il testo che cito non è di un librettino, come scrive Drusilla, ma un estratto da una pubblicazione di diverse centinaia di pagine e che ho citato proprio questo perché è reperibile nella maggior parte delle librerie ed è un testo divulgativo e non specialistico. Mi sembra inutile elencare nomi di autori e di opere scientifiche senza che nessuno possa verificarle, sia per conoscenza personale sia per impossibilità di reperire le fonti citate.

Tu hai scritto: ‘Quando parliamo di “Indoeuropei”, parliamo di una popolazione che ha avuto in comune Cultura, Religione, Etnia, Lingua’.

E’ sui termini che ho scritto in rosso (una popolazione e etnia)che ineriva il mio intervento: nessuno può dimostrare che sia esistita una popolazione indoeuropea che ha avuto un’unica lingua, lasciamo perdere il discorso dell’etnia. Non abbiamo documenti scritti in indoeuropeo, mi puoi smentire? Mi puoi dimostrare che almeno due persone si parlassero in indoeuropeo? Per capire qualcosa su gli ‘indoeuropei’ dobbiamo affidarci alla ricerca archeologica. Il problema principale della ricerca archeologica è la sua incapacità di collegare con certezza i suoi risultati ad una data società che parlasse una certa lingua, almeno che la scoperta archeologica stessa non contenga anche materiale linguistico. Questo limite è stato denunciato più volte e si sono cercati sempre nuovi modi per esprimerlo. Secondo una formulazione recente ‘i vasi non equivalgono a un popolo’ (Mallory). D’altra parte solo gli archeologi possono offrirci dati certi sulle popolazioni preistoriche. E’ vero che ‘le pietre non parlano’ (Renfrew), ma se sulle pietre sono incise delle immagini, queste ci diranno qualcosa dell’incisore; analogamente i vasi distinguono in genere una cultura o un gruppo di culture da un’altra. Ci troviamo quindi spesso nella situazione imbarazzante di essere in grado di identificare una cultura ma non il popolo che la esprime né la sua lingua. Basta solo sfogliare un manuale dedicato alle culture tra IV e III millennio localizzate nell’area in cui sono attestate lingue indoeuropee (non l’indoeuropeo) tra il II e il I millennio, per vedere come siano numerose le società che hanno sviluppato culture originali. Ma correlare queste culture con i precursori dei parlanti di una lingua documentata è molto difficile. Un problema cruciale per i linguisti che collaborano con gli archeologi è capire in che modo le lingue si diffondano oggi, o si siano diffuse in passato. Non c’è dubbio che nel subcontinente indiano si parlassero lingue non indoeuropee prima dell’arrivo di genti ‘arie’, e ciò vale praticamente per tutta l’area, compresa l’Europa, in cui sopraggiunsero le lingue indoeuropee. Ma la spiegazione di questa diffusione incontra ancora problemi serissimi. Drusilla non semplificare le cose, mica siamo tutti specialisti di antichità, rischieremmo di crederti. In passato i linguisti e gli archeologi attribuivano il cambiamento di lingua alle invasioni di nuovi popoli. Anche Meillet affermava che ‘i dialetti greci risultano dal fatto che ci furono successive ondate di diversi invasori in area ellenica’; ma al tempo stesso egli attribuisce i diversi dialetti gallo-romanzi all’esistenza di regioni separate politicamente e l’espansione del francese parigino al ruolo culturalmente e politicamente dominante di Parigi. Per spiegare la diffusione delle lingue indoeuropee si prendevano spesso come modello i massicci spostamenti di tribù germaniche, a partire dal I secolo a.C., che portarono al collasso dell’Impero Romano (sigh!). Ma purtroppo non sono molti i dati archeologici disponibili a sostegno di questo modello di diffusione delle lingue indoeuropee e dei loro parlanti. Col tempo divenne anche chiaro che nel V millennio i gruppi tribali mancavano tanto dei mezzi quanto della popolazione per realizzare cambiamenti così massicci. Di recente, gli archeologi, spiegando i cambiamenti di lingue e culture, hanno dato rilievo a un modello di diffusione ad onda, secondo il quale le innovazioni culturali e tecnologiche venivano esaminate in rapporto ai vantaggi che portavano, e se il giudizio era positivo esse venivano adottate dalle popolazioni vicine. Naturalmente si può pensare anche a qualche migrazione, ma certamente non delle stesse dimensioni di quelle a ridosso dell’inizio della nostra era. Il contrasto di questi due modelli di diffusione delle lingue indoeuropee acquistò grande evidenza con la pubblicazione del libro di Renfrew nel 1987 (uno degli studiosi che citi tu, Drusilla). Egli riteneva che la diffusione di una lingua dipendesse direttamente dia progressi dell’agricoltura e quindi collocò la patria indoeuropea all’interno dell’area in cui l’agricoltura nacque e si diffuse. Inoltre, in un saggio successivo, egli rivendicò a sé il merito di sostituito l’equazione cultura = popolo = lingua con l’esame delle relazioni sociali, cambiamenti demografici e cambiamenti linguistici (1990, p. 21). Può essere che questa sostituzione abbia rappresentato una innovazione nel suo campo (archeologico), ma certo non lo è in linguistica storica. Refrew propose come patria degli indoeuropei un sito della Turchia centromeridionale, noto come Çatal Hüyük. C’è un accordo diffuso nel ritenere che la pratica dell’agricoltura si sia diffusa a partire dal Vicino Oriente verso l’Europa attraverso l’Anatolia. Ma il collegamento fra la diffusione dell’agricoltura e l’ampiezza del dominio linguistico indoeuropeo non trova conferma in alcuno dei mutamenti linguistici riconosciuti. Inoltre fin dal 1845 gli indoeuropeisti ritenevano che gli indoeuropei fossero già passati alla agricoltura. Il cambiamento nella cultura materiale proposto da Refrew non può dunque essere collegato al cambiamento linguistico, quale che sia stata l’ubicazione della ‘patria indoeuropea’. Per fortuna, lo stesso Refrew ha riconosciuto, nella sua recensione a Mallory (1989), che la pratica dell’agricoltura può essersi diffusa nel Vicino Oriente verso la Russia meridionale che, secondo alcuni, potrebbe essere il territorio di origine degli indoeuropei. Refrew sembra pensare che gli indoeuropei aderiscano ancora al modello dell’albero genealogico perché sarebbe indispensabile per l’applicazione del metodo comparativo e ignora invece che esso è stato superato da tempo dalla teoria delle onde, fra l’altro molto più vicina ai modelli di diffusione dei fenomeni seguiti dagli archeologi. Vorrei proseguire…

Hai scritto: ‘I gruppi linguistici indoeuropei, semitici, altaici, ugrofinnici etc. ESISTONO ECCOME’

E chi nega che esistano ‘gruppi linguistici’, tu avevi parlato di ‘una popolazione che aveva una lingua comune’, come l'italiano per gli italiani, che è ben diverso dal portoghese o dal francese, ed appartengono allo stesso gruppo.

Comunque pensa come preferisci, a me premeva solo che i frequentatori del forum sentissero la voce di qualcuno che dissentiva da affermazioni troppo categoriche e per me, in parte, grossolanamente errate.

Hai scritto: ‘Non risponderò ad altre provocazioni che confondono il concetto di gruppo di popoli o se vogliamo di etnie antiche con quello di ‘razza’ ’.

Io non volevo confondere niente, mi dispiace che tu concluda in questo modo, non si può discutere neanche un po’?


Ciao

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Ciao Modred, grazie per questo sito!
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