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La verità sulle armature dei legionari e la famosa "lorica segmentata"

Ultimo Aggiornamento: 13/06/2014 01:53
10/05/2014 03:18
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Il crollo di un mito (per me)
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Chissà, ne avrete discusso centomila volte... comunque per me è stato quasi uno shock. :wtf


Loricae in cuoio, lino o miste con metallo




Fig.12
Moderno arbitrio degli storici: la manica metallica (non visibile nelle fonti artistiche inerente le campagne daciche), abbinata alla lorica segmentata metallica (ugualmente non visibile nelle fonti daciche).


Da un articolo del National Geographic Pile of Roman Armor, Weapons Discovered in U.K. April 27, 2001

Uno dei tanti esempi, in contraddizione con un "famoso" servizio di Ulisse:


Posto anche questa immagine molto chiara dell'Arco di Costantino:

Testo nascosto - clicca qui


Secondo quanto spiegato nel sito sopra quindi neanche quella e destra sarebbe una lorica segmentata in metallo, e addirittura nell'immagine a sinistra si vedono delle squamate.

Wikipedia però ha una posizione più neutrale sull'argomento. Link
E voi che ne pensate?
[Modificato da Nando Giulio 12/05/2014 01:51]
11/05/2014 00:08
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la lorica "hamata" ( la maglia di ferro ) in uso in età repubblicana era ancora in uso per certi aspetti anche in età imperiale e sopratutto la segmentata pare che sia stata abbandonata, almeno sul campo di battaglia, in età tardoimperiale per diverse ragioni.
non abbiate pietà dei nemici! vittoria,vittoria e sempre vittoria!!!!

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11/05/2014 00:38
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Re:
Archita, 11/05/2014 00:08:

la lorica "hamata" ( la maglia di ferro ) in uso in età repubblicana era ancora in uso per certi aspetti anche in età imperiale e sopratutto la segmentata pare che sia stata abbandonata, almeno sul campo di battaglia, in età tardoimperiale per diverse ragioni.



Mah... in realtà come si vede spesso in quasi tutti i rilievi post repubblicani la classica harmata si vede molto poco, al contrario delle loriche (di diversi tipi). Il punto è che la famosa lorica segmentata (Newstead/Corbridge) invece si vede poco o quasi per niente, mentre è diventata quasi un mito per noi appassionati di storia romana, persino nel cinema la si vede sempre, dagli anni 60 ad oggi... è diventato quasi un simbolo della potenza di Roma, ma alla fine, analizzando bene tutti questi rilievi non è presente quasi mai. Un motivo ci sarà...
Certo sono tutte supposizioni, però credo ben ragionate... secondo alcune interpretazioni i disegni non sarebbero così realistici ma più che altro stilizzati in qualche maniera, però non sono d'accordo con questa visione, in realtà sono ricchissimi di dettagli ed nel primo link sono descritti bene.
11/05/2014 01:23
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la hamata ha continuato ad essere in uso in età imperiale sopratutto per la cavalleria e ausiliari ma anche per i legionari, i rilievi pubblici,privati e funerari sono comunque "affreschi" propagandistici,per quanto realistici, il che vale a dire che non è sempre detto che si volesse rappresentare anche equipaggiamenti e tecniche opportunamente no "interessanti" al pubblico.La Colonna Traiana, è un esempio, va considerata come un monumento alla potenza militare romana ma non certo un documentario apolitico e approfondito in ogni dettaglio della campagna.
[Modificato da Archita 11/05/2014 01:23]
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11/05/2014 14:08
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La lorica hamata (l'etimologia di hamatus è la stessa del nostro amo, essendo una maglia ad anelli agganciati) è stata la corazza più diffusa nell'esercito romano e non solo, mantenendo un ruolo primario nell'armamento dei milites fino alla fine del Medioevo. In epoca imperiale ne veniva fatto ampio uso e probabilmente è sempre rimasta l'armatura prevalente, essendo molto pratica e facile da riparare; la segmentata entra in uso dalla fine del I secolo a.C. e vi rimane fino alla metà del III d.C. e fu l'eccezione nelle armature romane, non la regola, usata sempre insieme all'hamata e alla squamata.
Nell'esercito romano, come in tutti quelli fino ai tempi moderni, non esisteva il concetto di standardizzazione dell'equipaggiamento, le armature potevano essere diverse e intercambiabili anche nelle stesse unità e questa varietà dipendeva da molti fattori, anche a seconda dei gusti personali, visto che i soldati in teoria erano sempre tenuti ad armarsi a proprie spese.
Anche l'idea che i legionari indossassero la segmentata e gli ausiliari no è sbagliata, a diverse contingenze corrispondevano diverse soluzioni tattiche e di equipaggiamento.
La manica era aperta nella parte inferiore lasciando una buona mobilità, e la sua utilità è evidente considerando che il braccio era l'unica parte del legionario che si esponeva nella mischia serrata dovendo protendersi in avanti per affondare il gladio.

PS potete spoilerare l'immagine dell'Arco di Costantino? Dilata tutta la pagina.
[Modificato da Legio XIII gemina 11/05/2014 15:39]


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Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
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sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
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Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


« Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


« Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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12/05/2014 01:25
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State dicendo delle cose inesatte... intanto cosa c'entra la propaganda con l'accuratezza dei rilievi? E cosa cavolo vuol dire equipaggiamenti e tecniche "NON INTERESSANTI" al pubblico?
I rilievi, così come i reperti ritrovati, sono entrambi fonti storiche importantissime. Non mi risulta (e credo a nessuno) che i primi siano poco più che disegni astratti di poco valore storico... anzi...
Mostrare un barbaro che cade dal mulo per sottolineare quanto gli dei fossero con Roma è molto probabile che fosse solo una mossa di propaganda, ma non ha alcun senso mettere tanti dettagli nelle unità, nelle loro armature e nei vari scenari della campagna. Dettagli che sono simili in tantissime altre sculture e rilievi, in varie epoche.

Legio, hai detto due caxxate colossali:
- l'equipaggiamento non era standardizzato (parliamo del post Mario)
- era tutto a spese dei soldati

Esattamente quello che la riforma di Mario eliminò. Non mi dilungo perché non sono uno storico e devo andare a trovarmi le fonti, ma non serve neanche che perda tempo su un punto tanto basilare della storia di Roma antica.

ps: scusate ho editato adesso per l'immagine troppo grande. Avevo anche dimenticato il link più importante, quello appunto dove si descrivono le diverse loriche segmentate. L'altra pagina parlava solo della manica.
[Modificato da Nando Giulio 12/05/2014 01:52]
12/05/2014 09:21
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I rilievi pubblici, ad eccezione di alcuni funerari che spesso esponevano i ferri del mestiere, sono come i dipinti, poster e manifesti propagandistici in uso oggi, non sempre la tenuta delle truppe corrisponde a quello effettivamente in uso negli episodi rappresentati e i governi o i capi sono quelli che finanziano le opere e preferiscono far vedere quello che deve far piu impressione e senso di esaltazione. I rilievi sono importanti ma vanno appunto presi con la dovuta considerazione del valore propagandistico e dunque utili come supporto per farsi un idea in combinazione con fonti letterarie e reperti di manufatti. Dicevo non interessanti nel senso che in ogni informazione ce sempre la possibilita che certi aspetti dell equipaggiamento possano essere celati o deformati per questioni di segreto militare specie se sono opere artistiche realizzate per esporre al momento della apertura avvenimenti recenti. Tutto sommato e' come se in un lontano futuro archeologi usassero come fonti i dipinti propagandistici delle guerre mondiali non sempre esatti ed imparziali.
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12/05/2014 10:58
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Re:
Nando Giulio, 12/05/2014 01:25:


Legio, hai detto due caxxate colossali:
- l'equipaggiamento non era standardizzato (parliamo del post Mario)
- era tutto a spese dei soldati

Esattamente quello che la riforma di Mario eliminò. Non mi dilungo perché non sono uno storico e devo andare a trovarmi le fonti, ma non serve neanche che perda tempo su un punto tanto basilare della storia di Roma antica.




Mi sa che di tempo invece ce ne dovresti perdere e come.

L'equipaggiamento NON ERA STANDARDIZZATO: ad una panoplia minima (peraltro anch'essa mai del tutto uniforme) corrispose sempre un alto grado di personalizzazione dell'equipaggiamento a seconda delle disponibilità momentanee, come credi che funzionasse il mondo in età pre-industriale? E' arrivato Mario con la bacchetta magica si è messo a fare le corazze a tutti? L'equipaggiamento era e rimase SEMPRE (prima e dopo Mario) a spese del soldato, venendo decurtato dalla paga inseime a cibo e vestiario: lo stipendium infatti non era un salario, ma una sovvenzione per le spese di equipaggiamento. Se a un certo punto lo stato ha istituito fabbriche proprie (solo al tempo di Diocleziano e senza essere nemmeno in grado di sostituire l'auto-produzione) non era certo per regalare le armi ai soldati. Nel tanto decantato esercito augusteo i soldati le armi se le facevano nelle officine dei castra o le andavano a comprare o a farsele fare da artigiani privati.
La riforma di Mario è stata censitaria, al livello tecnico non è cambiato assolutamente nulla e non si sa nemmeno se il contributo statale sia aumentato, quello che sappiamo è che lo stipendium dei soldati ai tempi di Cesare e oltre era da fame, e che il più grande compenso che il miles potesse ottenere rimaneva quello derivante dal bottino di guerra.

Inoltre Archita ha ragione, le fonti iconografiche non si devono prendere come nuda realtà, vanno sempre interpretate, è una questione di significante e significato. La Colonna Traiana ha dei contenuti fortemente propagandistici da mostrare al popolo, la realtà è un'altra cosa.

Se ti possiamo shockare ulteriormente è probabile che l'uso del famoso scudo a tegola romano sia stato nettamente minoritario financo all'apice del suo utilizzo, forse ne era equipaggiata solo la prima coorte essendo quella che picchiava di più in prima linea e aveva bisogno di più protezione laterale, quello ovale è rimasto sempre prevalente.

Tutto questo rientra nella visione distorta che abbiamo avuto di Roma per secoli, la Storia è una cosa ben più seria e non si fa con le impressioni soggettive, è proprio abbandonando le idealizzazioni che si riesce a capire la vera grandezza del passato, che è di gran lunga maggiore delle becere spettacolarizzazioni alle quali siamo costantemente ed impietosamente esposti.
[Modificato da Legio XIII gemina 12/05/2014 22:51]


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12/05/2014 23:01
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Tribunus Angusticlavius
Concordo con LegioXIIIGemina sul fatto che l'equipaggiamento non fu mai standardizzato. Su questo punto sono certo. Una singola coorte, anche in età imperiale, poteva avere legionari con loricae hamatae, loricae laminatae (il nome corretto delle loricae segmentatae) e anche, forse, loricae squamatae (ammesso che queste ultime fossero indossate dai semplici militi fin dall'Alto Impero).
Per quanto concerne la lorica segmentata (o se si preferisce, lorica laminata), come scrive il Brizzi, poteva avere origine da un antico "corpetto" italico, e si dimostrò particolarmente efficace in Oriente, contro le frecce partiche, grazie alla sua complessione che permetteva di bloccarle in superficie una volta tirate (a differenza della lorica hamata, che invece si faceva perforare provocando gravi ferite interne; e per questo i legionari di Crasso, armati di hamatae, ci lasciarono la pelle...).
Le vittorie di Traiano contro i Parti furono dovute, seppur in piccola parte, al nuovo tipo di armatura, la lorica laminata (o segmentata) che migliorò di gran lunga la protezione del legionario. Lo stesso Cicerone, in un suo passo, si era appellato al nuovo tipo di corazza per proteggere dalla freccia del parto (tirata all'indietro, in corsa sul cavallo).

Almeno il Brizzi dice così..
[Modificato da Iulianus Apostata 12/05/2014 23:03]
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IULIANUS IL VOLSCO

Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

Su Amazon.it
https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

-SOLDATO IGNOTO-

«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

-Platone, "libro delle leggi"-

«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

Gianni Granzotto, "Annibale"

«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

Gianni Granzotto,"Annibale"

12/05/2014 23:52
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La lorica squamata si diffuse nell'esercito romano attorno al I secolo su influenza ellenistica. Come dice Iulianus veniva indossata anche dai semplici legionari, per quanto comunque meno della segmentata e della hamata ed effettivamente più spesso dai centurioni e dai principales, nonché dai cavalieri; dal III e IV secolo la sua diffusione crebbe considerevolmente.
[Modificato da Legio XIII gemina 12/05/2014 23:58]


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13/05/2014 00:57
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Tutti professori qui, complimenti.
Sembra di sentire gente che ha vissuto in quell'epoca e parla per esperienza personale, ma la storia non è una scienza perfetta.
Ho aperto il topic per discutere, non per ricevere lezioni (discutibili per altro).

Segreto militare? All'epoca credo che fosse una parola sconosciuta... ad ogni battaglia persa non si lasciavano solo cadaveri sul campo, ma anche armi e armature. Che dovevano fare allora in quel caso? Mandare delle forze speciali a cavallo a raccogliere tutto il materiale per non lasciarlo al nemico? Di certo i bombardieri non esistevano.
Non vedo poi che senso ha fare propaganda proponendo un esercito con equipaggiamento standard... sono tutte supposizioni quelle fai Archita, e penso che la mia opinione non abbia meno valore della tua, o persino di uno storico, perché se i ritrovamenti degli archeologi coincidono, tutto il resto si può solo supporre. Infatti mi pare che nessuno mai abbia detto che "è così sicuramente", ma tutti avvalorano le loro idee con ciò che il passato ci ha lasciato (reperti, rilievi e racconti) e supposizioni logiche.
Ripeto, ha senso mostrare per propaganda un barbaro che cade dal mulo, o l'imperatore che aiuta personalmente un legionario, ma non un esercito equipaggiato quasi in modo uniforme, secondo me. Comunque non erano tutti uguali, non ho mai detto che c'era un solo tipo di corazza, è ben evidente sia nella colonna di Traiano che nell'Arco di Costantino. Ce ne sono diverse, ma al 90% l'equipaggiamento è quello, anche con diversi tipi il resto comunque non cambiava (elmo, scudo, gladio, pilum, ecc).

Riguardo alla riforma di Mario (copio/incollo):
In seguito alla riforma mariana, le divisioni tra hastati, principes e triarii divennero solo nominali e in breve tempo sparirono e tutti i legionari indossarono lo stesso equipaggiamento (ciò favoriva l'omogeneizzazione dell'armamento e del'"uniforme", prima rese eterogenee dal reclutamento basato sul censo), fornito loro dallo stato assieme al salario. Essi indossavano lorica a maglia di ferro, due pila ciascuno (i giavellotti che, penetrando negli scudi avversari e piegandosi, ne rendevano impossibile il riuso da parte del nemico), il corto gladius (spada lunga circa 70 cm con una punta affilata, realizzata per penetrare con piccoli affondi nel corpo del nemico) portato a destra per non intralciare la mano con lo scutum (uno scudo alto, ovaliforme e convesso, dalle caviglie al mento) ed il tradizionale pugnale. Scomparvero, pertanto, le divisioni interne velites, hastati, principes e triarii. Altra grande innovazione di Gaio Mario fu la suddivisione della legione in 10 coorti di 6 centurie ciascuna, che a sua volta, costituiva un'unità più solida del manipolo e più maneggevole della legione.

Wikipedia Periodo repubblicano (Del singolo miles)

E ancora:

Questa la descrizione che fa Giuseppe Flavio dell'armamento che utilizzava l'esercito romano durante la prima guerra giudaica (66-74):

« Si mettono in marcia tutti in silenzio e ordinatamente, restando ciascuno al proprio posto come fossero in battaglia. I fanti indossano corazze (lorica) ed elmi (cassis o galea), una spada appesa su ciascun fianco, dove quella di sinistra è più lunga (gladius) di quella di destra (pugio), quest'ultima non più lunga di un palmo. I soldati "scelti", che fanno da scorta al comandante, portano una lancia (hasta) e uno scudo rotondo (clipeus); il resto dei legionari un giavellotto (pilum) e uno scudo oblungo (scutum), oltre ad una serie di attrezzi come, una sega, un cesto, una picozza (dolabra), una scure, una cinghia, un trincetto, una catena e cibo per tre giorni; tanto che i fanti sono carichi come bestie da soma (i muli di Mario[38]).
I cavalieri portano una grande [e più lunga] spada sul fianco destro (spatha), impugnano una lunga lancia (lancea), uno scudo viene quindi posto obliquamente sul fianco del cavallo, in una faretra sono messi anche tre o più dardi dalla punta larga e grande non meno di quella delle lance; l'elmo e la corazza sono simili a quelli della fanteria. L'armamento dei cavalieri scelti, quelli che fanno da scorta al comandante, non differisce in nulla a quello delle ali di cavalleria. A sorte, infine, si stabilisce quale delle legioni debba iniziare la colonna di marcia. »
(Giuseppe Flavio, Guerra giudaica, III, 5.5.93-97.)

ps: Mettete anche voi qualche fonte magari ;)
[Modificato da Nando Giulio 13/05/2014 00:58]
13/05/2014 01:31
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Re:
Nando Giulio, 13/05/2014 00:57:




Riguardo alla riforma di Mario (copio/incollo):
In seguito alla riforma mariana, le divisioni tra hastati, principes e triarii divennero solo nominali e in breve tempo sparirono e tutti i legionari indossarono lo stesso equipaggiamento (ciò favoriva l'omogeneizzazione dell'armamento e del'"uniforme", prima rese eterogenee dal reclutamento basato sul censo), fornito loro dallo stato assieme al salario. Essi indossavano lorica a maglia di ferro, due pila ciascuno (i giavellotti che, penetrando negli scudi avversari e piegandosi, ne rendevano impossibile il riuso da parte del nemico), il corto gladius (spada lunga circa 70 cm con una punta affilata, realizzata per penetrare con piccoli affondi nel corpo del nemico) portato a destra per non intralciare la mano con lo scutum (uno scudo alto, ovaliforme e convesso, dalle caviglie al mento) ed il tradizionale pugnale. Scomparvero, pertanto, le divisioni interne velites, hastati, principes e triarii. Altra grande innovazione di Gaio Mario fu la suddivisione della legione in 10 coorti di 6 centurie ciascuna, che a sua volta, costituiva un'unità più solida del manipolo e più maneggevole della legione.




Per prima cosa, l'unità della coorte fu introdotta non da Mario, ma bensì da Publio Cornelio Scipione l'Africano in Hispania (tra il III e il II seocolo a.c.), dopo che, affrontando i Lusitani, si rese utile un sistema militare che utilizzasse unità abbastanza grandi da essere autosufficienti o indipendenti, ma piuttosto piccole da rendersi sufficientemente mobili (una coorte è più grande di un manipolo, ma più piccola di una legione).
Secondo: Per omogeneizzazione non si deve intendere che i legionari avessero pure le stesse mutande..Il gladio poteva avere varie misure (non sempre 70 cm), e nemmeno lo scudo era sempre ovaleggiante, almeno non allo stesso modo, così come nemmeno l'elmo era sempre lo stesso, dal momento che non proprio tutti avevano il Montefortino dello stesso tipo (certi indossavano addirittura elmi ellenistici, altri, più tardi, il Coolus etc..).
L'omogeneità semmai si poteva notare nelle decorazioni degli scudi, che per ogni singola legione dovevano forse mostrare lo stesso simbolo (ma dubito che tutti gli scudi legionari di una stessa legione avessero lo stesso colore).
Gaio mario non fece altro che rendere ufficiale un sistema, un'organizzazione militare, che già Scipione aveva in parte sperimentato.
La riforma mariana rappresentò semmai l'apice di un cambiamento già in atto da tempo, poiché già nel corso del II secolo a.c. la legione manipolare si stava lentamente abbandonando (per non parlare della formazione a scacchiera, che già era caduta quasi in disuso); infatti, affrontando i barbari celti, che puntavano sulla forza d'urto ed erano fisicamente possenti, gli eserciti consolari pre-mariani si servirono di unità più grandi, più profonde e più solide dei manipoli, quindi in grado di incassare, contenere l'ondata offensiva più efficacemente: la coorte rappresentò l'ideale soluzione per assorbire in profondità l'assalto nemico.

Ho tratto la maggior parte delle informazioni da Giovanni Brizzi, Il guerriero, l'oplita, il legionario (per la casa editrice e tutto il resto non ricordo..)

Leggendo il libro di Giovanni Brizzi, mi sono stupito del fatto che non parlasse della riforma di Mario come di una rivoluzione militare di chissà quale entità...prima di leggerlo, anche io pensavo che Mario avesse "stravolto" l'organizzazione militare, ma invece così non fu, o almeno, militarmente, non si inventò granché, a parte certi accorgimenti per il pilum e altre importanti innovazioni (come l'aquila legionaria quale simbolo generale etc..).
Silla, inventore della riserva tattica, fece di più in termini di innovazioni militari.


[Modificato da Iulianus Apostata 13/05/2014 01:50]
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Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

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https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

-SOLDATO IGNOTO-

«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

-Platone, "libro delle leggi"-

«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

Gianni Granzotto, "Annibale"

«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

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13/05/2014 17:52
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Nando Giulio, 13/05/2014 00:57:

Tutti professori qui, complimenti.
Sembra di sentire gente che ha vissuto in quell'epoca e parla per esperienza personale, ma la storia non è una scienza perfetta.
Ho aperto il topic per discutere, non per ricevere lezioni (discutibili per altro).



Discutibili quando non sbagliate saranno le tue: queste cose vengono studiate, scritte e insegnate da persone che sono storici di mestiere. L'unico a credere che la Storia sia una scienza perfetta sei proprio tu quando riduci a brusche cesure e rigidi modelli quelli che nella realtà furono cambiamenti secolari progressivi che hanno mantenuto sempre un ampio e costante grado di eccezioni e di mutamenti, relative come erano a strutture economiche e militari così vaste, complesse e longeve. Se vuoi discutere devi essere in grado di farlo, altrimenti non ha senso scrivere, a meno di non chiedere, e in questo non c'è nulla di male. Inoltre sei pregato di non dire che gli altri scrivono cazzate, soprattutto quando sei tu che riferisci cose palesemente sbagliate (vedi Mario).

Il copia-incolla da wikipedia, e te pareva.... L'equipaggiamento dei milites si era già assestato da un pezzo per evoluzione naturale sulla base di quello tradizionale dei principes poiché più funzionale alle nuove esigenze tattiche, come era già fortemente presente l'atteggiamento combattentistico di quei cittadini appartenenti alle classi inferiori che sopravvivevano da lungo tempo come soldati volontari di professione a causa delle condizioni socio-economiche nelle quali versava la tarda Repubblica. "Fornito loro dallo stato assieme al salario", sbagliatissimo (ma chi le scrive queste cose?), come già detto, lo stato fu in grado materialmente di equipaggiare i soldati nel migliore dei casi solo parzialmente ad una certa altezza temporale e attraverso particolari modalità, inoltre il costo delle armi non era separato dallo stipendium, e questo lo sanno pure i sassi: con la riforma lo stato cominciò a sovvenzionare formalmente il miles per il proprio intero equipaggiamento (a differenza di quello che era stato fino ad allora dal V secolo a.C. che ne copriva solo una parte). I metodi di produzione e reperimento dell'equipaggiamento sono stati già spiegati. E se questo non basta, questo è Cascarino, sull'esercito da Augusto ai Severi:

"La paga corrisposta nei primi due secoli non era particolarmente generosa, ed era superiore di un 20% a quella del comune lavoratore giornaliero. Da essa andavano detratti gli importi corrispondenti al vitto, al vestiario e all'armamento eventualmente fornito dall'amministrazione militare, e con quello che rimaneva si dovevano affrontare le spese per i bisogni più immediati, comprese le tende e gli animali da soma."

Anche le tombe si pagavano da soli, mettendo soldi in comune. C'è scritto molto altro a riguardo.

Idem per le coorti, come ha spiegato Iulianus l'attribuzione a Mario è tradizionale, la riforma dell'organico è stata la formalizzazione e la generalizzazione di una situazione già presente di fatto da tempo, e che risale alla seconda guerra punica e a ciò a cui dovette far fronte Roma a seguito delle nuove conquiste. Volendo, anche il termine "muli di Mario" è improprio al di là della simpatia che suscita l'espressione: i legionari infatti portavano con se il proprio bagaglio già secoli prima di Mario, è giusto dire che lui abbia rivitalizzato l'usanza dopo un momento di disuso o allentamento della disciplina, rendendola obbligatoria. L'importanza della riforma fu primariamente sociale e politica, le innovazioni tecniche vennero spontaneamente e progressivamente.

Flavio Giuseppe descrive una forza equipaggiata al meglio in assetto da campagna secondo criteri funzionali, consolidati da una tradizione bellica plurisecolare, inviata non solo per ragioni strettamente militari ma anche per far sfoggio della sua potenza e continuare in quella politica di dissuasione attraverso la quale Roma si confermava agli occhi stranieri come potenza egemone, facendone risaltare espressamente l'ordine e la disciplina; spiega sinteticamente e genericamente (cioè quello che faceva effettivamente sistema, non i dettagli) come erano equipaggiati i soldati romani: lorica, scutum e gladius vengono descritti senza troppi fronzoli (e di corazze e gladi all'epoca ne sono testimoniati svariati tipi), se non per lo scutum dove si specifica che è di forma oblunga (cosa che volendo è anch'essa interpretabile), quando quello doveva essere comunque il periodo dove la tipologia a tegola ebbe la sua maggiore diffusione, e questo anche la dice lunga sulla "standardizzazione" degli armamenti; più gli attrezzi vari che logicamente non mancavano ai legionari, i quali erano adattabili a tutte le situazioni. Non c'è sopresa che si enfatizzi volutamente l'omogeneità dell'equipaggiamento nella sua basilarità e consistenza, in un mondo dove un esercito come quello non si vedeva tanto facilmente: i dati archeologici e non solo mostrano che, a fronte dell'equipaggiamento comune, la standardizzazione materiale non esisteva e non era nemmeno lontanamente possibile per i metodi di produzione dell'epoca. Nella storia romana non esistevano armature di ordinanza, ma solo una scelta tra varie opzioni che venivano adottate a seconda delle situazioni.

E ci sarebbe molto altro da dire.

Le fonti:

Cascarino, L'esercito romano, Vol. I: dalle origini alla fine della Repubblica
Cascarino, L'esercito romano, Vol. II: da Augusto ai Severi
Cascarino, L'esercito romano, Vol. III: dal II secolo alla fine dell'Impero d'Occidente
Brizzi, Il guerriero, l'oplita, il legionario
Rocco, L'esercito romano tardoantico: persistenze e cesure dai Severi a Teodosio I
Cosme, Les fornitures d'armes aux soldates romains
Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano

E ce ne sono tantissime altre, anche Le Bohec sicuramente spiega tutto, come qualsiasi altro libro di storia militare romana o argomenti affini degno di tale nome.
[Modificato da Legio XIII gemina 13/05/2014 18:34]


« ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca:
quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso. »

Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


« Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


« Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

13/05/2014 18:47
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Re:
Legio XIII gemina, 13/05/2014 17:52:



Discutibili quando non sbagliate saranno le tue: queste cose vengono studiate, scritte e insegnate da persone che sono storici di mestiere. L'unico a credere che la Storia sia una scienza perfetta sei proprio tu quando riduci a brusche cesure e rigidi modelli quelli che nella realtà furono cambiamenti secolari progressivi che hanno mantenuto sempre un ampio e costante grado di eccezioni e di mutamenti, relative come erano a strutture economiche e militari così vaste, complesse e longeve. Se vuoi discutere devi essere in grado di farlo, altrimenti non ha senso scrivere, a meno di non chiedere, e in questo non c'è nulla di male. Inoltre sei pregato di non dire che gli altri scrivono cazzate, soprattutto quando sei tu che riferisci cose palesemente sbagliate (vedi Mario).

Il copia-incolla da wikipedia, e te pareva....



Quoto soprattutto questo.
Sulla base di quanto spiegato da LegioXIIIGemina, ho rivisto la descrizione della riforma mariana nel mod RTW Casus Belli (ho pure riportato, quasi fedelmente, delle parole di LegioXIIIGemina nel suo post; non me ne voglia per questo :)).

Comunque, per inciso, già nel II secolo a.c. gli Hastati indossavano ormai la lorica hamata, al pari dei Princeps (lo scrive Cascarino); ciò dimostra come la riorganizzazione dell'equipaggiamento fu progressiva, e con Mario trovò una formalizzazione.


[Modificato da Iulianus Apostata 13/05/2014 20:56]
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Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

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«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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14/05/2014 22:11
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quoto legio, giuliano e archita.
Aggiungo inoltre che i resti archeologici dimostrano la correttezza delle loro opinioni.
La hamata fu utilizzata intensamente per tutto il periodo, la squamata in principio era soprattuto sfruttata dagli ufficiali essendo più costosa, ma nel tardo impero inizia ad essere comune anche fra i soldati .
Sottolineo anche che i resti iconografici in provincia spesso differiscono da ciò che si vede sui grandi monumenti di roma e spesso si accordano ai resti archeologici, ciò perchè a rome si trattava di un arte ufficiale; inoltre sul iconografia non si deve mai fare troppo affidamento se non è supportata da fonti letterarie o/e archeologiche , solo per fare un esempio, ancora nel basso medioevo gli artisti disegnavano negli affreschi e sui manoscritti degli elmi attici in realtà non utilizzati da più di 500 anni, ciò perchè ormai era diventato canonico disegnarli in quel modo quando si trattava di specifiche storie, per cui non bisogna fare eccesivo affidamento su singoli monumenti, purtroppo è da tempo che c'è troppa disinformazione sul impero, si cerca ad ogni costo di equipararlo ad uno stato moderno, sbagliando, e si nega anche l'evoluzione dello stato romano (come se in 500 anni sia possibile che uno stato non cambi).




"Quando ti senti eccezionalmente lucido, entusiasta, forte, quando ti senti in cima al mondo, capace di spostare le montagne, connesso al tuo sogno, all ' ideale, allora sai che hai il sole in tasca" S.B.
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C'è pure da considerare che la diversità poteva riguardare anche una stessa tipologia di armatura (ne sono quasi certo); così, per es., i legionari potevano indossare loricae hamatae differenti esteticamente, o anche per fattura. E lo stesso vale per la squamata (forse la laminata/segmentata era più omologata)
[Modificato da Iulianus Apostata 16/05/2014 18:57]
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(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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07/06/2014 11:08
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L'ingegnere
Sulla questione delle loriche laninate volevo segnalarvi questo articolo

www.romanhideout.com/documents/segmentata.asp

La persona che l'ha scritto è (o almeno era) archeologo sperimentale e, tempo fa, era anche iscritto al forum 'contubernium' (che ora, purtroppo, non esiste più) di cui Cascarino era amministratore.

Mi pare di ricordare anche che la persona che ha scritto l'articolo sia citata tra i 'ringraziamenti' del secondo volume di Cascarino sull'esercito romano.
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www.contubernium.it

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'Antesignano'

"- Nel contesto di uno schieramento di battaglia
indica la prima linea così come gli astati lo
erano nella legione manipolare.

- Nell'ordine di marcia, identifica le truppe
di copertura prive di bagagli ...


Non abbiamo elementi per associarli nè ai primi ranghi delle coorti nè alla fanteria legionaria d'elité."

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"Le più varie combinazioni di forze erano possibili anche con i manipoli, e tutte potevano sentirsi tranquillamente attribuire l'attributo di coorte romana, ed essere tranquillamente associate o sostituite dalle più robuste coorti dei socii."

09/06/2014 01:31
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Molto molto interessante... l'ho letto con piacere. :up

Grazie mille Franco!

Questo studio sembra quindi smentire quanto detto in uno degli articoli che avevo postato all'inizio, e mi sembra abbastanza convincente.

Interessanti in particolare queste frasi:

"Appare chiaro innanzitutto che la diffusione di questo tipo di armamento ha toccato tutte le province dell'Impero spingendosi talvolta anche ben oltre i confini ufficiali. Citiamo a solo titolo di esempio i ritrovamenti in Danimarca, Romania, Marocco e Israele. Questo è stato reso possibile dalla capillare organizzazione della logistica militare come confermano le numerose lettere private rinvenute in Inghilterra e in Egitto e da pochi anni finalmente oggetto di studi accademici sistematici."

Iulianus Apostata, 13/05/2014 01:31:



Per prima cosa, l'unità della coorte fu introdotta non da Mario, ma bensì da Publio Cornelio Scipione l'Africano in Hispania (tra il III e il II seocolo a.c.)


Ammetto che non ero ben informato all'inizio. Hai ragione su questo, ma il fatto che un generale abbia introdotto una certa disposizione tattica dei soldati sul campo non significa che la abbiano applicato poi anche tutti gli altri, non immediatamente almeno.
Suppongo che il senso della riforma sia stato quello di imporre questa nuova tattica a tutti i generali, presenti e futuri.

Iulianus Apostata, 13/05/2014 01:31:

Secondo: Per omogeneizzazione non si deve intendere che i legionari avessero pure le stesse mutande..Il gladio poteva avere varie misure (non sempre 70 cm), e nemmeno lo scudo era sempre ovaleggiante, almeno non allo stesso modo, così come nemmeno l'elmo era sempre lo stesso, dal momento che non proprio tutti avevano il Montefortino dello stesso tipo (certi indossavano addirittura elmi ellenistici, altri, più tardi, il Coolus etc..).
L'omogeneità semmai si poteva notare nelle decorazioni degli scudi, che per ogni singola legione dovevano forse mostrare lo stesso simbolo (ma dubito che tutti gli scudi legionari di una stessa legione avessero lo stesso colore).
Gaio mario non fece altro che rendere ufficiale un sistema, un'organizzazione militare, che già Scipione aveva in parte sperimentato.
La riforma mariana rappresentò semmai l'apice di un cambiamento già in atto da tempo



Ribadisco (se non l'ho già fatto) che non dico che i soldati fossero tutti come una sorta di stampini perfettamente identici, ma bisogna considerare anzitutto quanto detto anche dallo studioso in alto (cosa ben nota a tutti ma a quanto pare non a te e Legio), le numerose descrizioni dei generali vissuti all'epoca, e infine (non meno importante, anzi) il fatto che vi fossero vere e proprie fabbriche di armamenti per i soldati che producevano in massa, dunque questo favoriva l'omogeneità.
Comunque per intenderci, secondo me quanto si può vedere in Rome 2 è probabilmente molto realistico.

Iulianus Apostata, 13/05/2014 01:31:

Silla, inventore della riserva tattica, fece di più in termini di innovazioni militari.


Beh, questo è un altro discorso, ma non credo si possa dire che sia stata più importante della riforma di Mario. Questo è solo il mio parere comunque.


Legio XIII gemina, 13/05/2014 17:52:



Discutibili quando non sbagliate saranno le tue: queste cose vengono studiate, scritte e insegnate da persone che sono storici di mestiere. L'unico a credere che la Storia sia una scienza perfetta sei proprio tu quando riduci a brusche cesure e rigidi modelli quelli che nella realtà furono cambiamenti secolari progressivi che hanno mantenuto sempre un ampio e costante grado di eccezioni e di mutamenti, relative come erano a strutture economiche e militari così vaste, complesse e longeve.


A me non sembra affatto di essere così chiuso mentalmente, anzi questo lo noto in te e Iulianus.
Il fatto che abbiate letto quei libri non significa aver scoperto il santo graal, anche perché, come vedete, le opinioni sono diverse anche tra gli storici, non è tanto strano.

Legio XIII gemina, 13/05/2014 17:52:



Il copia-incolla da wikipedia, e te pareva....


Si, e quindi? Ci sono delle fonti, non sono fantasticazioni.


Legio XIII gemina, 13/05/2014 17:52:



"Fornito loro dallo stato assieme al salario", sbagliatissimo (ma chi le scrive queste cose?), come già detto, lo stato fu in grado materialmente di equipaggiare i soldati nel migliore dei casi solo parzialmente ad una certa altezza temporale e attraverso particolari modalità, inoltre il costo delle armi non era separato dallo stipendium, e questo lo sanno pure i sassi: con la riforma lo stato cominciò a sovvenzionare formalmente il miles per il proprio intero equipaggiamento (a differenza di quello che era stato fino ad allora dal V secolo a.C. che ne copriva solo una parte). I metodi di produzione e reperimento dell'equipaggiamento sono stati già spiegati. E se questo non basta, questo è Cascarino, sull'esercito da Augusto ai Severi:

"La paga corrisposta nei primi due secoli non era particolarmente generosa, ed era superiore di un 20% a quella del comune lavoratore giornaliero. Da essa andavano detratti gli importi corrispondenti al vitto, al vestiario e all'armamento eventualmente fornito dall'amministrazione militare, e con quello che rimaneva si dovevano affrontare le spese per i bisogni più immediati, comprese le tende e gli animali da soma."

Anche le tombe si pagavano da soli, mettendo soldi in comune. C'è scritto molto altro a riguardo.


Flavio Giuseppe descrive una forza equipaggiata al meglio in assetto da campagna secondo criteri funzionali, consolidati da una tradizione bellica plurisecolare, inviata non solo per ragioni strettamente militari ma anche per far sfoggio della sua potenza e continuare in quella politica di dissuasione attraverso la quale Roma si confermava agli occhi stranieri come potenza egemone, facendone risaltare espressamente l'ordine e la disciplina; spiega sinteticamente e genericamente (cioè quello che faceva effettivamente sistema, non i dettagli) come erano equipaggiati i soldati romani: lorica, scutum e gladius vengono descritti senza troppi fronzoli (e di corazze e gladi all'epoca ne sono testimoniati svariati tipi), se non per lo scutum dove si specifica che è di forma oblunga (cosa che volendo è anch'essa interpretabile), quando quello doveva essere comunque il periodo dove la tipologia a tegola ebbe la sua maggiore diffusione, e questo anche la dice lunga sulla "standardizzazione" degli armamenti; più gli attrezzi vari che logicamente non mancavano ai legionari, i quali erano adattabili a tutte le situazioni. Non c'è sopresa che si enfatizzi volutamente l'omogeneità dell'equipaggiamento nella sua basilarità e consistenza, in un mondo dove un esercito come quello non si vedeva tanto facilmente: i dati archeologici e non solo mostrano che, a fronte dell'equipaggiamento comune, la standardizzazione materiale non esisteva e non era nemmeno lontanamente possibile per i metodi di produzione dell'epoca. Nella storia romana non esistevano armature di ordinanza, ma solo una scelta tra varie opzioni che venivano adottate a seconda delle situazioni.

E ci sarebbe molto altro da dire.

Le fonti:

Cascarino, L'esercito romano, Vol. I: dalle origini alla fine della Repubblica
Cascarino, L'esercito romano, Vol. II: da Augusto ai Severi
Cascarino, L'esercito romano, Vol. III: dal II secolo alla fine dell'Impero d'Occidente
Brizzi, Il guerriero, l'oplita, il legionario
Rocco, L'esercito romano tardoantico: persistenze e cesure dai Severi a Teodosio I
Cosme, Les fornitures d'armes aux soldates romains
Goldsworthy, Storia completa dell'esercito romano

E ce ne sono tantissime altre, anche Le Bohec sicuramente spiega tutto, come qualsiasi altro libro di storia militare romana o argomenti affini degno di tale nome.


A parte che una paga fu introdotta già nel 407 a.C.: « I patrizi poi aggiunsero un dono quanto mai opportuno per la plebe: il senato, senza che mai prima plebe e tribuni via avessero fatto menzione, decretò che i soldati ricevessero uno stipendio tratto dalle casse dello Stato. Fino a quel momento ciascuno adempiva al servizio militare a proprie spese. (60) A quanto risulta, nessun provvedimento fu accolto con tanta gioia dalla plebe. » (Tito Livio)

Gary Edward Forsythe, Rome, The Samnite Wars da World History Project (history-world.org)

E poi ancora (successivamente):

Il servizio attivo permanente subiva così un importante cambiamento nel 107 a.C. La Repubblica romana fu costretta ad assumersi l'onere di equipaggiare e rifornire le truppe legionarie, permettendo a tutti, compresi i nullatenenti, di arruolarsi. [...] Si trattava della prima forma di un esercito di professionisti dove era abolita la coscrizione per censo, mentre i soldati veterani, che dall'esercito traevano quotidiano sostentamento (vitto e alloggio, oltre all'equipaggiamento), ottennero una pensione sotto forma di assegnazioni di terre nelle colonie e, più tardi, anche della cittadinanza romana. A loro Mario e poi i successivi comandanti concedevano anche di dividere il bottino razziato nel corso delle campagne militari.[100]

Brian Dobson, in Greece and Rome at war a cura di P. Connolly, p. 213-214.

Come avrebbero pagato dunque i nullatenenti?

Riguardo poi alla produzione degli armamenti esistevano delle fabbriche statali (oltre a privati costruttori). Comunque non dico che in tutti i secoli, dalla Repubblica all'Impero, abbia funzionato tutto sempre allo stesso modo, ci sono stati dei cambiamenti ovviamente, per esempio (cito):

"Per il tardo impero si segnala la grande eterogeneità delle uniformi. A partire dalla fine del IV secolo, infatti, lo stato non conferiva più il vestiario direttamente al solato, ma forniva delle indennità per il suo acquisto. A tal proposito va evidenziato un diverso abbigliamento, e con tutta probabilità anche una difformità di armamento, segnatamente tra limitanei e comitatensi. Si suppone che i primi, alloggiando presso i castella di confine, si rifornissero presso le fabbriche (segnalate in 35 dalla Notitia Dignitatum, ma in totale se ne contano una quarantina) e i magazzini statali dei forti, e quindi godessero di una maggiore uniformità di equipaggiamento."
[Modificato da Nando Giulio 09/06/2014 01:35]
09/06/2014 13:02
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Innanzitutto non è certo intelligente, dopo essere stati corretti su cose delle quali non si aveva la più pallida idea fino al giorno prima, riscrivere esattamente ciò che ti è stato spiegato facendo finta che non te l'avessimo detto, poi basta leggere sopra, quindi...

Poi senti chi parla di prendere le fonti come "graal", quando proprio te le riporti continuando peraltro a non capirci una mazza, provando di avere anche scarse conoscenze in generale su tutta una serie di altre questioni economiche e tecnologiche dell'epoca. E' inutile che cerchi di mutare forma, quello che hai detto era chiaro, sei stato corretto, adesso falla finita per piacere.

Wikipedia porta una marea di imprecisioni nelle quali anche tu (ovviamente) sei cascato solo per supportare a priori le tue tesi infondate che ora ti metti a limare, guarda un po'...

Lo stipendium dal V secolo a.C. e la sovvenzione economica completa con la riforma di Mario te l'abbiamo spiegata noi, cosa fai adesso, ci ripeti le stesse cose, sottolineandole pure? Boh...

Poi che vuol dire come pagavano i nullatenenti? Io mi chiedo, ma prima solo di pensare di far vedere che ne sai qualcosa, perché non ti informi? I metodi di reperimento dei materiali sono stati spiegati (e due), se Dobson dice che c'era vitto e alloggio oltre a equipaggiamento vuol dire che stando in un campo con altri soldati già da prima c'era materiale di riserva, cooperazione, autoproduzione con legionari fabbri o acquisto altrove, e mezzi privati, e questo non c'entra niente con la standardizzazione né con la produzione statale, cose che ti rifiuti totalmente di comprendere per puro puntiglio per dire di non avere torto, il che dimostra sì quanto sei deprimentemente ottuso e prevenuto. Le fabbriche ci furono da Diocleziano e non si riusci mai ad equipaggiare tutto l'esercito tramite esse, per ovvi motivi.

E ti ripeto, educati prima di dire agli altri che scrivono cazzate.
[Modificato da Legio XIII gemina 09/06/2014 14:07]


« ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca:
quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso. »

Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


« Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


« Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

09/06/2014 13:23
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Educati tu imbecille, e datti una calmata. Sei tu che hai alzati i toni inutilmente e continui a farlo.
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Educati tu, si vede che ne hai bisogno (e molto aggiungo)
[Modificato da Legio XIII gemina 09/06/2014 13:25]


« ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca:
quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso. »

Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


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09/06/2014 13:57
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@Nando Giulio
Ammetto che non ero ben informato all'inizio. Hai ragione su questo, ma il fatto che un generale abbia introdotto una certa disposizione tattica dei soldati sul campo non significa che la abbiano applicato poi anche tutti gli altri, non immediatamente almeno.
Suppongo che il senso della riforma sia stato quello di imporre questa nuova tattica a tutti i generali, presenti e futuri.



Che la riforma di Gaio Mario sia stata generale, universale, nessuno nega. Ma già Scipione l'Africano tese ad imporre il nuovo modo tattico di operare a TUTTI i soldati che servivano sul fronte iberico. Anche in altri teatri operativi (contro i barbari) TUTTI i soldati di un'armata tendevano ad organizzarsi similmente, abbandonando i manipoli. Rimaneva, fra gli altri, il fronte orientale greco-macedone, in cui il manipolo diceva ancora la sua.
Io parlo sulla base di Brizzi, che è fonte autorevole.
E comunque credo che ormai, subito prima della riforma mariana, il sistema coortale si era già diffuso de facto in via generale o quasi.


Personalmente, ritengo che la riforma silana sia stata più innovativa nei contenuti rispetto a quella mariana, se è vero che Mario si limitò a "sancire" un sistema già esistente, che aveva completato il suo corso di formazione.

@Nando Giulio
Ribadisco (se non l'ho già fatto) che non dico che i soldati fossero tutti come una sorta di stampini perfettamente identici, ma bisogna considerare anzitutto quanto detto anche dallo studioso in alto (cosa ben nota a tutti ma a quanto pare non a te e Legio), le numerose descrizioni dei generali vissuti all'epoca, e infine (non meno importante, anzi) il fatto che vi fossero vere e proprie fabbriche di armamenti per i soldati che producevano in massa, dunque questo favoriva l'omogeneità.
Comunque per intenderci, secondo me quanto si può vedere in Rome 2 è probabilmente molto realistico.



Mi pare di essere stato chiaro prima. Non intendo che l'omogeneizzazione era assente, ma non era tale da rendere prettamente uguali le uniformi dei soldati. LegioXIIIGemina ti ha già chiarito che fabbriche militari "statali" che producevano in serie sorsero solo in epoca tarda, e non bastarono a favorire l'omogenizzazione per motivi che ti ha esposto (quindi ritengo inutile la riproposizione della questione).
Quindi le fabbriche di armamenti avevano un'importanza limitata.
E comunque, al contrario di quanto presumi, ero già a conoscenza del fatto che la lorica segmentata fosse ampiamente diffusa nell'Impero, e che vi fosse una capillare organizzazione logistica; ma quest'ultima non era certo indicativa di un'omogeneizzazione delle armature alquanto notevole a livello dei singoli; ossia non vuol dire che un soldato avesse spesso una stessa armatura rispetto ad un altro della stessa unità.
Peraltro, l'articolo pubblicato da Franco ci informa della presenza di diverse tipologie di lorica laminata o segmentata; pertanto lascio a voi di dedurre se potessero coesistere, nella stessa coorte, loriche segmentate di diverso tipo.

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L'articolo parla del dibattito in merito alla presenza di segmentate in cuoio.
Ricordo che Giovanni Brizzi argomentava che la lorica segmentata aveva grande efficacia contro le frecce partiche, grazie alla sua capacità di protezione.
Dubito che loriche in cuoio avessero assolto bene a tale compito (il cuoio non può competere col metallo in durezza e solidità).
[Modificato da Iulianus Apostata 09/06/2014 15:21]
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Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

Su Amazon.it
https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

-SOLDATO IGNOTO-

«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

-Platone, "libro delle leggi"-

«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

Gianni Granzotto, "Annibale"

«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

Gianni Granzotto,"Annibale"

09/06/2014 14:21
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@Nando e Legio, evitiamo flammate ed insulti reciproci. la discussione tra voi due si è aperta sin da subito nel peggiore dei modi.
invito nando ad "aprirsi" maggiormente alle informazioni di cui viene provvisto, e se non è convinto a chiedere chiarimenti o maggiori spiegazioni, senza disprezzare le correzioni o arroccarsi nella famosa torre d'avorio, altrimenti la discussione diventa di per sé futile, e legio ad essere più pacato nella sua esposizione.
un plauso invece a iulianus che, nonostante il clima, è rimasto calmo ed equilibrato per l'intera discussione

moderazione ragazzi
[Modificato da andry18 09/06/2014 14:23]


"Per una scodella d'acqua, rendi un pasto abbondante; per un saluto gentile, prostrati a terra con zelo; per un semplice soldo, ripaga con oro; se ti salvano la vita, non risparmiare la tua. Così parole e azione del saggio riverisci; per ogni piccolo servizio, dà un compenso dieci volte maggiore: chi è davvero nobile, conosce tutti come uno solo e rende con gioia bene per male" - Mahatma Gandhi

"Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo." - Mahatma Gandhi

"You may say I'm a dreamer, but I'm not the only one" - Imagine, John Lennon

"ma é bene se la coscienza riceve larghe ferite perché in tal modo diventa più sensibile a ogni morso. Bisognerebbe leggere, credo, soltanto libri che mordono e pungono. Se il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno sul cranio, a che serve leggerlo? Affinché ci renda felici, come scrivi tu? Dio mio, felici saremmo anche se non avessimo libri, e i libri che ci rendono felici potremmo eventualmente scriverli noi. Ma abbiamo bisogno di libri che agiscano su di noi come una disgrazia che ci fa molto male, come la morte di uno che ci era più caro di noi stessi, come se fossimo respinti nei boschi, via da tutti gli uomini, come un suicidio, un libro dev'essere la scure per il mare gelato dentro di noi." - Franz Kafka

"Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.
L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un'eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente. Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch'io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l'attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c'è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano. Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti." - Antonio Gramsci

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grazie per il plauso andry18. Secondo il mio parere, è comprensibile comunque il nervosismo di LegioXIIIGemina
[Modificato da Iulianus Apostata 09/06/2014 14:25]
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«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»

-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-

«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».

-Platone, "libro delle leggi"-

«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»

Gianni Granzotto, "Annibale"

«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

Gianni Granzotto,"Annibale"

09/06/2014 14:29
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Grazie andry per l'intervento.

p.s. e si il buon Iulianus è un tipo calmo e paziente, non come me che mi infervoro per poco.
[Modificato da Legio XIII gemina 09/06/2014 14:44]


« ... Urbem fecisti, quod prius orbis erat. »

Claudius Rutilius Namatianus, De Reditu suo, Liber I


« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca:
quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso. »

Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


« Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


« Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

Canzone dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale

09/06/2014 15:27
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Re:
Legio XIII gemina, 09/06/2014 14:29:

Grazie andry per l'intervento.

p.s. e si il buon Iulianus è un tipo calmo e paziente, non come me che mi infervoro per poco.



Grande Legio! Di sicuro ti capita solo raramente di inferorarti quì! :) Comunque ammetto di non aver sempre avuto un comportamento disciplinato in questo forum .


[Modificato da Iulianus Apostata 09/06/2014 15:28]
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Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

Marco Riggi, "Antium: memorie storiche nel territorio di Anzio e Nettuno", Youcanprint, 2019.

Su Amazon.it
https://www.amazon.it/Antium-memorie-storiche-territorio-Nettuno/dp/8831646443



«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

-SOLDATO IGNOTO-

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09/06/2014 18:25
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Ci si infervora se ci sono motivi, se la discussione è andata nel peggiore dei modi è perchè si è cominciato a parlare di "cazzate", finendo con "imbecille" e certo questo non è venuto da parte mia: delle opinioni diverse non mi importa, anche noi le abbiamo, Iulianus, e non mi permetterei certo di trattarti male per questo, e non perchè sei mio amico: è la maleducazione che non sopporto, e ad essa, caratterialmente, rispondo, come in questo caso con toni da flame.
Sarò più moderato, inoltre se questi sono i presupposti non vedo nemmeno il motivo di continuare la discussione, come giustamente sottolinea andry, per quanto gli argomenti siano interessanti. Apprezzo che Nando Giulio sia stato spinto a saperne di più, che sostanzialmente è l'unica cosa che mi interessa. Chiedo scusa in generale per i toni offensivi, obiettivamente litigare per certe cose è quantomeno inutile.
[Modificato da Legio XIII gemina 09/06/2014 19:45]


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09/06/2014 19:48
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Naturalmente si sono un pò alzati i toni in questa discussione, ed è volato un insulto gratuito che poteva essere risparmiato. Occorre maturità per accettare di essere contraddetti da chi ne sa più di noi ( parlo in generale, per tutti).
Il rispetto e la stima tra noi sono reciproci Legio, lo sai.
[Modificato da Iulianus Apostata 09/06/2014 19:49]
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«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

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«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»

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12/06/2014 18:43
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Comunque, per chiarire dei punti esposti in modo disinformativo da Nando Giulio che non avevo letto (anche i precedenti testi comunque sono stati presi da Wikipedia e non sono espresse citazioni dirette dai testi di riferimento)

Nando Giulio:

Ribadisco (se non l'ho già fatto) che non dico che i soldati fossero tutti come una sorta di stampini perfettamente identici



(piccola nota: no, non l'hai fatto, visto che in italiano standardizzato ed omogeneo non vogliono dire la stessa cosa e che la grande cazzata che avrei detto secondo te era proprio che l'equipaggiamento non era standardizzato, coerenza per favore)

Nando Giulio:

... ma bisogna considerare anzitutto quanto detto anche dallo studioso in alto (cosa ben nota a tutti ma a quanto pare non a te e Legio), le numerose descrizioni dei generali vissuti all'epoca, e infine (non meno importante, anzi) il fatto che vi fossero vere e proprie fabbriche di armamenti per i soldati che producevano in massa, dunque questo favoriva l'omogeneità.



Faresti meglio a curarti di quello che non è noto a te, prima di insultare gli altri e sentenziare su cose che non conosci.
Innanzitutto i centri tardi di produzione di armi non rappresentavano un'evoluzione tecnica, le tecniche rimangono le stesse dei secoli precedenti: le fabbriche nel mondo antico non erano quelle moderne (sembra superfluo ricordarlo ma non lo è), si lavorava con le stesse modalità e con tutte le difformità derivanti da un lavoro artigianale e differente nei vari centri, al massimo troviamo più organizzazione e forza lavoro. Oltre a ricordare, come è stato erroneamente negato, che le spese di armamento erano tutte a carico del legionario e che quindi esso si preoccupasse spesso di riparare con i propri mezzi il suo equipaggiamento per evitare di vedersi decurtati altri soldi, va considerato che il fabbisogno di armi non era, sopratutto in tempo di pace, affatto un problema di grande urgenza per l'esercito. Quando i legionari finivano il servizio lasciavano le armature alla legione in cambio di una somma di denaro (in certi casi solo nominale), ed esse venivano riciclate: senza danni particolari potevano continuare ad essere usate per decenni. Durante le campagne esistevano inoltre forge da campo specializzate soprattutto nelle riparazioni.
I fabbri e gli altri artigiani avevano le loro tecniche, i loro stili, la loro esperienza, ad esso vanno sommate le richieste specifiche di personalizzazione da parte dei legionari, e questo è rilevato molto bene dall'archeologia, la quale, ripetiamo, mostra grande varietà nell'equipaggiamento individuale. A questo va sommato che quando le legioni rimanevano per molto tempo stanziate inattivamente, le influenze locali e lo sviluppo delle pratiche artigianali portava ad una particolare caratterizzazione dell'equipaggiamento, difficile da rilevare ma riscontrata archeologicamente lungo alcune frontiere, testimoniata anche da peculiari tipi di decorazioni e disegni. I legionari inoltre avevano diverso tempo libero nel corso della loro routine da truppe stanziali e, dovendosi preoccupare dello proprio equipaggiamento, riparazioni, ritocchi, modifiche e acquisto di nuove armature erano effettuati frequentemente e autonomamente.
Inoltre laddove vi erano grandi città, soprattutto nel Mediterraneo, gli eserciti si appoggiavano sulla produzione degli artigiani cittadini locali quando avevano bisogno di un numero consistente di armi, e questo fa capire quanto esse potessero essere eterogenee: è il caso della Siracusa di Dionisio, Nuova Cartagine occupata da Scipione, Cartagine durante l'assedio dei Romani. I Romani si appoggiarono a questo tipo di produzione locale soprattutto nelle grandi città orientali, mentre lungo i limites settentrionali l'autoproduzione legionaria era nettamente maggioritaria.
[Modificato da Legio XIII gemina 12/06/2014 22:06]


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« Aufklärung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbstverschuldeten Unmündigkeit. Unmündigkeit ist das Unvermögen, sich seines Verstandes ohne Leitung eines anderen zu bedienen. Selbstverschuldet ist diese Unmündigkeit, wenn die Ursache derselben nicht am Mangel des Verstandes, sondern der Entschließung und des Mutes liegt, sich seiner ohne Leitung eines andern zu bedienen. Sapere aude! Habe Mut, dich deines eigenen Verstandes zu bedienen! Ist also der Wahlspruch der Aufklärung. »

Immanuel Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung? 1784


« Pallida no ma più che neve bianca
che senza venti in un bel colle fiocchi,
parea posar come persona stanca:
quasi un dolce dormir ne' suo' belli occhi
sendo lo spirto già da lei diviso,
era quel che morir chiaman gli sciocchi:
Morte bella parea nel suo bel viso. »

Francesco Petrarca, I Trionfi, Triumphus Mortis, I, vv. 166-172


« Di loro ora ci rimane solo un ricordo flebile, ma ancora vivo: certo soffriamo ogni volta che lo strappiamo dal nostro cuore per comunicarlo agli altri. Ma lo facciamo ugualmente perchè solo così il loro sacrificio non andrà mai perduto. »

Alpino dell'ARMIR sui compagni caduti


« Sfiòrano l'onde nere nella fitta oscurità, dalle torrette fiere ogni sguardo attento stà! Taciti ed invisibili, partono i sommergibili! Cuori e motori d'assaltatori contro l'immensità! Andar pel vasto mar ridendo in faccia a Monna Morte ed al destino! Colpir e seppelir ogni nemico che s'incontra sul cammino! E' così che vive il marinar nel profondo cuor del sonante mar! Del nemico e dell'avversità se ne infischia perchè sa che vincerà!... »

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13/06/2014 01:52
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Molto interessante Legio :) Non ero affatto al corrente dei particolari storici.
[Modificato da Iulianus Apostata 13/06/2014 01:53]
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Ecco il mio breve libro, un mio impegno per un approfondimento della storia locale nell'antichità del mio territorio: origini del nome, storia e topografia dell'antica Antium.

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«..il moderno Anzio. Comune di 3500 abitanti, è di recente costituzione (1858), essendo stato sempre un appodiato di Nettuno (Comune di 5500 ab.), il vero centro abitato erede e continuatore degli antichi Anziati. Scorrendo pertanto le memorie antiche di questo popolo, noi non possiamo separare, specialmente nell'età antica, Anzio da Nettuno, perché ogni anticaglia trovata ad Anzio o a Nettuno spetta ad uno stesso centro. Epigrafi anziati trovansi a Nettuno come in Anzio. […] Del resto è certo che la evoluzione del centro abitato [di Nettuno] nel medio evo, fu esclusivamente agricola. Difatti la terza notizia, che ce n'è pervenuta, è quella importantissima dell'essere stata in Anzio [l’antica Antium] fondata una "domusculta", ossia villaggio sparso nel vasto sub antico territorio. Ciò avvenne sotto il papa Zaccaria (a. 741-752) come ne fa fede il citato Liber Pontificalis (ivi, pag. 435). Contemporaneo fu l'abbandono del porto neroniano e lo spostamento od accantonamento degli Anziati a Nettuno. Quindi cessa il nome di Anzio e succede il nome dell'altro, che va divenendo soggetto alle vicende politiche della difesa del mare.»

(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).

«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»

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