Legio XIII gemina, 26/06/2013 18:43:
Si, ci sarà. Sarebbe d'uopo che venisse fatta chiarezza su ulteriori evoluzioni progressive nella macchina bellica di tutti i popoli. Non mi ricordo se sia stata menzionata la riforma augustea ( penso di si, anche se i legionari cesariani hanno già l'equipaggiamento di quelli del Principato..
), inoltre i legionari del 272 a.C. erano diversi da quelli della seconda guerra punica e da quelli di Mario, spero che cambiamenti progressivi nell'equipaggiamento siano resi realisticamente attraverso lo sbloccamento delle tecnologie e che non si debba passare attraverso 2 o 3 tipi stereotipati di esercito con unità rigidamente distinte...è possibile sperare?
così come sbloccare la tecnologia servirà per la lorica segmentata in epoca post-mariana, come mi era stato detto su TWC.
Infatti nel 272 a.c. ci dovrebbero essere Triari opliti, principi con lancia e pettorale di bronzo, Astati con spada italica e senza armatura (correggimi se sbaglio)
Sempre su TWC (dove avevo aperto n topic simile), mi è stato detto che la riforma mariana si aprirà con l'albero tecnologico, se ricordo bene
La Riforma di Mario fu evento militare, dal momento che dopo il 104 a.c. (o giù di lì) i soldati venivano reclutati permanentemente, e dopo la fine della ferma avevano diritto a terre. Lo stato pagava ora l'equipaggiamento, che prima era a loro spese. Trattasi di reclutamento volontario.
Fu evento anche sociale, dal momento che Mario avvicinò al reclutamento i plebei, che vedevano nella vita militare un' ancora di salvataggio per la loro vita; l'esercito gli garantiva ora il pane, grazie allo stipendio e ai terreni al congedo. Molti volontari vi furono tra i plebei.
Fu anche evento economico, comunque.
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La riforma delle forze armate italiane del 2001 ebbe prerogative molto simili a quella mariana (organico professionista, permanente salvo mancata rafferma, volontario) tanto che si potrebbe parlare di evoluzione fisiologica degli eserciti.
[Modificato da Iulianus Apostata 06/07/2013 20:38]
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IULIANUS IL VOLSCO
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(Giuseppe Tomassetti, "La Campagna romana antica, medioevale e moderna", vol. II, 1910, pp. 366 e 381-382).
«Che ti importa il mio nome? Grida al vento: 'Fante d'Italia!', e dormirò contento!»
-SOLDATO IGNOTO-
«Le genti che portavano il nome di Umbri sono infatti quelle che diedero vita alla civiltà più antica dell’Italia, come ricorda Plinio, il grande scienziato e storico romano, del quale tutti ricordano la frase "Umbrorum gens antiquissima Italiae". Una civiltà che dal 13° secolo avanti Cristo in poi si estese dalla pianura padana al Tevere, dal mare Tirreno all‘Adriatico, come ricordano gli storici greci, e poi (con l‘apporto safino) pian piano fino all’Italia Meridionale; una civiltà alla quale spetta di diritto il nome di “italica”, come la chiamiamo noi moderni, anche se gli storici greci e romani parlano inizialmente di “Umbri” per la metà settentrionale del territorio, e di “Ausoni” per la metà meridionale. Sul fondamento dei dati linguistici, infatti, possiamo affermare che l’Italia fu una realtà culturalmente unitaria ben prima che Roma realizzasse l’unità politica...»
-Prefazione del dottor Augusto Lancillotti al saggio "La lingua degli Umbri", di Francesco Pinna JAMA EDIZIONI-
«furono i riti italici ad entrare in Grecia, e non viceversa».
-Platone, "libro delle leggi"-
«Cavalcava la tigre di se stesso.E cosa fu la sua vita se non una disperata fedeltà ai propri sogni? La grandezza di Annibale è quì racchiusa,nella sublimazione della vittoria come fine a se stessa,come strumento di passione.Egli non aveva nessuna certezza di piegare il nemico fino in fondo,di vincere la guerra.Forse non l'ebbe mai.Ma la battaglia era il suo palpito d'uomo,e di quel fremito soltanto visse.»
Gianni Granzotto, "Annibale"
«..Tristezza e follia sono compagne.Lo spettacolo era desolante e amaro.Non restò più nulla di ciò che Annibale a Cartagine aveva visto e vissuto.Non restò più nulla di Cartagine.E tutto quello che fin quì abbiamo narrato è costruzione della memoria,ciò che è stato tramandato a noi dei fatti,dei detti,dei luoghi:le regioni dei ricordi,disperse e abbandonate nel grande cerchio del tempo,il solo che eternamente esiste.»
Gianni Granzotto,"Annibale"