Cronache dell’Ordine Teutonico - di Wilhelm Schreiber

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Sirius 21
00venerdì 25 aprile 2008 00:37
Fan-fiction di una campagna teutonica

Prologo

Mi chiamo Wilhelm Schreiber, medico, filosofo, ingegnere, scrivano del Gran maestro dell'Ordine Teutonico. Sono nato a Königsberg nell'anno del Signore 1225 da una famiglia borghese. Mio padre era un mercante molto noto in tutta la Prussia per le sue importazioni di ambra, manufatti e pellicce dai ricchi centri commerciali scandinavi. Nel 1244, a causa della guerra in corso contro il Ducato di Lituania, mio padre fu chiamato a combattere con le truppe reclutate nella nostra città. Non dimenticherò mai il giorno che lo vidi partire insieme alla compagnia di cavalieri offerta dalla Gilda dei mercanti. Avevo 19 anni. Fu l'ultima volta che lo vidi, morì in un'imboscata dei pagani in terra lituana. Io e mio fratello, più grande di me di un anno, eravamo rimasti a Königsberg per continuare gli affari di nostro padre. Per anni desiderai nient’altro che essere stato al fianco del mio amato genitore. Ma il tempo placò la rabbia giovanile e, mentre mio fratello si faceva strada nella Gilda di cui mio padre era stato un onorato membro, io terminai gli studi in medicina cominciando a esercitare la professione.
Il mio cuore non poteva però dimenticare che mio padre aveva dato la sua vita nella lotta contro i feroci e barbari pagani che minacciavano le cristiane terre di Prussia. Ogni volta che mi recavo in chiesa e ascoltavo i sermoni degli onorati servi di Dio, il mio animo si infiammava, così come quelli di tanti cittadini desiderosi come me di vedere abbattuti i nemici di Cristo che stavano alle nostre porte. Nell’anno del Signore 1247, conobbi un professore che insegnava l’arte delle costruzioni all’università. Era una mente geniale che in gioventù aveva messo la sua capacità di costruire ponti, strumenti e macchinari a servizio dei signori polacchi nelle loro guerre contro i pagani. Divenni presto un suo caro amico e discepolo. Da lui, che mi prese come suo assistente all’università, appresi tutto ciò che so sull’ingegneria.
Quando il duca polacco Konrad I Mazowiecki chiese l’aiuto dell’Ordine teutonico dopo alcuni falliti tentativi di conquista dei territori dei Pruzzi, tutti coloro che come me cercavano un punto di riferimento per la lotta ai barbari senza Dio esultarono di speranza. Le gesta dei nobili cavalieri dalla croce nera si cantavano in ogni dove. Valorosi e tremendi in battaglia, erano il pugno di ferro mandato da Cristo contro gli adoratori degli idoli pagani. Già nel 1230, il duca Mazowiecki aveva concesso all’Ordine il territorio di Kulm come premio per i servigi prestati in guerra, mentre l’imperatore Federico II del Sacro Romano Impero e il Papa Gregorio IX avevano sancito con due bolle il diritto dei cavalieri teutonici di reclamare come propri i territori strappati ai nemici di Dio. L’Ordine aveva messo saldamente radici nella nostra terra. Gli animi dei cristiani si infiammarono e di anno in anno sorsero in ogni dove nuove commende dell’Ordine.
Ora tutti gli uomini di animo nobile e saldo, desiderosi di offrire la propria vita a Cristo, si recavano nelle città governate dall’ordine. Alcuni prendevano i voti, molti sceglievano la via del servizio arruolandosi. I tempi stavano cambiando, finalmente avevamo qualcuno capace di guidarci al riscatto. Era il 1253 quando mi recai a Marienburg per offrire i miei servigi di medico e geniere al Gran maestro.
Prince93
00lunedì 28 aprile 2008 16:39
Bella vai avanti Sirius
Sirius 21
00martedì 29 aprile 2008 16:24
Capitolo I


Paragrafo I


Ero stato a Marienburg una sola volta nella mia vita. Ero un bambino e mio padre mi aveva portato con sé in uno dei suoi viaggi di affari. La ricordavo come una cittadina abbastanza grande e con tanti edifici e case in pietra, segno che era sede di una facoltosa classe di mercanti, costruttori, funzionari ed ecclesiastici. In vent’anni la città aveva cambiato completamente volto. La prima cosa che saltava all’occhio già da alcuni chilometri di distanza era l’imponente castello che era stato edificato dall’Ordine Teutonico. Faceva la guardia all’ingresso nord di Marienburg, sulla sponda destra del fiume Nogat, come un gigante sdraiato in attesa. Da lontano si notava subito il colore rosso dei mattoni con cui era stato costruito. Attraversando il ponte sul fiume e passando fra i due grandi torrioni dalle cime coniche in mezzo ai quali si trovava il cancello, fui pervaso da una sensazione di rispetto e ammirazione. All’interno di quelle rosse mura, brulicanti di una frenetica attività, stava nascendo un nuovo mondo.
Passai lungo il lato sud del castello e mi diressi in città. Dovunque si notavano nuove costruzioni che si alternavano agli edifici che ricordavo. La maggior parte delle nuove abitazioni si trovava nel quartiere nord, fra la città vecchia e il castello, dove ricordavo solo la presenza di poche umili case e botteghe. Adesso c’era una grande piazza in cui sorgevano un nuovo palazzo del Consiglio cittadino, alcune ricche abitazioni e la grande chiesa Sancta Maria Teutonicorum, anch’essa costruita dall’Ordine.
Mi avviai verso la città vecchia in direzione del quartiere dei mercanti. I miei ricordi di bambino mi guidavano finalmente lungo alcune strade note. Nella mia prima visita a Marienburg, fui presentato da mio padre a un fratello della locale Gilda dei mercanti, Georg Baumann, un vecchio amico di mio padre che mi prese subito in amicizia nei giorni che trascorsi nella sua casa. Negli anni seguenti lo rividi solo una volta in occasione di una sua visita a Königsberg, quando frequentavo già l’università. Non sapevo se mi avrebbe riconosciuto dopo qualche anno, ma di sicuro non poteva aver dimenticato il nome della mia famiglia e comunque era l’unica persona che potevo dire di conoscere a Marienburg. Chiesi della sua dimora e scoprii con piacere che abitava ancora nella stessa casa.
Venti anni prima, Baumann era uno dei pochi a possedere una casa a due piani in città, ma ormai la ricchezza si era diffusa e la sua non era più una delle dimore di maggior riguardo. Quando bussai alla sua porta, una domestica mi accolse e mi fece accomodare nella sala da pranzo al piano terreno. Il vecchio amico di mio padre scese poco dopo e mi accolse calorosamente. Per mia fortuna non ebbe alcuna difficoltà a riconoscermi. Era un po’ invecchiato rispetto all’ultima volta in cui lo avevo visto ma conservava ancora tutto il suo spirito. Gli parlai delle vicissitudini della mia famiglia a Königsberg, di come avevo terminato i miei studi in medicina, della mia frequentazione con il professore di ingegneria e di come avessi imparato da lui nel suo laboratorio, avendo intrapreso poi il mio lavoro di assistente all’università nell’insegnamento della costruzione di macchinari.
Gli spiegai i motivi del mio viaggio e gli chiesi se sapesse indirizzarmi a qualcuno al castello perché avevo sentito dire che l’Ordine era sempre in cerca di braccia e menti da reclutare fra le sue fila. Fortunatamente, Baumann aveva delle buone conoscenze, da stimato membro della Gilda dei mercanti qual’era, e mi promise di accompagnarmi da un suo amico dell’Ordine che lavorava alle dirette dipendenze del Landmeister, una delle figure più importanti dell’Ordine che gestiva l’organizzazione militare e le operazioni di reclutamento nella regione. Quella notte non dovetti nemmeno cercare un alloggio perché Baumann mi dimostrò ancora una volta la sua amicizia ospitandomi in casa sua.
Sirius 21
00mercoledì 30 aprile 2008 21:57
Paragrafo II

L’indomani, fratello Baumann mi condusse al castello per presentarmi al suo amico dell’Ordine. Per tutta l’estate in ogni città e villaggio della Prussia si era sparsa la voce degli arruolamenti straordinari che avvenivano a Marienburg e nelle altre fortezze dell’Ordine. Io stesso avevo notato, il giorno prima, che in città c’era una frenetica attività. Nei campi a est, sulla riva sinistra del Nogat, avevo visto in lontananza numerosi cavalieri che si muovevano al galoppo in gruppi compatti. Non avevo potuto distinguere bene il loro aspetto, ma mi era sembrato che fossero soldati a cavallo e che svolgessero delle esercitazioni. In città, il clangore proveniente dalle botteghe dei mastri armaioli si sentiva anche a una certa distanza dal quartiere dei fabbri e dei falegnami. Per le strade si incontravano spesso soldati e nelle locande c’era un gran via vai di uomini armati. La mia speranza era che ci fosse la possibilità di rendersi utile anche per un uomo come me. Sapevo andare a cavallo e usare una spada grazie agli insegnamenti di mio padre, ma non ero mai stato un soldato. Ero solo un medico che aveva dedicato parte della sua attività universitaria allo studio delle tecniche di ingegneria.
Entrammo al castello dalla porta nordorientale, che era l’ingresso principale. Subito mi accorsi che ciò che avevo osservato il giorno prima era esatto. La fortezza ferveva di preparativi e attività. Nel grande cortile rettangolare in cui si entrava dopo avere varcato il cancello, c’erano almeno un centinaio di soldati che marciavano lungo il perimetro con le lance, i lunghi scudi dalla croce nera e armature leggere. Allo schioccare degli ordini dei loro ufficiali, eseguivano rapidamente manovre complesse e assumevano varie formazioni. Dovunque c’erano inservienti che correvano da una parte all’altra e spostavano materiali e grandi casse. Spesso vedevo arrivare messaggeri a cavallo che lasciavano le loro cavalcature ai ragazzi di fatica e si recavano velocemente dal maestro di quartiere con le loro missive. Anche noi ci recammo dal maestro di quartiere, Baumann gli spiegò quali fossero i nostri affari e l’ufficiale chiamò un inserviente ordinandogli di condurci agli uffici del Landmeister.
Il ragazzo ci guidò verso il lato nord del cortile, dove si ergeva un’alta costruzione divisa in tre sezioni. La parte più vicina a noi era la più bassa, mentre la più alta e imponente si poggiava alle mura esterne del castello con le sue merlature rosse. Mentre mi dirigevo lì, guardavo con stupore alla mia sinistra il corpo centrale della fortezza. Era un grande mastio a base quadrata, ornato di numerose finestre strette e altissime, con un tetto estremamente spiovente poggiato sopra una corona di feritoie che girava tutto intorno alla struttura. Da ogni angolo del mastio si alzavano sottili torri appuntite.
Entrammo nell’edificio che ospitava gli uffici di reclutamento, percorremmo un largo corridoio e salimmo al piano superiore, dove si apriva un ampio salone illuminato dalle strette finestre. C’erano molti uomini disposti in file ordinate davanti a dei tavoli dove alcuni scrivani annotavano su lunghi fogli i loro nomi, le loro città di provenienza, le loro qualifiche e altre informazioni. Da un tavolo all’altro si muovevano alcuni uomini che erano evidentemente di un grado superiore e controllavano le operazioni. L’inserviente che ci guidava parlò a un soldato che stava all’ingresso e questi ci condusse dall’amico di Baumann. Era un ufficiale dell’Ordine, un uomo sulla trentina. Mi chiese chi fossi e quali fossero le mie esperienze. Quando nominai il professore di ingegneria di Königsberg, un uomo che passava alle sue spalle si voltò incuriosito e si avvicinò. Indossava un gambesone di lana decorato con i colori dell’Ordine, il caratteristico mantello bianco con la croce nera e portava la spada alla cintura. Si presentò come Friedrich Wiesel, comandante del corpo dei genieri e mi spiegò di aver conosciuto il mio professore quando, da giovane, aveva frequentato l’università di Königsberg. Fu lui stesso a ordinare all’altro ufficiale di sbrigare le formalità per il mio arruolamento. Ero a Marienburg da meno di ventiquattro ore e già mi trovavo ad essere ingaggiato dall’Ordine nel corpo dei genieri. Non avrei potuto desiderare fortuna migliore.
Trascorsi a Marienburg tutto il periodo invernale. Per sette mesi la mia casa fu la rossa fortezza dell’Ordine. Le nostre attività erano di esercizio militare, studio e carità. Costruivamo catapulte e altri macchinari e ne provavamo l’efficienza al campo di tiro. Ebbi modo di approfondire tutti gli aspetti militari dell’ingegneria e imparai molto da Wiesel e dagli altri confratelli. Come tutti, trascorrevo molte ore nell’esercizio della spada perché l’addestramento basilare era obbligatorio per tutti gli uomini arruolati. Ma mi dedicavo anche all’opera di medico presso l’ospedale di Sancta Maria Teutonicorum. L’Ordine non aveva mai dimenticato la sua vocazione ospitaliera.
Per tutto l’inverno continuarono a giungere nuove reclute da molte città della Prussia e compagnie di soldati addestrati in altre fortezze. Nessuno di noi conosceva i dettagli ma non era difficile intuire che nei piani dell’Hochmeister c’era una nuova campagna contro i pagani e la guerra era l’argomento di discussione più frequente fra gli uomini di Marienburg. Nella primavera dell’anno del Signore 1254, i preparativi erano al culmine e il castello già faticava ad ospitare tutti i soldati radunati.
Gabry il Grande
00venerdì 2 maggio 2008 12:39
Bella Sirius21. Con questa fantasia puoi scrivere un libro..
Sirius 21
00martedì 6 maggio 2008 16:32
Paragrafo III

Il 4 di aprile dell’anno del Signore 1254, i generali e gli ufficiali dell’Ordine presenti al castello di Marienburg ricevettero gli ordini per la campagna militare contro il Ducato di Lituania. Wiesel convocò il corpo dei genieri per spiegare le linee principali del piano militare per la primavera. L’Hochmeister Gunther, detto il Campione, aveva deciso di dividere in due armate l’esercito radunato al castello. La prima, da lui stesso comandata, doveva dirigersi a est puntando sulla città lituana di Hrodna. La seconda, al comando dello stesso Landmeister di Marienburg, Dietrich von Schwarzenburg, aveva il compito di puntare a nordest in direzione della Samogizia. L’Hochmeister intendeva attaccare i lituani su due fronti per impedire la formazione di una corposa resistenza. La seconda mattina dopo la riunione con il mio comandante, partimmo alla conquista delle terre pagane. La guerra era finalmente ripresa.
I genieri furono suddivisi in due unità, una per ciascuna armata. Io fui inserito nella compagnia al seguito dell’armata di von Schwarzenburg. Ci comandava lo stesso Wiesel. Il nostro contingente si diresse subito a Königsberg per raccogliere altre truppe di stanza nella città. Arrivammo lì il sesto giorno dopo la partenza da Marienburg e ci fermammo per due giorni per raccogliere vettovagliamenti e terminare i preparativi. Da Königsberg ripartimmo direttamente alla volta della Samogizia. L’armata era composta di cavalleria pesante e leggera, di fanteria, di arcieri e degli uomini e delle attrezzature del genio. Il Landmeister von Schwarzenburg era accompagnato da trenta cavalieri di alto rango nobiliare che formavano il suo seguito personale. C’erano poi quarantacinque halbbrüder a cavallo con armamento pesante provenienti dalla regione di Marienburg e altrettanti cavalleggeri. Le forze di fanteria erano composte da una compagnia di nobili ritterbrüder, una di lancieri pesanti e le tre compagnie di picchieri di Königsberg, contando così più di cinquecentotrenta uomini. Gli arcieri contavano centottanta uomini provenienti dalle campagne della Prussia. Genieri, carpentieri, falegnami, fabbri, sacerdoti e altro personale al seguito si attestavano su poco più di cento unità. Portavamo con noi due catapulte e due mangani.
Il 24 di aprile, i soldati dalla croce nera mettevano piede nelle terre del Ducato di Lituania procedendo verso nord lungo la stretta striscia di terra che separa la baia del Nemunas dal mare. Il primo obiettivo scelto dal Landmeister fu il castello di Palanga. Von Schwarzenburg voleva assicurarsi subito una posizione di controllo sulla regione per stabilirvi una base operativa per tutto il periodo estivo e per non lasciarsi alle spalle sacche di resistenza lungo la costa. Messaggeri erano stati inviati via terra e via mare al castello di Windau affinché fossero inviate altre truppe di rinforzo da nord per prendere così Palanga in una morsa da due fronti. I nostri informatori avevano segnalato la presenza di due armate nemiche provenienti l’una dalla regione di Siauliai e l’altra dalla città di Kaunus. Quest’ultima era comandata dal Principe Voisvilkas in persona. Con il mare a ovest, le forze acquartierate a Palanga a nord e le due armate lituane a est, von Schwarzenburg non volle impegnare subito una battaglia campale e proseguimmo a marce forzate verso l’insediamento nemico per conquistare una posizione difendibile.
Arrivammo in vista di Palanga la sera del 28 aprile e ci accampammo nella pianura sul lato sud del castello. In realtà quello di Palanga era poco più di un mastio protetto da una robusta palizzata di legno e il Landmeister decise per un rapido attacco l’indomani. Trascorremmo tutta la notte a preparare le lunghe scale per l’assedio, mentre i carpentieri assemblarono sotto la mia guida un ariete con i materiali già predisposti che avevamo portato con noi da Marienburg. Alle prime luci dell’alba, arrivò notizia che un piccolo contingente di rinforzo lituano stava arrivando al castello da nordest, con fanti e arcieri. Le nostre truppe da Windau non si erano ancora unite a noi ma erano a poche ore di viaggio, provenienti da est. Per evitare che le truppe a difesa del castello diventassero più numerose coi rinforzi, von Schwarzenburg lanciò un attacco immediato. L’artiglieria fu posizionata sul fianco sinistro e per alcune ore martellò incessantemente la palizzata sul lato sudovest del castello, fino a creare due varchi per la fanteria. Contemporaneamente, l’ariete fu portato contro la porta sul lato sudest con il supporto degli arcieri che effettuarono un tiro di copertura contro i difensori sugli spalti.
Era quasi mezzogiorno quando giunse un messaggero che annunciava l’arrivo dei nostri rinforzi, una compagnia di cavalleggeri, una di lancieri e novanta arcieri. Ma le truppe di supporto lituane erano arrivate prima e una schiera di arcieri nemici si posizionò davanti la palizzata sul lato est per accogliere i nostri fratelli. Von Schwarzenburg decise quindi di spostare tutta la cavalleria sul nostro fianco destro e ordinò l’attacco alla fortezza con la fanteria. Quando gli arcieri lituani cominciarono a bersagliare da terra e dagli spalti i nostri rinforzi in arrivo, il Landmeister fece suonare la carica e lui stesso guidò la cavalleria pesante. Lo scontro fu cruento. I nostri nobili ebbero facile gioco contro gli arcieri, caricandoli ripetutamente, ma dalla porta est uscirono un centinaio di arcieri cumani a cavallo che iniziarono a bersagliare i cavalieri. Solo con una carica delle due compagnie di cavalleggeri, la nostra e quella proveniente da Windau, fu possibile finalmente ingaggiare i cumani in uno scontro ravvicinato. Poco dopo, i cavalleggeri nemici furono in rotta e cercarono di riparare all’interno del castello. Ma von Schwarzenburg aveva fatto segnalare ai lancieri di rinforzo di aggirare la mischia fra cavalleggeri e di puntare verso la porta proprio per impedire ai nemici di rientrare al sicuro. La mossa del nostro comandante fu doppiamente vincente perché, assalendo i fuggitivi, i lancieri riuscirono a penetrare oltre la palizzata e conquistarono il cancello. In poco tempo, sul lato est del castello risuonavano i corni lituani che segnalavano la ritirata verso il mastio.
Intanto sul lato sud i picchieri di Königsberg erano penetrati nei varchi creati dall’artiglieria e avevano ingaggiato duri scontri contro i fanti lituani, mentre una brigata di cavalieri tartari aveva tentato una sortita dal cancello sud, distrutto con l’ariete. I tartari misero in rotta i nostri arcieri, ma i lancieri li caricarono e li impegnarono in un duro scontro sotto le mura, respingendoli e riuscendo a entrare dalla porta. I nostri avanzavano su tutti i fronti tranne che nei varchi a sudovest, dove i picchieri trovarono parecchie difficoltà contro i lituani e i samogiti. Questi ultimi erano armati di pesanti asce e di barbara ferocia e riuscivano a penetrare il muro di picche facendo strage dei nostri. Quando queste notizie furono portate a von Schwarzenburg, questi ordinò che i ritterbrüder attaccassero a supporto dei picchieri ed entrò con la cavalleria pesante dalla porta conquistata sul lato est. Il violento attacco dei nobili dagli scudi della croce nera gettò scompiglio fra le fila lituane, che cominciarono a perdere terreno. Quando la cavalleria si riversò dentro il castello, contadini e arcieri abbandonarono il combattimento e cercarono la fuga precipitosamente. I nobili massacrarono i barbari pagani e quei pochi che riuscirono a fuggire all’esterno furono sterminati dai cavalleggeri. Solo i samogiti combatterono senza cedere terreno fino all’ultimo uomo. Nel primo pomeriggio, la battaglia era finita e il mastio era conquistato.
Ci acquartierammo a Palanga e tre giorni dopo la nostra vittoria benedetta da Cristo giunse notizia che le due armate lituane erano a meno di una settimana di marcia dal castello. Con grande sorpresa di molti ufficiali, von Schwarzenburg decise di non difendere la posizione e di affrontare il nemico in campo aperto. Il Landmeister, vista la facilità con cui era stato preso il castello, riteneva che le difese non fossero adeguate e partì con l’armata completa dei rinforzi di Windau, lasciando indietro solo un piccolo contingente di truppe leggere e l’artiglieria. Cinque giorni dopo la partenza dei nostri confratelli, ci giunse notizia che le armi dell’Ordine avevano impegnato con successo una battaglia campale nei pressi della foresta di Kretinga. Le due armate nemiche erano state sbaragliate, lo stesso Principe Vaisvilkas era perito in combattimento insieme a molti nobili lituani, le perdite fra i nostri ranghi erano state esigue. Al castello di Palanga si brindò e si inneggiò al nome del valoroso Landmeister di Marienburg per due giorni interi.
Sirius 21
00giovedì 8 maggio 2008 01:23
Paragrafo IV

La conquista di Palanga era stata estremamente rapida. Di certo avevamo colto di sorpresa i barbari e l’astuzia del nostro comandante aveva consentito all’armata di Cristo di cogliere un successo importante. La via di comunicazione fra i territori dell’Ordine a nord della Samogizia e le città della Prussia era finalmente assicurata. Tutta la costa era ormai sotto la legge dell’Ordine e i principali centri di controllo non erano più divisi da una striscia di terra abitata da orde di pagani.
Von Schwarzenburg non volle forzare la mano e decise di stabilire il centro delle operazioni al castello per consolidare il controllo dell’area. Messaggeri furono mandati in tutte le commende, da Windau a Königsberg, da Riga a Marienburg, ma soprattutto all’armata guidata dall’Hochmeister, per comunicare i successi conseguiti e stabilire le vie di comunicazione logistica e commerciale. Per tutto il periodo estivo i sacerdoti, gli ufficiali e gli emissari dell’Ordine percorsero in lungo e in largo la Samogizia. In tutta la regione costruimmo chiese, strade e ponti, disboscammo foreste per far spazio alle coltivazioni, edificammo ospedali e nuove commende. E alle genti che per secoli avevano vissuto senza Dio portammo per la prima volta la parola di Cristo diffondendo rapidamente il vangelo fra i pagani. Nel corso dei mesi, numerosi villaggi abbracciarono la vera fede e alcuni esponenti della piccola nobiltà locale giurarono fedeltà all’ordine.
Il feudo di Palanga fu completamente ristrutturato secondo l’efficiente organizzazione dell’Ordine. In ogni centro abitato venivano inviate piccole milizie per garantire la tutela dell’ordine. Dalla Prussia giunsero magistrati, mercanti e servi di Dio per portare la civiltà fra le genti che sotto il dominio lituano avevano vissuto nell’oscurità e nella barbarie. La difese del castello furono rinforzate per garantire una migliore protezione contro attacchi prolungati. Costruimmo delle nuove torrette di legno e pietra e scavammo un fossato tutto intorno alla palizzata, che fu irrobustita con la realizzazione di un terrapieno. Ad ogni ingresso ampliammo il posto di guardia realizzando una struttura difensiva coperta sopra le porte. Io stesso ne curai il progetto e la costruzione.
Era già autunno inoltrato quando giunsero notizie e disposizioni dall’Hochmeister. Von Schwarzenburg tenne una riunione con tutti gli ufficiali dell’armata e i responsabili dei vari settori organizzativi. Anche io fui convocato. Ci fu riferito che l’armata dell’Hochmeister era penetrata in territorio lituano secondo i piani e senza incontrare particolare resistenza. Gunther il Campione aveva così deciso di puntare sul villaggio fortificato di Bialystok, deviando leggermente a sud rispetto al cammino verso la città lituana di Hrodna. La tribù ribelle che controllava la zona aveva opposto resistenza organizzando alcune imboscate e preparandosi a difendere il villaggio. Per evitare di trovarsi una spina nel fianco e per prevenire eventuali simpatie dei ribelli nei confronti dei lituani, l’armata aveva dato l’assedio a Bialystok conquistandolo in due settimane. L’Hochmeister, essendo già inoltrata l’estate, aveva deciso di svernare nel territorio appena conquistato avviando la costruzione di un castello. Gli ordini per la nostra armata erano di mantenere il controllo della zona che avevamo strappato al nemico e di rimandare l’attacco alla regione di Siaulai alla primavera successiva. Allo stesso modo, Gunther avrebbe proseguito verso Hrodna solo dopo l’inverno. L’Hochmeister si premurava di raccomandare a tutti i membri dell’Ordine di diffondere la vera fede e di portare la civiltà fra i pagani senza indurre in razzie o stragi, per mantenere un legame di amicizia con le popolazioni locali.
Trascorremmo i mesi successivi rispettando fedelmente gli ordini che ci erano stati inviati dal nostro illustre capo. Per la prima volta, passai il Natale lontano dal mio paese, dedicandomi alle opere di carità e dando il mio contributo al progresso spirituale e civile delle genti che avevamo portato nel gregge di Cristo.
Sirius 21
00martedì 20 maggio 2008 16:28
Paragrafo V

Nell’estate dell’anno del Signore 1255 la campagna contro i pagani riprese con nuovo slancio e vigore. Nel corso della primavera erano giunte informazioni sui movimenti del nemico. I lituani avevano indetto una leva forzata straordinaria e avevano ricostituito le loro armate. I loro piani però rimanevano a noi oscuri perché nessun esercito si era mosso alla riconquista delle terre che avevamo strappato loro. Sapevamo però con certezza che a Siaulai e Hrodna, le due maggiori città lituane confinanti con le nuove provincie dell’Ordine, si stavano ammassando nuove truppe.
A Palanga non era stato trascurato alcun dettaglio e la nostra armata era stata rinfoltita con nuove truppe arrivate da Königsberg e dal castello di Windau. Partimmo alla volta delle terre pagane il 26 giugno. Von Schwarzenburg aveva inviato messaggeri a Riga per ordinare l’invio di un contingente di rinforzo, con cui ci saremmo congiunti in territorio nemico. Ci dirigemmo dunque a nordest per incontrare le truppe alleate. Il nostro viaggio non fu agevole sia per le condizioni climatiche che per la resistenza incontrata. Era un’estate in cui frequentemente il cielo rovesciava temporali improvvisi che a volte duravano anche per due o tre giorni, trasformando ampie zone delle pianure in fangose paludi. Vettovagliamenti, materiali e macchine d’assedio costringevano spesso l’armata a rallentare il passo. Proprio in alcune di queste occasioni, con gli uomini accampati provvisoriamente e senza strutture difensive, subimmo alcuni attacchi di bande di predoni lituani. Si muovevano in gruppi, spesso composti di un centinaio o poco più di uomini a cavallo, ci attaccavano da distanza con frecce incendiare per fare il maggior danno possibile senza dare battaglia e fuggivano nelle foreste non appena la nostra cavalleria pesante si mobilitava per inseguirli.
Quarantotto giorni dopo la nostra partenza da Palanga, arrivammo al villaggio di Menciai, a nord del lago Sablauskų, punto designato per l’incontro con i nostri rinforzi. L’armata di Riga, guidata dal nobile Hugo de Lannoy, giunse sedici giorni più tardi. Lungo il tragitto erano stati ingaggiati in una battaglia in campo aperto da un centinaio di cavalieri del barone di Jelgava. I lituani erano stati totalmente sconfitti, mentre gli uomini di de Lannoy avevano riportato poche perdite, quasi tutte fra la fanteria. Dopo un giorno di sosta, partimmo alla volta di Siaulai. La nostra armata poteva contare su un buon numero di cavalieri, con duecentoventi uomini fra i cavalieri pesanti dei seguiti di von Schwarzenburg e de Lannoy, gli halbbrüder e i cavalleggeri. La fanteria era composta prevalentemente di picchieri, a cui si aggiungevano i lancieri pesanti e i ritterbrüder partiti da Marienburg, per un totale di settecentoquaranta uomini. C’erano anche tre compagnie di arcieri e, come sempre, gli uomini del genio con le macchine d’assedio.
Sirius 21
00sabato 24 maggio 2008 15:35
Paragrafo VI

Il 9 settembre dell’anno del Signore 1255 la nostra armata era a metà strada fra Menciai e Siaulai. Costeggiando il fianco destro di una collina, ci affacciammo su una vallata delimitata da leggere alture. A est la valle terminava ai piedi di un bosco che si arrampicava sulle colline, a sud un’altura più ripida chiudeva la pianura. Il passaggio verso Siaulai, a sudest, era fra questi due rilievi, via d’uscita obbligata dalla valle. Proprio lì, una schiera di cavalieri lituani ordinati in formazione da battaglia ci attendeva sbarrandoci il passo. In breve tempo lungo la colonna in marcia fu tutto uno squillare di trombe e un urlare di ordini. Von Schwarzenburg fece distendere l’armata nella pianura disponendo tutta la fanteria sul fianco sinistro, quello che fronteggiava il bosco a est, e la schiera dei cavalieri sul fianco destro, per affrontare la cavalleria lituana. Gli arcieri furono ordinati in una lunga schiera alle spalle dei fanti e noi genieri posizionammo i pezzi d’artiglieria in ultima fila.
Alla schiera di fanti, arcieri e macchine, fu ordinato di marciare verso la collina boscosa. Von Schwarzenburg era certo che lì si nascondesse la fanteria nemica, pronta ad assalire il fianco e le spalle della nostra armata se ci fossimo diretti nel passaggio a sudest per forzare il blocco dei cavalieri nemici. Se ciò fosse successo, con la via di ritorno verso la pianura sbarrata dai fanti lituani, l’unica via di fuga sarebbe stata la ripida collina a sud e un’eventuale ritirata sarebbe stata una strage. Il nostro comandante aveva quindi deciso di dividere le forze appiedate da quelle a cavallo, per evitare che tutta la nostra armata finisse intrappolata in quello spazio angusto. Von Schwarzenburg si pose al comando della cavalleria, che si separò dal resto dell’armata e puntò con decisione per uno scontro diretto contro i cavalieri lituani che sbarravano il passo. In questo modo, se i fanti nemici fossero usciti dal bosco per intrappolare i nostri cavalieri nel passo, le nostre truppe appiedate si sarebbero lanciate su di loro spezzando la trappola.
Le previsioni del nostro generale si rivelarono corrette. Quando la nostra cavalleria fu a breve distanza dal nemico, Von Schwarzenburg fece suonare la carica. Quasi contemporaneamente, schiere di arcieri sbucarono dagli alberi e cominciarono a bersagliare la nostra linea di fanteria diretta contro di loro. I nostri arcieri iniziarono a rispondere al tiro nemico, mentre le macchine furono posizionate e cominciarono a scagliare sul nemico il loro fardello di pietra e barili esplosivi. I lituani avevano compreso che la loro trappola era stata sventata e fecero indietreggiare rapidamente la cavalleria pesante per portare fuori dalla valle la schiera di von Schwarzenburg, lontano dal resto delle truppe, mentre gli arcieri a cavallo bersagliavano i nostri per rallentarne la carica.
Lo scontro fra le cavallerie era diventato un inseguimento e i lituani, grazie alle veloci cavalcature, avevano il vantaggio di riuscire a mantenere la distanza con le nostre truppe. La cavalleria pesante dell’Ordine non riusciva a colmare lo spazio che la separava dal nemico, ma le pesanti armature proteggevano uomini e animali e pochi caddero in quella fase. Usciti dalla valle attraverso il passo che inizialmente era stato bloccato dai lituani, si sfociava in una seconda pianura molto ampia. Qui i nostri cavalleggeri poterono distendersi sulle ali e si lanciarono al galoppo a destra e a sinistra, avanzando più rapidi dei cavalieri pesanti e riuscendo a circondare i lituani. Questi, compresa l’impossibilità di sfuggire a lungo, decisero di ingaggiare battaglia. I lancieri tartari, che fra i nemici erano i cavalieri più pesantemente armati, voltarono il fronte e caricarono i nostri cavalleggeri. Nel violento scontro che ne seguì, i pagani fecero molte vittime perché i nostri non avevano corazze. Ma il saldo e nobile animo dei figli di Cristo non si piegò, i giovani cavalleggeri resistettero e non si diedero alla fuga, dando così il tempo ai nobili a cavallo di raggiungere il cuore dello scontro. Von Schwarzenburg e de Lannoy guidarono nella mischia i loro seguiti e gli halbbrüder. La maestria militare dei nostri cavalieri e il loro armamento superiore furono decisivi. Fu uno scontro sanguinoso, in cui la spada e la mazza furono più importanti della lancia. Molti finivano a terra e combattevano a piedi e i cavalleggeri si ingegnavano con ogni mezzo per disarcionare i nemici e annullare il vantaggio delle loro armi. I lituani gettarono nella mischia anche gli arcieri a cavallo cumani ma non riuscirono a risollevare le sorti della battaglia. Meno di un’ora dopo l’inizio dello scontro, i barbari erano in fuga.
Intanto nella valle il resto della nostra armata doveva ancora far sentire il suo urlo di battaglia. I fanti avanzavano decisi nonostante il tiro degli arcieri lituani, che però non poterono falciare a sufficienza la nostra schiera perché a loro volta erano sotto il tiro nei nostri arcieri e dell’artiglieria. Quando i nostri furono a breve distanza dal nemico, dal bosco si riversarono orde di barbari armati di asce e lance, che caricarono cercando di sfruttare lo slancio dato loro dal pendio della collina, sfavorevole ai nostri soldati. I pagani si schiantarono con ferocia sulla prima linea di picchieri, che però avevano avuto il tempo di posizionarsi in assetto difensivo offrendo al nemico uno sbarramento di punte acuminate. I lituani e i samogiti combattevano con violenza e riuscivano a volte a penetrare il muro di picche facendosi strada con le asce, ma, quando questo accadeva, dalle nostre retrovie comparivano i lancieri che con le loro armature pesanti e i lunghi scudi riuscivano a respingere la foga dei barbari.
Non potendo spezzare la nostra linea, i nemici si ritirarono nuovamente nella boscaglia. Lì i nostri arcieri e l’artiglieria non avevano efficacia perché gli alberi spezzavano il tiro. Credendo a una ritirata del nemico, la fanteria si lanciò all’inseguimento, ma le formazioni di picchieri non potevano mantenere il loro assetto nella fitta vegetazione e si scompaginarono. In quel momento i lituani caricarono nuovamente, sfruttando il disordine diffuso fra le nostre file per l’eccessivo impeto nell’inseguimento. L’andamento della battaglia sembrava capovolto e ora i pagani mietevano numerose vittime fra i nostri picchieri che faticavano a ricomporsi in buon ordine. Anche gli arcieri di entrambi gli schieramenti si gettarono nella mischia. Lo scontro sembrava volgere a nostro sfavore, dalla mia posizione presso l’artiglieria potevo vedere che i nostri soldati perdevano lentamente terreno. Cominciavamo a temere una disfatta quando udimmo i corni e le trombe della nostra cavalleria che, di ritorno dallo scontro con i cavalieri nemici, si lanciò alla carica nella boscaglia prendendo i nemici alle spalle. Schiacciati fra la nostra fanteria e i cavalieri, i barbari in poco tempo erano in rotta e quasi tutti furono sterminati.
La vittoria era schiacciante. Nella nostra armata si contavano perdite soprattutto fra i cavalleggeri, con una settantina di caduti, e fra i picchieri, che contavano un centinaio di morti, mentre fanti e cavalieri pesanti avevano subito pochissimi caduti. Paragonate alle perdite del nemico, le nostre erano irrisorie. Sul campo di battaglia i lituani avevano lasciato quasi settecento morti, circa quattro quinti delle forze schierate quel giorno. L’indomani ripartimmo verso Siaulai senza incontrare più alcuna resistenza lungo la strada. Il 20 settembre ponemmo la città sotto assedio. L’intera popolazione del borgo si mobilitò per la difesa e questa volta dovettero passare tre mesi prima di riuscire a prendere definitivamente il centro abitato. Con l’inverno alle porte, le scorte di cibo scarse e nessun aiuto dall’esterno, la città si arrese.
Ci organizzammo per trascorrere l’inverno a Siaulai. Anche in questo caso, ci adoperammo nel corso dei mesi per riorganizzare la regione, costruire nuove strutture civili e militari e portare ai pagani la parola di Cristo. A novembre, intanto, era giunta notizia che l’armata guidata dall’Hochmeister Gunther il Campione aveva conquistato anche la città di Hrodna. I piani per la campagna militare stabiliti a Marienburg un anno e mezzo prima erano stati portati a termine con successo.
Germanico82
00sabato 24 maggio 2008 17:04
ma è un libro?
Sirius 21
00domenica 25 maggio 2008 16:13
NO, è solo una Fan Fiction (o AAR, come dir si voglia). Un racconto ispirato a una mia partita a Kingdoms con l'ordine teutonico. Spero che gradiate.
Germanico82
00lunedì 26 maggio 2008 19:49
personalmente lo gradisco assai.Perchè non lo pubblichi?potrebbe venire fuori un bel libro. :)
Giuseppe Augusto
00domenica 1 giugno 2008 09:51
Bel racconto!
bavor
00sabato 7 giugno 2008 12:16
zizi, carino :D
Vestinus
00sabato 7 giugno 2008 23:26
Sirius si vede che ultimamente non hai molto da fare [SM=g8231] [SM=g8231]
Il Cavaliere Verde
00domenica 8 giugno 2008 08:47
Grande AAR!
Sirius 21
00mercoledì 11 giugno 2008 12:25
Re:
Vestinus, 07/06/2008 23.26:

Sirius si vede che ultimamente non hai molto da fare [SM=g8231] [SM=g8231]




Eeeeh, proprio perché ultimamente sono molto impegnato, non ho più trovato il tempo di continuare il racconto. Spero che le Cronache possano tornare presto. E grazie degli apprezzamenti!
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