Estate 269 a.C.
Anche Capua ha raggiunto una popolazione sufficiente per fregiarsi del titolo di città. Ma ufficialmente l’insediamento non lo potrà ancora assumere. Le casse familiari non hanno denari sufficienti per la costruzione di un Palazzo del Governatore. L’impegno bellico ha per adesso la prevalenza.
Ad Asculum, finanziato, invece, in tempi economicamente migliori, il Palazzo del Governatore è completato. Fastose cerimonie sono in corso nell’insediamento romano per l’avvenuta qualifica a città. La partecipazione, graziosamente concessa, del nostro Duce all’avvenimento ne testimonia l’importanza per ROMA e per la nostra famiglia.
Il plurisecolare Egitto apre un altro fronte di guerra: l’Impero seleucide. Piacevolmente siamo anche informati che quest’ultimo ha rotto l’alleanza con Cartagine.
La legione di DECIO GIULIO, dopo aver attraversato l’aspra e selvaggia Sardinia, ha raggiunto Caralis. Viene messa immediatamente sotto assedio. Verranno allestiti due Punti di scavo e due Torri. Anche la flotta che aveva imbarcato la legione è giunta presso l’insediamento sardo; ormeggerà poco lontano.
Buone notizie giungono da Segesta. Le due armate galliche hanno abbandonato la Liguria. Tre i possibili motivi: l’approssimarsi della legione di MARCELLO LECA – i galli hanno già assaggiato la sua lama! – , supportata da quella repubblicana di stanza in alta Etruria; soccorrere Patavium dall’assalto romano; un loro nemico li sta impegnando in altre parti e sono necessarie in loco rinforzi. MARCELLO, comunque, avanza cercando di raggiungere il ponte situato sul Padus.
L’arretramento gallico predispone FLAVIO GIULIO a modificare ed ampliare i suoi piani originari. Avendo a disposizione due legioni, ad ovest quella di MARCELLO LECA, ad est quella di COSSO URSO, si può rischiare un invasione del territorio gallico a nord della Liguria. Non conosciamo assolutamente nulla su quella regione. Neanche se esista un loro insediamento al di qua delle Alpes – le possibilità che ce ne sia uno sono, comunque, alte perché la presenza di così tanti galli in Liguria non si spiegherebbe se non con un loro insediamento relativamente vicino. Inoltre, non sappiamo quale potenziale bellico nemico ci aspetti. Nonostante questi pericoli ed incertezze il nostro Duce allestisce la seguente organizzazione strategica. COSSO avanzerà da oriente in esplorazione. MARCELLO muovendosi da occidente, valicherà il Padus e punterà anch’esso verso l’insediamento barbaro scoperto – si spera – da COSSO. Eventuali armate nemiche dovranno essere affrontate o dalla legione di COSSO, se poste a levante rispetto all’abitato dei galli, o da quella di MARCELLO, se poste a ponente. Fortuna audaces adiuvat! E spesso la fortuna è l’altra faccia del genio. Convinti della perspicacia e dell’intelligenza del loro pater familia, nonché loro Duce, MARCELLO e COSSO si apprestano ad eseguire gli ordini di FLAVIO GIULIO.
COSSO URSO intercetta da subito una piccola armata gallica. Questa viene immediatamente attaccata. Sicuri della sorte che li attende, indietreggiano abbastanza perché la legione di COSSO non li possa raggiungere. Ma gli esploratori romani riescono a scoprire ciò che tutti i Giulii attendevano: un insediamento gallico, oltretutto di notevoli dimensioni e molto avanzato per il loro metro, in mezzo alla sconfinata pianura che da poco tempo abbiamo cominciato a conoscere, chiamato Mediolanum. La cattiva notizia è che è presente all’interno delle misere mura di legno una nutrita guarnigione di feroci galli. MARCELLO LECA, oltrepassato il Padus, interrompe la sua avanzata verso Mediolanum – è stato già messo al corrente della scoperta di COSSO dal nostro velocissimo, grazie soprattutto all’avanzata rete stradale completata da pochi anni, e organizzato servizio informativo – perché ha scorto ben tre armate galliche. Questa era una eventualità già prevista dal piano del nostro Duce. MARCELLO dovrà attirare a se quanti più guerrieri gallici possibili affrontandoli nei pressi del ponte occidentale che attraversa il Padus, in posizione, quindi, militarmente, favorevolissima. FLAVIO GIULIO prevede che, confidando nell’assenza di qualsivoglia acume strategico-militare dei galli, appena verrà avvistata la legione di MARCELLO, questi stupidi barbari si riverseranno a testa bassa e con tutte le loro forze contro i legionari romani a difesa delle loro terre.
Visti i nuovi sviluppi, a QUINTO GIULIO viene ordinato di mantenere l’assedio a Patavium.
Inverno 269 a.C.
Si susseguono gli insediamenti che hanno raggiunto una popolazione sufficiente per assurgere a città: Tarentum e Neapolis. La famiglia deve posticipare la costruzione del Palazzo del Governatore, e il conseguente riconoscimento, per mancanza di fondi.
Bollettino diplomatico: alleanza tra l’Impero seleucide e la Tracia.
DECIO GIULIO decide di mantenere l’assedio a Caralis. Non c’è alcuna motivazione per affrettare la conquista. Questa attesa indebolirà la guarnigione e metterà a dura prova la popolazione locale.
COSSO URSO è finalmente riuscito a raggiungere la piccola armata gallica che ormai sfuggiva da mesi. Lo scontro avviene presso un piccolo borgo di nome Bergomum, alle pendici delle Alpes.
BATTAGLIA DI BERGOMUM
«COSSO URSO dispone di 2.965 uomini. I galli, condotti dal guerriero più valoroso del contingente, di nome Togodummo, di 724.
Nella loro tipica formazione compatta, ci attendono nella posizione più favorevole che consente loro il territorio.
I nostri sono così schierati:
- una lunga prima linea di 10 manipoli di Principes pronti a scagliare i loro pila appena il nemico si avvicina;
- una seconda linea composta di 4 Triarii, due all’estrema sinistra e due all’estrema destra, dove notoriamente i barbari scaricano la loro cavalleria, con in mezzo la Guardia del Generale;
- una terza linea di 2 reparti di Equites, ai due lati dello schieramento.
I galli tengono la posizione. Ci muoviamo frontalmente, mantenendo lo schieramento, per impressionarli.
L’imponenza del numero e, ormai, la fama che accompagna i guerrieri romani li convince a ripiegare ed a abbandonare il campo di battaglia.
COSSO URSO dà ordine ai Principes di caricare. Lui e i due reparti di Equites si lanciano sul nemico.
L’impatto è, come sempre, devastante.
Ma COSSO non ha previsto due elementi che ad un generale romano non possono sfuggire: la prima è che i galli hanno fatto una ritirata calcolata e, seppur intimoriti, non perché presi dal panico; la seconda è che la cavalleria sarebbe entrata in contatto col nemico molto prima di essere supportata dalla fanteria.
La conseguenza è che, dopo un primo disorientamento, i singoli contingenti barbari hanno arrestato la fuga e si sono rivolti verso i nostri cavalieri.
Per evitare una carneficina il Generale romano ordina il dietro-front. Le perdite sono comunque ingenti. 153 cavalieri comprese alcune unità della Guardia di COSSO URSO. Quelle nemiche ammontano ad appena 114.
Una vittoria, seppur netta, che conta più romani uccisi che nemici caduti.
COSSO URSO è stato immediatamente chiamato ad Arretium, al cospetto del nostro duce FLAVIO GIULIO, per riferire dell’accaduto.
»
Gli esploratori di MARCELLO LECA hanno individuato presso Mediolanum due armate galliche al completo, capitanate da un loro capo, ed una non al completo ma ben fornita.
Il nostro Duce, anche sulla base delle notizie avute da MARCELLO, ordina a QUINTO GIULIO di attaccare immediatamente Patavium; un eccessivo prolungamento dell’assedio, se da una parte indebolirebbe maggiormente la guarnigione a difesa dell’insediamento, dall’altra potrebbe consentire l’arrivo di rinforzi non solo da occidente ma anche da nord – nostre fonti estere hanno paventato ulteriori territori gallici a nord delle Alpes.
BATTAGLIA DI PATAVIUM
«2.976 fieri romani vs. 1.184 luridi galli.
I galli sono privi di un loro capo carismatico. Sappiamo che sono condotti da un certo Tancogeistla. Nome impronunciabile degno di gente incivile.
QUINTO GIULIO, esperto nel combattimento notturno, decide di sorprenderli nei loro sonni.
Le mura e il portone principale vengono abbattuti dai nostri Arieti.
Appena le nostre truppe valicano le difese del villaggio gallico, QUINTO si accorge di un fatto inaspettato: i guerrieri gallici ci attendevano e non sono assolutamente sorpresi dell’attacco.
Il sospetto che qualche schifoso traditore proveniente dalle sue fila abbia avvertito i galli sconvolge la mente del Generale romano.
Come una furia si lancia personalmente all’attacco urlando l’ordine di carica a tutta la legione!
In questa battaglia, solamente la preparazione, l’equipaggiamento e il valore dei legionari hanno permesso la vittoria.
QUINTO GIULIO reso oramai cieco dall’ira si è comunque battuto come un leone uccidendo, insieme alla sua Guardia, almeno un centinaio di feroci guerrieri barbari.
Per nulla preoccupato di rimanere circondato, si è introdotto, aprendo un varco utilissimo per i suoi soldati, fino al cuore dell’insediamento, lì trovando il meglio dei guerrieri gallici pronti a riceverlo.
La morte, seppur eroica, era ed è stata inevitabile.
Le perdite, per i romani, sono comunque pesanti: 513 uomini.
Lo sterminio è stato totale –1.184 su 1.184 – ma il giudizio sulla battaglia non può che essere negativo, oltretutto aggravato dalla perdita dell’ultimo dei due grandi generali – QUINTO GIULIO e VIBIO GIULIO, tutti e due ancora giovani uomini, ai quali la famiglia aveva riposto così grandi speranze.
»
Dopo la distruzione dei templi dei loro falsi dei, sarà costruito a Patavium un maestoso Arco di trionfo a imperituro ricordo delle gesta del Generale romano. A ROMA, in suo onore, il Senato organizzerà grandi sacrifici presso il Santuario dedicato a Jupiter Pluvialis, protettore della città, e la famiglia Giulia finanzierà fastosi giochi e ricchi spettacoli.
L’ordine di ROMA è, in ogni caso, di non vendicarsi sulla popolazione civile ma solo di occupare l’insediamento. Importante sarà il ruolo di Patavium nel futuro della Repubblica. Dobbiamo dimostrare fin da subito il volto umano che contraddistingue la nostra superiore civiltà e la convenienza ad adottare i nostri usi e costumi.
Viene concesso un piccolo saccheggio – saranno depredati l’equivalente di 1.406 denari – giusto per accontentare la truppa. Le tasse sono rese al minimo.
Questo è un grande giorno per ROMA e i Giulii. La prima conquista fuori da territorio italico. La regione di pertinenza di Patavium sarà organizzata in Provincia e nominata Venetia.
Vengono subito riparate le strutture pubbliche che hanno subito danni nella battaglia, costruito un altare a Jupiter e riaddestrati i manipoli di Hastati e Triarii.
MARCELLO LECA arretra strategicamente in posizione favorevole. Si posiziona al di qua – in territorio ligure – del ponte che attraversa il Padus.
Estate 268 a.C.
Patavium, come prevedibile, è in rivolta. Molti civili e alcuni soldati sono rimasti vittime degli scontri urbani. Vengono iniziati i lavori per un Tempio a Jupiter.
La nostra famiglia è stata onorata di altre cariche pubbliche. Pretore a LUCIO GIULIO, Edile a MARCELLO LECA, Questore a FLAVIO GIULIO.
Si mantiene l’assedio a Caralis.
Gli dei ci hanno favorito. Solo pochi anni fa la situazione sembrava, agli occhi di qualche imbelle senatore, disperata – e già si metteva in dubbio la persona del nostro duce FLAVIO GIULIO e la qualità militare dei Giulii. In breve tempo la nostra grande Guida ha dimostrato, se ce ne fosse stato bisogno, in quali capaci mani il Senato ha affidato i destini di ROMA. Lo stato delle cose è ormai talmente favorevole che possiamo osare! Conquisteremo Mediolanum!
MARCELLO LECA, da occidente, e COSSO URSO, da oriente, muovono verso il grande villaggio gallico.
Le avanguardie di COSSO individuano due armate galliche al completo condotte, entrambe, da un esponente del clan dominante che stanno marciando verso Patavium.
La legione di MARCELLO è intercettata da un’armata di galli presso il territorio abitato da una popolazione che i romani chiamano Taurini; la battaglia è inevitabile!
BATTAGLIA TAURINIA
«L’armata gallica è imponente. 4.279 feroci guerrieri comandati da una leggenda presso il loro popolo: CASSIVELLAUNO DI CARCASO. Un condottiero equivalente ad un nostro generale a sette stelle!
MARCELLO LECA dispone di 2.949 prodi romani ed è supportato dall’esperienza del generale SESTO LACONE.
Militare di grande intuito, MARCELLO dispone in uno schieramento a “V” allargata i suoi 10 manipoli di Hastati, pronti a lanciare i loro pila appena possibile.
Distanziati dalla fanteria romana ed in una unica linea, 3 manipoli di Velites e 1 di Frombolieri, tutti e quattro in formazione estesa e con l’ordine di tenere la distanza.
SESTO, con 2 manipoli di Velites e 2 reparti di Equites, viene fatto appostare in un boschetto alla destra del fronte di battaglia, in modo da sorprendere il nemico sul suo lato sinistro.
L’inferiorità numerica ha oggi il suo peso. I galli sono guerrieri resistenti e brutali e in questa battaglia hanno con loro un capo dal carisma al limite del mitico e dalle capacità di comando straordinarie.
I galli nella loro abituale formazione compatta – disposizione su quattro linee, cavalleria ai lati e comandante dietro alla quarta – si spostano sul nostro lato destro, il più vulnerabile. Già questo dimostra che sono condotti da un uomo che “mastica” tattica militare, a differenza delle loro abituali cariche frontali.
Grazie alla loro preparazione, i romani non sono colti di sorpresa. MARCELLO fa ruotare lo schieramento in modo da avere gli avversari sempre frontalmente.
Il piccolo contingente di SESTO rimane in attesa, ancora nascosto agli occhi dei guerrieri nemici.
La tattica di MARCELLO è quella di “abbracciare” mortalmente il compatto schieramento barbaro, fiaccato precedentemente da un nugolo di pila provenienti da tutti i lati, e di disorientare con l’aiuto di SESTO gli eventuali reparti che rimanessero al di fuori dell’accerchiamento romano.
L’idea è rischiosa per due motivi: il primo, più importante, lo schieramento è del tutto nuovo per i soldati romani e, quindi, non li aiuta il fatto di essere stati preparati. Il secondo, probabilmente i due primi manipoli ai vertici dello schieramento a “V” dovranno sopportare inizialmente, sebbene per pochi minuti, l’impatto della carica di tutta l’armata gallica; anche in questo breve lasso di tempo, non avendo la sicurezza di avere alle spalle altre schiere di soldati, il morale potrebbe vacillare.
L’importante, comunque, è che i galli rimangano nel loro schieramento compatto.
Purtroppo MARCELLO ha di fronte un condottiero eccezionale.
Capisce le intenzioni del Generale romano.
CASSIVELLAUNO dà l’ordine alla prima linea di warband di caricare i due manipoli più vicini a loro.
Contemporaneamente, insieme ai suoi reparti di cavalleria si lancia contro i nostri schermagliatori per metterli in fuga.
Velites e Frombolieri sono presi dal panico alla sola vista dell’impetuoso assalto dei cavalieri barbari.
Le warband, inorgoglite dall’assalto vittorioso del loro capo, assaltano, in un numero almeno triplo, i due manipoli di Hastati.
La situazione disperata impone al Generale romano di dare l’ordine al contingente di SESTO LACONE di attaccare i galli.
Ma tranne la prima linea, l’armata nemica è ancora bella compatta e non impegnata nei combattimenti.
MARCELLO LECA ha ben presente questo e nel dare l’ordine a SESTO lo ha istruito sul cosa fare: cercare di impegnare o infastidire più reparti barbari possibili senza entrarci in contatto.
Allo stesso tempo, visto la controffensiva nemica, ordina la carica frontale, con preventivo lancio dei pila, di tutti i suoi Hastati.
È consapevole che in uno scontro frontale, dato il numero dei galli e i primi successi in battaglia, le probabilità di vittoria sono scarse. Infatti impiegherà egli stesso e la sua guardia, i due reparti di Equites al comando di SESTO e quei pochi manipoli di schermagliatori che è riuscito a recuperare per uccidere CASSIVELLAUNO. Si spera, se l’impresa va a buon fine, di scuotere il morale dei guerrieri barbari.
SESTO e i suoi uomini sono riusciti ad arrivare nei pressi delle retrovie nemiche.
Mentre la cavalleria prosegue nel tentativo di raggiungere il capo gallico, i due manipoli di Velites e lo stesso SESTO si impegnano nell’attività di disturbo.
Gli effetti sono immediati. La formazione barbara comincia a perdere la sua compattezza al fine di evitare i giavellotti romani e nel tentativo di impegnare i romani nel corpo a corpo.
Tutti gli Hastati, intanto, hanno raggiunto i loro fratelli d’arme impegnati da tempo e ormai sul punto di crollare. Possono così occuparsi, in superiorità numerica, dei galli provenienti dalla prima linea. Il resto dell’armata è ancora disorientata dalla imboscata di SESTO LACONE e dall’assenza di ordini del loro capo.
Subito CASSIVELLAUNO, accortosi della confusione dei suoi, comanda ai due reparti di schermagliatori, in quarta fila, di sbarazzarsi degli uomini di SESTO.
Il disordine messo in atto dai Velites di SESTO LACONE finisce, ahinoi, troppo presto. Attaccati dagli schermagliatori gallici non possono che difendersi e, conseguentemente, sono costretti ad abbandonare il loro lavoro di disturbo.
È il momento per CASSIVELLAUNO per ordinare la carica generale di tutta la sua fanteria.
Raggiungere il capo gallico non è impresa facile. Nonostante sia in ogni momento al centro della battaglia, si preoccupa costantemente della propria incolumità. Sa in quale misura è venerato dai suoi; una sua dipartita avrebbe esiti disastrosi sul morale della truppa. Inoltre ha da tempo compreso le intenzioni di MARCELLO.
MARCELLO vede e riflette sulle difficoltà insite nel raggiungere CASSIVELLAUNO. Gli uomini impiegati stanno subendo forti perdite e nessun risultato. La fanteria romana ha retto, grazie alla solidità della sua preparazione, l’urto della carica nemica ma la sua resistenza, visto il numero e la ferocia dei galli, sarà prevedibilmente di breve durata. Per avere una chanse di vittoria deve a tutti i costi uccidere il condottiero barbaro. Vede in SESTO LACONE la sua ultima risorsa.
Ormai terminato il suo ruolo come comandante del contingente di disturbo, può avvicinarsi velocemente e agilmente alle spalle di CASSIVELLAUNO senza che questo se ne accorga. L’azione è ad alto rischio, al limite del sacrificio! Solo ad un uomo come SESTO, dalle virtù romane eccezionali, può essere chiesto questo! L’ordine è impartito.
Occupato da MARCELLO e dalla confusione della battaglia, il capo gallico, fortunatamente, non si accorge di SESTO. Quest’ultimo, dopo essersi avvicinato il più possibile, attende l’occasione favorevole per entrare in contatto con la guardia personale di CASSIVELLAUNO.
Il leader barbaro, impressionato dalla tenacia dei guerrieri romani, deve dare fondo a tutte le sue risorse militari; non può permettersi di tenere inutilizzato nessuno. Ordina una seconda carica generale in modo da ribadire lo scontro totale e, allo stesso tempo, sorreggere il morale degli uomini attualmente in combattimento.
È il momento buono per SESTO! Non esistendo più retrovie, le spalle dei galli, e anche quelle del loro comandante, non sono più protette.
SESTO esce allo scoperto e punta direttamente su CASSIVELLAUNO.
Fino all’ultimo secondo il capo gallico non si accorge di nulla.
L’impatto è devastante. Almeno un quinto della guardia di CASSIVELLAUNO perisce travolta della carica.
Il comandante barbaro non si fa prendere dal panico – che tempra! L’odio nei suoi confronti è misto ad una profonda ammirazione. Rivolge la sua guardia verso quella di SESTO LACONE e si appresta a difendersi; pur diminuita può, comunque, ancora contare su un numero superiore di nobili cavalieri rispetto a quelli di SESTO.
Contemporaneamente, – o infausto giorno! – la resistenza dei soldati romani è spezzata.
Come MARCELLO aveva previsto, gli Hastati non potevano prevalere in uno scontro frontale. L’astuzia del loro comandante ha vanificato l’ottima strategia del Generale romano. Inoltre, la morte di CASSIVELLAUNO non è ancora arrivata e il tempo necessario per altre strategie non può più fare affidamento sulle energie dei soldati romani.
I primi manipoli ad andare in rotta sono quelli che da più tempo sono impegnati nei combattimenti. Queste defezioni peggiorano di molto il morale e la fiducia dei romani.
Inutili sono gli incitamenti e le esortazioni di MARCELLO.
Il ripiegamento generale è inevitabile.
Sfiancati e presi dal panico, i romani sono facile preda dei galli e le vite di questi valorosi figli di ROMA sono falcidiate in gran numero.
Persa ormai la battaglia, MARCELLO LECA non si arrende! Vuole comunque terminare il suo obbiettivo: l’uccisione di CASSIVELLAUNO DI CARCASO!
MARCELLO vede che anche SESTO sta per soccombere. Ordina ai pochi che gli sono rimasti di puntare verso il capo gallico.
La maggior parte dell’armata gallica è impegnata ad inseguire i nostri in rotta, quindi, il bersaglio è relativamente facile da raggiungere.
Prima MARCELLO e un reparto di Equites notevolmente ridotto, poi due manipoli di Velites raggiungono la guardia di CASSIVELLAUNO. Lo scontro è feroce. Il capo gallico chiama a raccolta i suoi schermagliatori, più veloci nel muoversi. A costo di venire egli stesso colpito, gli ordina il lancio dei giavellotti sulla mischia.
Proprio uno di questi proiettili colpisce SESTO, che prima di cadere a terra, vibra il suo ultimo colpo mortale ad un cavaliere nemico.
I cavalieri di CASSIVELLAUNO stanno rapidamente soccombendo. Ma il condottiero barbaro si tiene al centro della sua guardia; confida in alcuni suoi warband che si stanno velocemente avvicinando.
MARCELLO deve tentare il tutto per tutto. Si rivolge con la sua guardia e quella residua di SESTO verso gli schermagliatori gallici, in modo da interrompere il lancio dei loro giavellotti. I pochi Equites rimasti, con la speranza di poter contare su una loro tenuta, restano a tenere impegnati la guardia di CASSIVELLAUNO. Ai due manipoli di Velites gli viene ordinato di scagliare i loro pila verso la guardia gallica anche al costo di coinvolgere i cavalieri romani.
La mossa è vincente! Un nugolo di proiettili investe la guardia del capo gallico. Molti dei suoi cavalieri sono colpiti e lo stesso CASSIVELLAUNO viene trafitto in più parti. Quello che rimane della sua guardia fugge in preda al panico. Gli schermagliatori gallici sono messi in fuga.
Prima che il grosso dell’armata nemica si riavvicini, MARCELLO impiega le sue ultime risorse di uomini per colpire gli sparuti reparti di galli che stavano accorrendo in aiuto del loro capo. Dopodichè, prima che la situazione diventi troppo pericolosa, suona la ritirata generale di ciò che rimane della legione.
Una sconfitta netta ha subito ROMA! Più della metà delle legione di MARCELLO LECA è stata annientata. Per di più, un bravo generale romano ha perso la sua vita per poter portare a termine l’ordine che aveva ricevuto – sarà eretta in suo onore una statua in marmo bianco presso il foro Flavio in Arretium. Unica consolazione, la morte di un capo-guerriero temibile, la cui eco avrà, certamente, conseguenze nefaste presso quei barbari popoli!
»
Ad occidente la legione di COSSO URSO è attaccata da due armate galliche. Il numero più che doppio dei galli rispetto agli uomini della sua legione, sebbene rinforzata da altri tre manipoli di Principes, lo costringe al ripiegamento. La meta è il ponte sul Padus per conquistare una posizione favorevole cui attenderli. Durante il tragitto, le sue avanguardie avvistano un’altra armata gallica composta per lo più da mercenari. La guida un’altra leggenda vivente presso quel popolo: BRIGOMAGLO DI SABIS, familiare del clan dominante, le cui virtù di comando equivalgono ad un nostro generale a sette stelle.
A COSSO, anima focosa, già umiliato nel non aver potuto affrontare il nemico per palese inferiorità militare, gli si presenta una occasione di riscatto. Affrontare un condottiero barbaro di altissima levatura. A costo di una reprimenda del nostro Duce, osa e si prepara all’attacco in territorio veneto.
BATTAGLIA VENETA
«2.952 romani dovranno fronteggiare 1.953 galli.
La consapevolezza di avere una superiorità di 1.000 uomini non deve far commettere l’errore di sottovalutare in alcun modo lo scontro. Di fronte, COSSO URSO, valente generale ad una stella, avrà un condottiero di estrema capacità ed esperienza e solo questo elemento potrebbe colmare il deficit numerico che hanno i galli nei confronti dei romani.
Il Generale romano fa schierare i suoi 13 manipoli di Principes in unica linea. Ai vertici, 2 manipoli di Triarii da una parte e 2 di Triarii dall’altra.
I 2 reparti di equites, in seconda linea, uno dietro l’ultimo manipolo di Triarii di sinistra, l’altro dietro quello di destra.
COSSO si pone alle spalle del manipolo centrale di Triarii.
I galli, nelle cui fila sono presenti ben 4 reparti di cavalleria leggera mercenaria, si dispongono, come da loro consuetudine, su tre linee compatte con il capo gallico dietro a tutti.
Il lungo fronte romano, composto da ben 17 manipoli, è pensato per impressionare il nemico. E tale è l’effetto, tanto da dare l’impressione di una lunga corda pronta a prendere alla gola chiunque avesse l’ardire di avvicinarsi troppo al suo centro. Ed è proprio nel mantenere il centro al nemico che l’addestramento e la disciplina dei legionari saranno messi a dura prova.
Le condizioni atmosferiche non ci aiutano: il terreno è coperto dalla neve, nevica e fa molto freddo. Tutto questo avvantaggia il nemico abituato a combattere su questo tipo di terreno e in questo clima.
BRIGOMAGLO adotta una tattica d’attesa e, aiutati dal tempo, fa nascondere i suoi nella boscaglia, dov’è schierata la sua armata.
COSSO è impreparato a questo. Tranne che per la guardia del capo, non scorge nessun altro guerriero barbaro. I galli potrebbero essere ovunque all’interno della macchia.
Fortunatamente la sua abilità strategica e la sua lunga preparazione nelle arti militari lo sorreggono. Il Generale romano fa muovere tutto lo schieramento avendo come riferimento, per il centro, BRIGOMAGLO. Si sposterà di piccoli tratti in piccoli tratti. Spera così di svelare i nascondigli dei nemici. Conta su un elemento fondamentale: il fronte è talmente ampio da raggiungere i confini del bosco. Nessun manipolo romano potrà essere colto di sorpresa alle spalle.
La valitudo militaris viene confermato dai fatti: uno dopo l’altro i vari contingenti nemici sono costretti a svelarsi per non essere, singolarmente, costretti ad ingaggiare un combattimento. Il resto non ancora scoperto esce dai nascondigli per rientrare in formazione ed affrontare unito il nemico romano.
Questo è il momento determinante per la vittoria. Neanche la grande abilità del capo gallico può nulla contro una compiuta manovra di accerchiamento.
Tenta un’ultima risorsa: sfondare il centro romano concentrando in quel punto tutta la sua armata. Ma il cappio romano è velocissimo. In pochissimi minuti la lunga linea romana si ripiega accerchiando completamente i galli.
Anche BRIGOMAGLO è all’interno, costretto a vedersela con tre manipoli di Triarii, muniti di lance micidiali per i poveri cavalieri.
Prima fiaccati da nugoli di pila, poi “lavorati” da migliaia di gladii e centinaia di lance, i galli vengono letteralmente macellati come tonni in una mattanza da tonnara.
Solo qualche fortunato riesce a sfuggire – per lo più cavalieri mercenari – in parte finiti dalla nostra cavalleria.
Anche BRIGOMAGLO soccombe attaccato da più parti senza che abbia potuto, se non in fase di schieramento, dimostrare e mettere in pratica le sue leggendarie arti militari.
1.727 galli sono rimasti sul terreno contro 585 romani. 221 sono i barbari che sono riusciti a sopravvivere.
Una vittoria netta che riscatta pienamente la disfatta di MARCELLO.
»
Gli eventi della magnifica battaglia veneta raggiungono FLAVIO GIULIO. Per le capacità dimostrate viene attribuito a COSSO URSO una nuova stella di comando ma verrà tenuto conto, in futuro, della sua avventatezza nell’impiegare la sua legione in una battaglia non essenzialmente necessaria, che ha privato di risorse umane, seppur in maniera molto limitata, l’esercito romano in un periodo dove anche l’ultimo dei legionari è vitale per i destini di conquista dei territori oltre Padus.
COSSO URSO raggiunge il Padus e presidia il ponte in territorio umbro.
[Modificato da 753 aC 10/10/2006 12.51]
[Modificato da 753 aC 10/10/2006 12.52]