Ritornando alla discussione principale, preferirei senza ombra di dubbio la Repubblica.
Innanzitutto, le lotte politiche erano infuocate e - si può ragionevolmente supporre - appassionanti (nonostante la corruzione dilagante nell'ultimo secolo di vita del regime repubblicano...).
Oltretutto, vi erano due schieramenti politici in Roma, che a meno di commettere una evidente ed ingiusta forzatura storica, potremmo definire "partiti" (col discredito odierno di cui gode il termine, credo sotto ogni punto di vista migliore e più corretta la prima denominazione
): "optimates" e "populares".
I primi lottavano per mantenere ed estendere il ruolo e l'influenza del Senato nella vita pubblica romana, i secondi si ponevano come obiettivo il patrocinio dei diritti del popolo e la restituzione di dignità ed autorevolezza ai comizi ed alle assemblee della plebe.
Le cariche politiche dovevano essere esercitate - per costituzione (detta "mos maiorum", ovvero "costume dei padri") - collegialmente e gratuitamente. Dopo aver ricoperto un incarico, bisognava attendere un dato periodo di tempo per ripresentare la propria candidatura, almeno a partire da Silla.
La temporaneità (la durata era annuale), la gratuità e la responsabilità politica erano le ulteriori caratteristiche d'ogni carica repubblicana.
L'unica che sfuggiva ai princìpi di collegialità, responsabilità (parzialmente) e elettività era la dittatura, che durava per massimo sei mesi ed era contraddistinta dall'esercizio del potere assoluto. Essa veniva conferita dai consoli, previa riunione plenaria del Senato.